Gli obiettivi del Governo italiano “di migliorare i risultati economici e sociali sono ben accolti” ma la sua strategia, che “manca di riforme complessive necessarie per dare una svolta al Paese”, rischia di lasciare l’economia “vulnerabile”. Lo scrive il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto 2018 Article IV sull’economia italiana.
L’Fmi, si legge, “accoglie con favore l’attenzione del governo italiano nel sostenere la crescita e migliorare i risultati in campo sociale, così come l’intenzione di porre l’elevato debito pubblico su un solido percorso di discesa” ma, in generale, il Fondo evidenzia “come la strategia del governo manchi delle riforme complessive necessarie per indirizzare gli ostacoli strutturali di lunga data verso una crescita sostenuta e, di conseguenza, rischia di lasciare l’economia vulnerabile”.
Il Fondo ha quindi ribadito che “le riforme strutturali decisive per aumentare la produttività e sbloccare il potenziale dell’Italia sono fondamentali per migliorare i risultati economici e aumentare la capacità di ripresa”. L’Fmi raccomanda così “di dare priorità all’attuazione di un pacchetto completo di riforme strutturali, di un credibile consolidamento fiscale orientato alla crescita e basato su misure inclusive, e di rafforzare ulteriormente i bilanci delle banche”.
La crescita in Italia “è rallentata, il rischio di una recessione è aumentato” e sebbene “gli stimoli fiscali programmati potrebbero far aumentare temporaneamente la crescita, i crescenti costi di funding per le banche”, dovuti all’innalzamento dello spread, e il rischio sovrano “minano una ulteriore crescita. I rischi, ammonisce l’Fmi, sono “significativi” e al ribasso. “E la misura in cui i rischi si materializzeranno dipende in gran parte dalle politiche italiane”.
Con l’elevato livello del debito che potrebbe rimane agli attuali livelli per i prossimi tre anni, l’Fmi si dice “preoccupato” che le politiche del Governo “possano lasciare l’Italia vulnerabile nei confronti di una nuova perdita di fiducia dei mercati, anche in assenza di ulteriori shock”.
Inoltre, scrivono, “il debito potrebbe aumentare prima del previsto e più velocemente se dovessero materializzarsi nuove difficoltà”. L’Italia allora, avverte l’Fmi, “potrebbe essere costretta a una importante stretta fiscale spingendo una debole economia in recessione”.
Le politiche del Governo dovrebbero promuovere la crescita e l’inclusione sociale mentre “la spesa pensionistica in Italia, la seconda più alta nella zona euro, ha tolto risorse per gli investimenti pubblici e per una moderna rete di sicurezza per la fascia più povera della popolazione”.
Sulle pensioni, sottolinea il Fondo, l’Italia ha attuato importanti riforme in passato, tra cui quella del 2011, mirate a contenere la sua elevata spesa nel lunghissimo termine. Il governo tuttavia “sta prendendo in considerazione delle modifiche che ribalterebbero alcune riforme e ridurrebbe l’età effettiva di pensionamento”. Questi cambiamenti “aumenterebbero ulteriormente la spesa pensionistica, gravando ancora di più sulle nuove generazioni e lasciando meno spazio per le politiche pro-crescita”. E’ “improbabile”, inoltre, “che l’ondata prevista di pensionamenti creeranno altrettanti posti di lavoro per i giovani”.
Il reddito di cittadinanza “potrebbe essere più generoso rispetto al Rei, in termini di entità degli assegni e numero di beneficiari”, tuttavia gli importi “dovrebbero essere fissati in modo da non distorcere gli incentivi per trovare un lavoro regolare”.
L’Italia, si legge, “ha bisogno a regime di uno schema moderno di reddito minimo garantito destinato alle fasce più povere della popolazione, che eviti dipendenza dal sistema del welfare ed eviti di disincentivare al lavoro”. L’Fmi ricorda che in materia le buone pratiche internazionali suggeriscono, tra le altre cose, di fissare l’assegno al 40-70% del livello di povertà relativa e di implementare controlli adeguati a prevenire gli abusi.
L’Italia prenda in considerazione “l’introduzione di un salario minimo, differenziato a seconda delle Regioni per tenere conto dei diversi livelli di produttività del lavoro, dei tassi di disoccupazione e del costo della vita”. Sul fronte del lavoro, l’Fmi raccomanda, come riforma prioritaria, di decentrare la contrattazione salariale.
“Facilitando il riallineamento dei salari alla produttività a livello aziendale e regionale, l’elevata disoccupazione strutturale dell’Italia calerebbe”. Inoltre, “l’incertezza sui licenziamenti e i suoi costi, che sono elevati nel confronto internazionale, dovrebbero essere abbassati per incoraggiare le assunzioni e preservare i benefici chiave del Jobs Act”.
La salvaguardia delle finanze pubbliche è “essenziale per la stabilità del settore finanziario” del Paese. Lo scrive il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto 2018 Article IV sull’economia italiana. Il Fondo, si legge, “ha accolto con favore gli importanti progressi compiuti nella riduzione degli Npl, nell’incremento degli accantonamenti e nella costituzione di buffer di capitale”. Tuttavia, “hanno notato che la debole redditività e gli elevati tassi sostenuti sul debito sovrano pongono sfide al sistema bancario”.
L’Fmi ha così incoraggiato “l’ulteriore rafforzamento del sistema bancario” e ha enfatizzato “l’importanza di continuare a ridurre i costi e le sofferenze e di rafforzare la governance delle banche”. Il consolidamento delle banche cooperative in tre nuovi gruppi bancari “dovrebbe essere completato al più presto e non dovrebbe essere ulteriormente ritardato”, raccomanda il Fondo. Infine, rileva, “una rapida ricapitalizzazione delle banche più deboli o un uso tempestivo ed efficace dello Schema di risoluzione è essenziale per rimediare alle significative debolezze ed evitare costi eccessivi a carico dei contribuenti e del sistema bancario”.
La riforma fiscale del Governo gialloverde non è altro che una serie di cambiamenti che “si sommano a tutta una serie di numerose marginali modifiche al sistema fiscale italiano, esacerbandone l’incertezza” mentre servirebbe “una riforma fiscale complessiva per allargare la base imponibile, promuovere un sistema efficiente e assicurare l’equità”. La riforma, raccomanda l’Fmi, “dovrebbe mirare a ridurre il livello di evasione dell’Iva, razionalizzare il capitolo delle tax expenditure e delle imposte patrimoniali attraverso un moderna imposta sulla prima casa (sulla base di un adeguamento dei valori catastali)”. I condoni fiscali “dovrebbero essere evitati”.
Le “ricadute di un accentuato stress in Italia sarebbero globali e significative” e “potrebbe spingere i mercati globali in un territorio inesplorato, per esempio, se ci dovesse essere un downgrade senza precedenti a spazzatura”.
L’impatto, spiega il Fondo, “potrebbe essere maggiore all’interno dell’area dell’euro. Le banche francesi, spagnole, portoghesi e belghe hanno esposizioni considerevoli sul debito italiano. Le filiali di banche italiane sono di importanza sistemica in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale, come la Croazia e la Serbia. Una più ampia perdita di fiducia nei paesi dell’area dell’euro ad alto indebitamento genererebbe perdite più grandi e più ampie”.
TN