Una settimana. Quella che va dal 25 al 31 marzo 1300. Nella quale Dante Alighieri compie in sogno il suo viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Sette giorni. Come sono sette i secoli che ci separano dalla sua morte.
Il 2021 doveva essere l’anno del grande fiorentino. All’inizio è stato un profluvio di articoli, saggi, libri. Ma la nuova offensiva del virus ha relegato in un angolo tutti gli strombazzamenti. Un fiume di retorica a buon prezzo. Senza lasciar traccia particolare e nulla aggiungendo a ciò che già si sapeva. E come sempre accade, gli scritti più semplici e ammiccanti hanno surclassato quelli degli studiosi.
Del 1966 è una riflessione, una delle più belle, di Maria Zambrano. “Ogni opera umana – esordisce- si rivela sempre, come è ovvio, uno specchio in cui gli uomini possono guardarsi”. Ed ecco che nelle vicissitudini del Nostro vediamo riflesse le attuali ambasce. “Spietato e durevole, quanto la sua stessa vita, fu l’assedio che le circostanze storiche posero a Dante”. Improvvise e impreviste. Come l’assalto del Covid 19.
Le virtù per eccellenza nell’uomo medievale, precisa la scrittrice e filosofa spagnola, erano la lealtà e la sincerità. Due doti simili ma diverse. “La sincerità è la virtù dell’uomo isolato, confinato nella propria individualità, sprofondato nell’incertezza e nel dubbio, dell’uomo rimasto solo con la propria coscienza e che non ha altra forma di rettitudine se non l’ andare dichiarando o almeno dichiarandosi senza mentirsi ciò che sente e pensa in ogni momento, costretto a volte a spiarsi per questo, a frugare dentro di sé come in un estraneo le proprie segrete intenzioni, i desideri inconfessabili, trascinandosi per il labirinto della psiche solitaria”.
Invece “lealtà è unità di mente, anima e azione che, in forma più esplicita, corrisponde all’autenticità molto più che alla sincerità. Essere tacciato come sleale, o all’ estremo come traditore, era l’ombra peggiore che potesse cadere su un uomo”.
E allora, sinceri o leali? Lo sforzo supremo, quello che dovrebbe portarci a riveder le stelle, consiste nel far coincidere le due condizioni, perseguendo la giustizia e generando la conoscenza. Sinceri con se stessi e leali con gli altri. E viceversa, leali con se stessi e sinceri con gli altri. Ecco il percorso della Divina Commedia. Ecco il prezzo che il Poeta ha pagato con “esilio, povertà, soggezione ad occupazioni equivoche, condanna a morte crudele e infamante ad un tempo: solitudine”. Vita tormentata e splendida.
E in buona parte avvolta dal mistero. Sui vent’anni di vagabondaggio ci sono parecchi buchi. Da queste zone d’ombra ha germogliato la leggenda di un’adesione a sette ereticali. Gnostici, Catari, Templari, Fedeli d’amore. Un iniziato, insomma. Che avrebbe avuto contatti anche con i sapienti dell’Islam e i Sufi, tanto da far supporre persino che si sia ispirato all’escatologia mussulmana. Renè Guénon è il capofila di questa lettura esoterica della Commedia, interpretata come un criptico percorso di illuminazione che ha le sue radici fin nei misteri egizi, orfici, eleusini e pitagorici. Un sapere segreto comprensibile solo per chi già sa. Una rivelazione, “una conoscenza che esige e suscita ad un tempo il rinnovamento di tutto l’essere”.
Ipotesi suggestive che aiutano a capire quanto l’opera del Sommo esca da ogni schema. Voltaire lo schernisce, affermando che nessuno legge davvero tutte le cantiche e definendolo un oscurantista. Il carbonaro Gabriele Rossetti lo esaltò in chiave rivoluzionaria e anticlericale. Il cattolico reazionario Eugéne Aroux lo bollò come “eretico e socialista”, “uno dei più accaniti e pericolosi avversari” della Chiesa di Roma.
Ma perché, una volta celebrati i sette secoli dalla scomparsa, parlare ancora di Dante con tutto quello che incombe? Perché marzo, adesso, mentre siamo di nuovo barricati in casa, è proprio il mese del suo simbolico cammino verso la luce. Come lui, abbiamo smarrito la via, che non era per nulla retta, e ci troviamo in una selva oscura.
In attesa che arrivi Virgilio.
Pardon, il vaccino.
Illudendoci che le case farmaceutiche siano leali e sincere.
Marco Cianca