In poco meno di due mesi sono stati firmati i contratti dell’energia e del petrolio, degli elettrici e di acqua e gas. Un risultato che Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem-Cgil, definisce ottimo, frutto di un sistema di relazioni industriali solido e maturo. Falcinelli spiega come si tratti di settori attraversati da una profonda trasformazione tecnologia e da una transizione energetica, per le quali serve una politica industriale degna di questo nome, ma che per il momento sembra essere assente dai radar della politica.
Falcinelli da poco è stato rinnovato il contratto di acqua e gas, che segue quello del petrolio e degli elettrici. Qual è lo stato di salute delle relazioni industriali?
È ottimo e il rinnovo di questi tre contratti lo dimostra. È un sistema che abbiamo costruito nel tempo, attraverso il dialogo continuo con le altre sigle e le controparti. Per noi il contratto nazionale non rappresenta un elemento avulso dal sistema produttivo, ma uno strumento che deve poter intervenire all’interno delle sue dinamiche.
Ci sono degli elementi che accomunano questi rinnovi?
Stiamo parlando di comparti attraversati dal tema della transizione energetica e da una profonda innovazione dal punto di vista tecnologico.
Quali altri aspetti possono essere ritenuti centrali?
Uno è la formazione. Rappresenta l’unica via rinnovare la nostra cassetta degli attrezzi e governare al meglio le trasformazioni tecnologiche. La formazione permette ai lavoratori di acquisire nuove competenze e una maggiore sicurezza, in termini di occupabilità, sul mercato. L’altro è quello della partecipazione.
In che misura?
Si tratta di un altro elemento distintivo del nostro sistema di relazioni. Negli ultimi rinnovi abbiamo rafforzato gli strumenti pe ampliare la partecipazione dei lavoratori nella vita dell’impresa, sul modello nord-europeo, con la piena disponibilità delle controparti. Purtroppo quello che ancora manca è una legislazione di supporto.
Sono emerse istanze particolari che hanno influenzato il rinnovo di uno specifico contratto?
Per il rinnovo del contratto gas e acqua ci siamo dovuti confrontare anche con tutta una serie di cambiamenti legislativi. Con la riforma del codice degli appalti, le aziende dovranno affidare l’80% delle proprie attività in appalto. Inoltre in discussione c’è la legge Daga, sulla gestione pubblica del sistema idrico. Il nostro sindacato ha da sempre considerato l’acqua come un bene pubblico. Quello che vogliamo far capire è che la gestione deve essere di tipo industriale. Solo in questo modo è possibile colmare le inefficienze del sistema e migliorarlo attraverso gli investimenti.
Come avete gestito il tema della transizione energetica?
Si tratta di un argomento strategico non solo per i nostri settori, ma per l’intero paese. Noi siamo dipendenti per il 70%, e questo ci rende anche esposti a decisioni e cambiamenti di scenario sui quali non possiamo intervenire minimamente. Dobbiamo capire che qui si mescolano tematiche di politica industriale con decisioni geopolitiche.
Crede che il nostro paese abbia una politica industriale?
No. È trent’anni che la nostra economia è priva di una politica industriale. E purtroppo gli effetti si fanno sentire, anche sulla questione della transizione energetica.
In che modo?
Giustamente si deve abbandonare la produzione di energia attraverso fonti fossili, e passare a fonti rinnovabili e dal basso impatto ambientale. Ma per farlo dobbiamo necessariamente attraversare una fase intermedia, nella quale il gas costituisce la principale risorsa per la produzione di energia. Ma anche in questo frangente ci troviamo davanti a contraddizioni, come il divieto delle trivellazioni nell’Adriatico, innescate dalla mancanza di una politica industriale. Alla fine le piattaforme verranno acquistate dai nostri competitors, e l’Italia si troverà a compare gas a un prezzo più che raddoppiato.
L’esecutivo ha posto molto enfasi sul cosiddetto “Green New Deal”, anche nella Legge di bilancio. Pensa che le misure prese vadano nella direzione giusta?
Nel settore chimico abbiamo imboccato la svolta “verde” da 25 anni. Dunque è un tema centrale per i nostri comparti. Riguardo alle misure messe in campo dal governo non sono finalizzate ad attuare, concretamente, la “riforma verde”. Ne è un esempio la plastic tax.
Secondo lei in cosa non funziona?
Si tratta semplicemente di una tassa, da scaricare o sul ciclo produttivo o sul consumatore finale, ma che non incentiva il cambio green. Quello su cui bisogna puntare sono maggiori investimenti e incentivi per la ricerca e l’interno comparto produttivo.
Tommaso Nutarelli