Lo sviluppo sostenibile è un traguardo verso il quale l’Italia continua a muoversi nel solco del programma d’azione Agenda 2030 – per le persone, il pianeta e la prosperità – sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile per un totale di 169 traguardi che i Paesi si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Ma il cammino dell’Italia è ancora accidentato.
Secondo quanto emerge dal Rapporto Istat sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che presenta l’aggiornamento e l’analisi delle misure statistiche finalizzate al monitoraggio dell’Agenda 2030 per il nostro Paese, nel 2022 un quinto della popolazione italiana è a rischio di povertà. Il dato è superiore alla media europea, ed è rimasto pressoché stabile nell’ultimo quinquennio. Le famiglie con segnali di insicurezza alimentare sono in lieve calo (da 1,7% nel 2021 a 1,3% nel 2022), ma si allarga la forbice fra il Mezzogiorno e il resto del Paese: nel Nord è a rischio meno del 15% della popolazione, nel Mezzogiorno oltre il 40%. Lieve miglioramento delle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi: tra il 2020 e il 2021 il reddito familiare pro capite del 40% più povero della popolazione aumenta maggiormente (+5,7%) rispetto a quello del totale della popolazione (+3,6%). Sul fronte del lavoro, nel 2022 circa 2,7 milioni di persone (11,5%), malgrado lavorino, sono a rischio di povertà. La situazione è più grave per i lavoratori stranieri: è a rischio di povertà quasi un quarto di loro.
In generale, il quadro risulta piuttosto variegato: il 42,6% delle misure è in miglioramento rispetto al target definito dall’Agenda 2030, il 24,6% stazionario e il 32,8% segnala un peggioramento. La percentuale di misure con variazione positiva è significativamente elevata per il Goal 17 (Partnership per gli obiettivi), in cui migliorano tutte le misure che riguardano l’uso dell’Ict, eccetto la percentuale di persone che usano il web per acquistare beni o servizi. Anche il Goal 5 (Parità di genere) registra un’elevata quota di misure in miglioramento, legate in particolare al’`aumentata presenza delle donne nelle posizioni direttive. Per contro, nel Goal 7 (Energia pulita) si registrano i livelli più elevati di indicatori in peggioramento, a causa della forte ripresa dei consumi energetici post-pandemica e, al contempo, di una non altrettanto intensa crescita dei consumi da fonti rinnovabili. Anche per il Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni) la percentuale di misure in peggioramento è consistente, a causa dell’aggravarsi delle condizioni di affollamento delle carceri e della soddisfazione verso i servizi pubblici.
Per misurare l’andamento delle disuguaglianze a livello interregionale, il Rapporto propone specifiche misure di convergenza nel tempo tra le regioni. Nel complesso, negli ultimi 10 anni, quasi la metà (47,8%) delle 159 misure statistiche analizzate indica una convergenza tra le regioni, il 17,6% è stabile e il 34,6% mostra una divergenza regionale. I Goal 9 (Infrastrutture) e 17 (Partnership per gli obiettivi) sono gli unici in cui tutte le misure statistiche mostrano una riduzione dei divari territoriali, grazie alla convergenza territoriale nell’ambito della digitalizzazione, ricerca e sviluppo. I Goal 4, 10 e 13 si caratterizzano per una prevalenza di misure convergenti: il Goal 4 (Istruzione) per effetto di una minore disparità territoriale nelle competenze degli studenti, il Goal 10 (Ridurre le diseguaglianze) per effetto di una distribuzione più equa del reddito) e il Goal 13 per effetto di un avvicinamento dei valori regionali del numero di persone esposte al rischio di disastri naturali. All’opposto, nei Goal 7 e 11, più della metà delle misure considerate è caratterizzato da divergenza. Questo avviene, per il Goal 7, a causa dell’aumento delle distanze fra regioni per la quota di consumi energetici da fonti rinnovabili e per l’intensità energetica dell’industria; per il Goal 11, per i divari dell’accesso al trasporto pubblico.
e.m.