Continuano a diminuire i neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano. In Italia la quota di neet sul totale dei 15-29enni è stimata al 16,1% per il 2023, con un ulteriore importante calo di 2,9 punti percentuali rispetto al 2022, attestandosi su un valore inferiore a quello del 2007 (18,8%). E’ quanto rileva l’Istat.
Il forte aumento determinato dalla crisi economica mondiale del 2008 e dalla conseguente crisi occupazionale (la quota aveva raggiunto il 26,2% nel 2014 con un incremento decisamente maggiore di quello medio europeo) è stato dunque completamente riassorbito. Nell’Ue il valore italiano è tuttavia inferiore soltanto a quello della Romania (19,3%) e decisamente più elevato di quello medio europeo (11,2%), di quello spagnolo e francese (12,3%, entrambi) e di quello tedesco (8,8%).
Il gap con l’Europa è massimo per i diplomati (6,5 punti percentuali), scende a 4,7 punti per i titoli terziari e a 2 punti per chi ha al più un titolo secondario inferiore. Il calo generalizzato dei neet nel 2023 è stato infatti più marcato proprio per i bassi titoli di studio: l’incidenza dei neet è scesa al 14,9% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 18,1% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 12,5% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario.
L’incidenza di neet, nella classe di età tra i 15 ed i 19 anni, è molto contenuta (6,3%) per effetto dell’alta partecipazione a percorsi di istruzione (l’89,7% è in formazione). L’incidenza sale invece al 19% nella classe di età 20-24 e al 22,7% tra i 25-29enni, tra i quali diminuisce la partecipazione al sistema educativo (rispettivamente a meno di uno su due e meno di uno su cinque) e sale la partecipazione al mercato del lavoro (più marcatamente tra i 25-29enni).
La quota di neet sul totale dei 15-29enni nel 2023 è diminuita sia per le donne che, in misura leggermente superiore, per gli uomini. Il gap rimane marcato (14,4% per gli uomini contro 17,8%). La quota di neet è più elevata nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese (24,7% contro 10,8% nel Nord e 12,3% nel Centro) e tra gli stranieri rispetto agli italiani (raggiunge il 25,2% contro il 15,1% tra gli italiani).
L’Istituto di statistica rileva, in aggiunta, che nel 2023 tra i 25-64enni il tasso di occupazione dei laureati è 11 punti percentuali più alto di quello dei diplomati (rispettivamente 84,3% e 73,3%). Il gap sale a 15,7 punti tra gli under 35 che hanno conseguito il titolo da uno a tre anni prima (75,4% e 59,7%).
Il divario territoriale nel tasso di occupazione è più ampio per le fasce di età giovanili. Il tasso di occupazione dei 30-34enni nel Mezzogiorno è più basso rispetto ai giovani del Nord di 19,8 punti percentuali tra i laureati (70,8%, contro 90,6%) e di 25,8 punti percentuali tra i diplomati (57,2% contro 83,0%).
Quando i genitori hanno un basso livello di istruzione quasi un quarto dei giovani (24%) abbandona precocemente gli studi e poco più del 10% raggiunge il titolo terziario. Se almeno un genitore è laureato, al contrario, le quote diventano rispettivamente 2% e circa 70%.
tn