“In Italia esiste una priorità di inserimento di circa 280 mila immigrati disoccupati, di cui 140 mila stranieri ed extracomunitari per settori di sostegno al reddito”. E quindi, spiega Natale Forlani, direttore generale dell’Immigrazione al ministero del Lavoro, “abbiamo il dovere di dare una risposta per evitare di portare ulteriori quote di ingressi per motivi di lavoro che andrebbero a sovrapporsi e a determinare rischi di formazione di un mercato sommerso”.
In un’intervista alla Radio Vaticana, Forlani definisce “assolutamente condivisibile” la posizione espressa ieri dalla Fondazione Migrantes della Cei, dopo il naufragio di una barca con decine di immigrati nel Brindisino, sulla necessità di rivedere le quote di ingressi in Italia e in Europa, ma sottolinea che “il governo italiano, in questi due anni, ha posto con molta forza il tema in sede comunitaria, trovando però, purtroppo, poco ascolto”.
“Il tema africano – dice il direttore dell’Immigrazione presso il ministero del Lavoro – sarà un tema che ci accompagnerà per i prossimi anni in maniera davvero molto consistente, perchè la destabilizzazione non è di breve periodo e, d’altro canto, c’è una situazione subsahariana di guerre, conflitti e carestie che ha messo in mobilità milioni di persone. È quindi un tema che va assolutamente affrontato a livelli sovranazionali ed europei”.
Tuttavia Forlani invita a separare la valutazione che compie il Ministero in tema di mercato del lavoro dall’aspetto dei richiedenti asilo e dei profughi che scappano da guerre, fame e povertà. “Dobbiamo assolutamente distinguere le due tipologie – spiega -. Una è la programmazione degli ingressi per motivi di lavoro che è legata alla domanda di lavoro delle imprese italiane, un’altra riguarda gli ingressi straordinari. Quelli, cioè, motivati da problemi di accoglienza per persone che sono in fuga a causa di motivi umanitari da guerre o anche per richiedenti asilo a diverso titolo”. Secondo Forlani, “questo è un fenomeno che va gestito con logiche straordinarie ed appropriate. Solo l’Europa ha la capacità di far fronte a questi numeri con un approccio cooperativo più alto ed efficace”. (LF)
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