Le cooperative aderenti a Legacoop chiudono i bilanci del 2022 con un segno positivo: il 60% ha aumentato il valore della produzione, l’81% ha registrato un utile e il 31% un aumento dell’occupazione. Tendenze che si confermano, sostanzialmente, nell’andamento del quadrimestre scorso e nelle previsioni per i prossimi quattro mesi, anche se sulle prospettive grava il peso di problemi legati alla carenza di manodopera, all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime e all’accresciuto costo del denaro determinato dall’aumento dei tassi di interesse. Queste le tendenze principali evidenziate dai risultati dell’indagine congiunturale effettuata dall’Area Studi di Legacoop.
Per il presidente di Legacoop, Simone Gamberini, la lettura dei dati sugli andamenti congiunturali delle cooperative “potrebbe essere molto utile a chi sta realizzando le politiche economiche, e specialmente monetarie, in questa complicata fase, perché davvero sorge spontanea la domanda se abbiano idea della situazione dell’economia reale e ne abbiano a cuore le sorti”. Gamberini esorta le istituzioni a uscire dalla logica della resilienza, soprattutto alla luce degli ottimi risultati di ripresa dell’economia italiana dimostrati nell’ultimo biennio che possono ben competere con quelli di altre economie ritenute più virtuose di quella italiana. “Ora si assiste a un costante rallentamento, specialmente nella manifattura; ma a differenza di altre organizzazioni noi abbiamo imprese associate in tutti i settori, e da questa posizione osserviamo una tenuta della domanda e un’economia robusta, ma che va sostenuta”.
In particolare, il presidente di Legacoop indica due tipologie di problemi riscontrati dagli associati: “Il primo sono i maggiori costi di accesso al credito. Le cooperative – spiega – sono uscite da queste crisi più solide, patrimonializzate e liquide. Oggi, però, stanno usando la loro liquidità anche per sostenere gli investimenti a costi più bassi, ma è uno sforzo che non può durare”. Ma la vera emergenza “strutturale” è la mancanza di manodopera, “che nei territori più dinamici affligge oltre la metà delle imprese. L’Italia non ha bisogno di aumenti dei tassi, ma di investimenti: la BCE deve rivedere le sue strategie al riguardo. Le sfide green e digitale, oltre al PNRR, richiedono il supporto attivo di un fondo sovrano europeo dedicato. In tale quadro, occorre un vero piano strategico che definisca il lavoro, la formazione, il capitale umano e le competenze in prospettiva. Senza questi ingredienti è ovvio che l’economia, a forza di rallentare, prima o poi si fermerà”.
e.m.