Avere un impiego al di sotto delle proprie competenze: in Lombardia è un realtà largamente diffusa, quasi uno su cinque, con ricadute umane e aziendali notevoli. E a essere penalizzati sono soprattutto donne, stranieri e giovani laureati. E’ quanto emerge dalla ricerca 2015 “Le azioni di social investment a Milano” della Camera di commercio di Milano attraverso il Politecnico di Milano, dipartimento di Architettura e studi urbani.
La ricerca – che si basa su dati 2012 – ha censito il Lombardia 558 mila lavoratori sovra-qualificati, vale a dire 17% del totale della forza lavoro nazionale, il 13% dei lavoratori su scala regionale.
A essere più esposti al fenomeno sono appunto le donne per il 14% dei casi contro il 12% degli uomini, gli stranieri (37,5% contro il 10% degli italiani) e i giovani tra i 25 e i 34 anni. La posizione occupazionale è comunque prevalentemente caratterizzata da un profilo di lavoratore dipendente, soprattutto a tempo indeterminato (53%, contro solo il 17% dei lavoratori autonomi).
Metà sono laureati e metà diplomati, ma tra i giovani il 60% ha la laurea.
“Questa ricerca mette in evidenza una nuova forma di difficoltà nel mercato del lavoro – ha dichiarato Massimo Ferlini, membro di giunta della Camera di commercio di Milano – accanto alla mancanza di una occupazione, che però ad essa si affianca. Si creano situazioni di disagio sia per qualità del lavoro che per remunerazione, rispetto alle aspettative delle persone. Si tratta di situazioni che spesso non riescono a durare a lungo e che quindi nascondono forme di precarietà. C’è in questi dati il risultato degli ultimi anni di crisi. Ricordo solo tre strumenti che possono essere utili in questo ambito, servizi offerti dalle Camere di commercio. Da un lato l’orientamento con l’analisi Excelsior sulla domanda di lavoro per aiutare chi cerca di inserirsi nei settori di maggiore richiesta e favorire così l’incontro tra offerta e domanda, fin dalla fase di scelta degli studi. Poi la promozione dell’autoimprenditorialità, anche con Punto Nuova Impresa e la formazione. Per chi si trovi in momenti critici, ricordo la Fondazione Welfare Ambrosiano, creata a Milano da Comune e Camera di commercio, per le situazioni di difficoltà: sono più di 2000 le famiglie aiutate in passaggi difficili”.
I lavoratori sovra-qualificati italiani si concentrano prevalentemente nelle professioni tecniche (23,3%) e nelle posizioni impiegatizie (16,6%) mentre gli stranieri si concentrano prevalentemente nelle posizioni manuali non qualificate (54,6%) o come operai e artigiani specializzati (17,3%). Gli italiani di questo tipo hanno più frequentemente posizioni precarie, gli stranieri sono più spesso dipendenti con orario ridotto.
Gli stranieri sono concentrati nelle attività di cura della persona, della ristorazione e del settore alberghiero. Mentre gli italiani si concentrano prevalentemente nel settore manifatturiero e del commercio, ma anche l’istruzione, la sanità e la pubblica amministrazione, la finanza, le assicurazioni e la comunicazione, spesso come primo accesso da parte di giovani laureati.
A livello nazionale, il fenomeno della sovra-qualificazione della forza lavoro occupata interessa il 15% degli occupati, per un totale di circa 3,2 milioni sui 22 milioni di lavoratori occupati nel 2012 in Italia. Gli over-qualificati italiani hanno perlopiù un diploma di scuola superiore (53%), ma una quota importante riguarda anche le persone con laurea (40%). Per la maggior parte si concentrano nel mondo dei servizi e dell`industria.
Un primo fattore che discrimina fortemente i lavoratori sovra-qualificati è l’età; infatti, il fenomeno tende a interessare maggiormente le persone con età 25-34 anni (21,58%) andando a ridursi con il crescere dell’età degli intervistati fino a circa l’8% dei lavoratori over 55.
Il fenomeno si concentra nelle giovani generazioni soprattutto tra gli italiani, prolungandosi peraltro in misura significativa sino alla soglia dei 39 anni, mentre tende a rimanere costante – se non a subire un incremento al crescere dell’età – per le persone straniere.