La Filiera Tlc vive un momento di grandi sfide e di grandi cambiamenti. Da una parte, si pone come abilitatore strategico della trasformazione digitale del Paese, impegnato a realizzare le nuove reti di telecomunicazione ultra-broadband, fisse e mobili. Gli sforzi messi in campo dagli operatori del settore per cogliere le opportunità della digitalizzazione e per gestire le sfide industriali rappresentano contributi di assoluta rilevanza per la trasformazione digitale del Paese. Ne dà conto l’entità degli investimenti sulle reti, una voce che nei bilanci delle imprese Tlc nell’arco degli ultimi 10 anni ha raggiunto quota 70 miliardi di euro, pur a fronte di una diminuzione dei ricavi totali da quasi 46 a 32 miliardi di euro nello stesso periodo. Nonostante la tendenza decrescente dei ricavi, gli investimenti nel settore hanno mantenuto un andamento complessivamente crescente. A partire dal 2014 vi è stata, una marcata accelerazione fino a superare i 7 miliardi di euro nel 2017, con un’incidenza sul fatturato pari al 22%: una percentuale non riscontrabile in alcun altro settore di attività economica. Vanno inoltre considerati i 6,6 miliardi investiti per le frequenze 5G, tecnologia fondamentale che, insieme alla fibra ottica, abilita tutti quei servizi digitali necessari alla competitività delle imprese e all’evoluzione di settori cardini della società quali la manifattura, i trasporti, la sanità e la sicurezza, oltre naturalmente il mondo dei servizi pubblici.
Questo profondo processo di trasformazione, che sta interessando in quest’ultimo periodo anche alcune delle principali realtà della Filiera, determina impatti importanti sull’organizzazione e sui contenuti del lavoro che, nel nell’ambito delle Tlc, presentano caratteristiche peculiari e forse poco note, sulle quali è necessario intervenire per accompagnare al meglio la transizione verso lo sviluppo tecnologico.
Nella Filiera delle Tlc operano complessivamente circa 210 mila persone. Nel periodo 2010-17 Il numero di occupati ha registrato una modesta contrazione, pari a circa l’1% annuo, a fronte di un aumento della quota di dipendenti con un’età media superiore ai 55 anni dal 6% al 12%. Allo stesso tempo la percentuale di lavoratori con un’anzianità superiore ai 10 anni è passata dal 60% al 70%. Da un lato abbiamo, quindi, una forza lavoro che sta invecchiando velocemente a causa di un turnover quasi nullo e profili professionali che rischiano di divenire rapidamente obsoleti. Dall’altro, i giovani neo- laureati troppo spesso si affacciano sul mercato del lavoro con competenze non allineate rispetto ai profili richiesti dai processi di trasformazione digitale.
Per gestire efficacemente queste sfide crediamo sia fondamentale sostenere un nuovo concetto di sostenibilità occupazionale, in cui la formazione svolge un ruolo chiave. Occorre, da una parte, accrescere le competenze professionali dei giovani neo-diplomati e laureati e, dall’altra, agevolare il processo di riconversione professionale di chi è in età matura, ma ancora distante dall’età pensionabile. Anche per questo stiamo lavorando a uno strumento quale il Fondo di Solidarietà per la Filiera TLC, in grado di offrire il necessario supporto ai processi di riqualificazione e formazione dei lavoratori che dovranno accompagnare la trasformazione digitale delle aziende. La capacità di azione del Fondo sarebbe indubbiamente accelerata, anche temporalmente, attraverso un intervento pubblico di sostegno.
Nella nostra visione, queste azioni devono poi essere sostenute, anche da un sistema di ammortizzatori sociali che punti alla loro evoluzione in chiave “espansiva”. Ciò permetterà di valorizzare e rendere effettive misure che fino ad oggi hanno avuto scarsa applicazione, come il Contratto di Solidarietà Espansiva, che se opportunamente riviste consentirebbero di realizzare un raccordo più efficace tra politiche passive e attive del lavoro.
La combinazione coerente e coordinata di queste azioni a favore della nuova occupazione e dell’occupazione esistente può portare un reale cambiamento, sia a beneficio della competitività delle imprese, che dello sviluppo del capitale umano, preservare l’occupabilità e/o la rioccupabiltà delle persone e prevenire le conseguenze sociali negative dei radicali cambiamenti strutturali in corso. Solo così si può provare a costruire modelli “a prova di futuro”: una sfida che non può tuttavia essere vinta adottando un approccio unilaterale al fenomeno. Crediamo infatti che su questo piano possa giocare un ruolo fondamentale il sistema delle relazioni industriali e la contrattazione nazionale e di secondo livello, tanto più se queste sono in grado di anticipare soluzioni piuttosto che intervenire in una logica emergenziale.
E’ questo lo spirito che ha guidato la sottoscrizione dell’Accordo Quadro sui principi e regole per il funzionamento delle attività del settore dei servizi di Customer Care, sottoscritto il 21 febbraio 2019 tra Asstel, Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl Telecomunicazioni. L’Accordo infatti, vuole offrire risposte efficaci al cambiamento che, investendo tutta la Filiera delle TLC, interessa anche il settore dei call center, con la finalità di assicurare una regolamentazione omogenea al lavoro, prevenire fenomeni di concorrenza sleale e di distorsione del mercato e di sostenere nuovi modelli di sviluppo, promuovendo la trasformazione delle competenze e l’efficienza delle imprese.
Questo dimostra, quindi, che la contrattazione collettiva, se esercitata da parti veramente rappresentative, può costituire l’ambito privilegiato per disegnare le soluzioni per accompagnare i processi di trasformazione, ampi e profondi, che interessano il mercato, il lavoro e il capitale umano.
Laura Di Raimondo
Direttore Asstel