È stato presentato il XXV Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati relativo al 2022. Quanto emerge è il quadro di un Paese in cui gli si arriva più giovani alla laurea (l’età media si attesta sui 27 anni circa per i magistrali biennali), il voto di laurea registra una andamento positivo (il voto medio è 104, mentre nel 2012 era circa 102), ma continuiamo a essere il fanalino di coda in Europa con il 29% di giovani laureati.
Dagli indicatori che hanno condotto l’indagine emerge una valutazione positiva dell’università: il 90,5% dei laureati dichiara una soddisfazione complessiva per il corso di laurea scelto, il 72,6% confermerebbe la scelta compiuta sia di corso sia di ateneo e appena il 2,2% non sceglierebbe più l’università. Insoddisfazione per quanto riguarda le politiche abitative, in particolare per il costo e la qualità degli alloggi, che sono state al centro delle proteste degli studenti negli ultimi mesi.
Tuttavia ci sono altri elementi che penalizzano il quadro nazionale. Innanzitutto l’emorragia di studenti e – quindi – lavoratori che migrano dal Sud verso il Nord Italia: il 28,6% (dato in crescita rispetto al 2013, quando era il 23,2%) di chi si è diplomato nel Mezzogiorno ha scelto un ateneo di un’altra zona geografica. Il fenomeno interessa il 13,9% tra i diplomati al Centro e il 3,6% tra quelli del Nord. Ma quanto è più significativo è il cambio di attitudine che si registra nei confronti del mondo del lavoro e nella sua organizzazione: i giovani laureati, a differenza delle precedenti generazioni, danno un maggior peso all’equilibro tra vita lavorativa e vita privata testimoniato dall’aumentata disponibilità a lavorare in smart working (40,5% nel 2022) e da un incremento dell’importanza attribuita a tempo libero, flessibilità dell’orario, autonomia. In ogni caso, i laureati 2022 dichiarano maggiormente rilevanti nel lavoro futuro i seguenti aspetti: acquisizione di professionalità (78,1%), stabilità del posto di lavoro (71,7%), possibilità di carriera (70,4%) e di guadagno (68,3%), indipendenza o autonomia (63,1%).
Quanto al vero e proprio ingresso nel mondo del lavoro, nel 2022 migliora ancora la capacità di assorbimento, facendo registrare elevati tassi occupazionali sia tra i laureati di primo, sia tra quelli di secondo livello (rispettivamente 75,4% e 77,1% a un anno dal conseguimento del titolo; 92,1% e 88,7% a cinque anni). In aumento anche i contratti a tempo indeterminato. Rilevanti per l’ingresso nel mondo del lavoro risultano le esperienze maturate durante gli studi, come i soggiorni di studio all’estero e i tirocini curriculari. Per contro, calano le retribuzioni mensili nette a causa della galoppata dell’inflazione. Nel 2022 gli stipendi hanno infatti perso tra il 4 e il 5% del potere d’acquisto; la retribuzione mensile netta a un anno dal conseguimento della laurea di primo livello è in media di 1.332euro, mentre sale a 1.366euro per la laurea di secondo livello. Restano forte il divario di genere:a parità di condizioni, a un anno dal titolo i laureati hanno l’11,7% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle laureate; inoltre, a parità di altre condizioni, percepiscono in media 70 euro netti in più al mese rispetto alle donne.
Sul tema di mobilità per motivi di lavoro, che coinvolge soprattutto i residenti nel Mezzogiorno (33,3% per i laureati di primo livello e 47,5% per quelli di secondo livello, a un anno dal titolo), risulta in aumento nel 2022, dopo la contrazione dovuta alla pandemia da Covid-19: tale aumento è più consistente per i residenti nel Mezzogiorno (nell’ultimo anno oltre 2 punti percentuali), per gli uomini e per quanti provengono da contesti familiari più favoriti.
e.m.