Quattro riunioni dell’Eurogruppo in appena una settimana più due vertici dei leader, ma sul caso Grecia continua a regnare una notevole confusione. Ad ogni modo sembrerebbe ora profilarsi un percorso a tappe forzate per portare felicemente a conclusione la vicenda entro i termini previsti. L’ultima adunata dei ministri delle Finanze si è conclusa apparentemente con l’ennesimo nulla di fatto. Salvo l’impegno a ritrovarsi forse sabato per “fare il punto della situazione”. In realtà se non si raggiunge un accordo, e quindi non si sbloccano nuovo fondi a favore della Grecia, quest’ultima con ogni probabilità non avrà i soldi per rimborsare le rate che il Fondo monetario internazionale ha concesso di pagare entro il 30 giugno. Oltre 1,5 miliardi di euro il cui mancato pagamento segnerebbe il primo passo formale verso il baratro dell’insolvenza.
“Ci attendiamo di essere pagati”, hanno precisato dall’istituzione di Washington, aggiungendo che in caso contrario inizierebbe immediatamente l’iter di una procedura che, con un certo lasso di tempo, conduce alla messa in mora. Secondo quanto riferito da fonti di Bruxelles, nel corso del Consiglio europeo la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe avvertito che è necessario chiudere la questione entro domenica, onde evitare che lunedì i mercati e le banche greche riaprano con una prospettiva di scenario da default, che potrebbe far precipitare la situazione.
Per ragioni tecniche la Bce avrebbe poi sostenuto che il parlamento greco dovrebbe votare entro domenica stessa le eventuali misure concordate con Ue e Fmi. E questa necessità ha trovato conferme presso altre fonti diplomatiche, secondo cui l’Euro working group concluderà, stasera o domani, uno “staff agreement”, con un compromesso che includerà elementi dell’ultima proposta Varoufakis e del testo dell’ultima proposta delle “tre istituzioni”. Poi il Parlamento greco verrebbe convocato immediatamente per approvare questo pacchetto (senza scendere nei dettagli di ciascuna misura).
A quel punto si riconvocherebbe (sabato o domenica) l’Eurogruppo, eventualmente anche in teleconferenza, per approvare il testo di compromesso. Quindi, lunedì o martedì, si riunirebbero per approvarlo anche i parlamenti di Germania e Finlandia (devono votarlo anche il parlamento estone e quello olandese).
Da sottolineare che come parte del compromesso, l’Eurogruppo concederebbe un prolungamento di 3-5 mesi del programma di salvataggio della Grecia, e la Bce restituirebbe ad Atene gli interessi del debito greco da essa detenuta (Smp) che valgono 1,9 miliardi di euro, per permettere allaGrecia di effettuare il pagamento di 1,6 miliardi di euro che deve all’Fmi entro la fine del mese.
Ma l’intesa va ancora chiusa appunto. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha infatti riferito che permane “un ampio divario” tra i greci e i creditori internazionali. Da un lato la piattaforma di proposte di Ue e Fmi, dall’altra quelle dei greci. Atene resiste alle richieste di aumento dell’Iva sulla ristorazione e non vuole anticipare l’innalzamento dell’età pensionabile (a 67 da 62 anni) al 2022 invece del 2025. I creditori poi reclamano più tagli alla difesa e bocciano l’eccessivo ricorso ad aumenti delle tasse per risanare i conti, al posto di tagli alla spesa. Infine ma non ultimo c’è il tema dell’alleggerimento del debito.
Come se non bastasse, ci sono Paesi che avrebbero iniziato a manifestare insofferenze perfino per le concessioni avanzate da Ue e Fmi. Tra cui la stessa Germania con il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, che evidenzierebbe ancora una volta una divergenza di vedute con la cancelliera. E anche il Parlamento tedesco dovrà appunto ratificare un eventuale nuovo accordo. Negli ultimi giorni l’esito positivo di questo eventuale voto, pur restando lo scenario più probabile ha segnato qualche incrinatura.
Certo, la partita potrebbe chiudersi positivamente oggi stesso se alla fine i greci decidessero di accettare il pacchetto Ue-Fmi, come ha spiegato ancora Dijsselbloem. Ma anche questo scenario appare problematico. Perché a casa sua il premier Alexis Tsipras potrebbe a sua volta incontrare difficoltà a fare ratificare un accordo. Ad esempio la destra nazionalista che partecipa alla sua coalizione di governo ha ripetutamente promesso una rottura se si dovesse cedere alle richieste di abolizione dell’Iva agevolata sulle isole. Non a caso oggi il leader del partito di opposizione di centro sinistra, il filo europeo To Potami ha manifestato la disponibilità a subentare in una eventuale nuova maggioranza.