La fine dell’anno è il momento classico per fare un po’ di bilanci, capire cosa è andato bene, cosa storto nei dodici mesi. Una pratica alla quale non vogliamo certo sottrarci, anche perché nel 2020 di cose ne sono successe tante, forse troppe. La pandemia è stata protagonista, ha caratterizzato tutta la nostra vita, la nostra economia, il nostro modo di vivere. Ma ha segnato anche le relazioni industriali, che costituiscono il fulcro del nostro lavoro al Diario, il nostro pane quotidiano. E per le relazioni industriali, al momento, il bilancio non è negativo. Dall’inizio di marzo, da quando siamo stati chiusi a casa, e per qualche settimana sono state chiuse le fabbriche, si è svolta un’intensa fase contrattuale. Le maggiori categorie e le imprese di una certa dimensione hanno subito avviato dei negoziati con i loro interlocutori sindacali per capire come comportarsi, come poter continuare a lavorare. Un fiume di accordi, che non abbiamo nemmeno fatto a tempo a recensire per quanti erano. Una dimostrazione palese della vitalità dei rapporti negoziali. La diffusione quasi erga omnes del lavoro agile, lo smart working, ha dimostrato la volontà di salvaguardare la salute dei lavoratori, senza però rinunciare per questo al lavoro e alla produzione. Non è stato facile, tutt’altro, ma l’impegno dimostrato manifesta una volontà forte di non lasciarsi vincere.
E lo stesso è accaduto nei rapporti interconfederali. Imprenditori e sindacati hanno bisticciato a lungo nel mese di marzo per decidere con il governo cosa tenere aperto, cosa chiudere. Con la curiosa inversione di posizioni perché erano i sindacati, che normalmente si battono per tenere aperte le fabbriche, a insistere per chiudere tutto ciò che non era in sicurezza. Mentre gli imprenditori volevano a tutti i costi continuare a produrre ed erano pronti a tutto per convincere i sindacati e il governo. Alla fine un compromesso è stato trovato, anche abbastanza in fretta e questo testimonia ancora una volta la bontà della pratica del dialogo tra le forze sociali. Che è stato invece a rischio quando si è affacciato sulla scena il nuovo presidente di Confindustria.
Carlo Bonomi non ha mai nascosto le sue ambizioni. Già due anni prima della sua elezione aveva impiantato una campagna elettorale lunghissima all’insegna del cambiamento. A suo avviso, e non sbagliava, la confederazione degli industriali era entrata da anni un cono d’ombra che, specie nella prospettiva politica, l’aveva penalizzata. Era necessaria una svolta, Confindustria doveva riprendere il suo ruolo di parte politica, essere una grande e potente lobby non bastava più. E appena arrivato alla presidenza si è dato da fare. Picchiando sodo contro il governo e i sindacati. È chiaro che una ripartenza doveva rimettere in riga tutti i comportamenti, forse lui è andato anche oltre le righe.
Al governo ha rimproverato di non essere all’altezza della situazione che doveva affrontare, di non avere un progetto vero, valido per il paese. E non è poco. Al sindacato di stare troppo con la resta girata all’indietro, rimembrando i bei tempi andati, mancando però di centrare le esigenze del momento. Il punto è che al centro di questa sua offensiva verso i sindacati ha posto anche il tema, sempre difficile, dei rinnovi contrattuali. Forse un errore perché i rinnovi contrattuali sono utili per far crescere, anche se di poco, i salari dei lavoratori, ma soprattutto servono per affrontare, e possibilmente risolvere, i problemi delle aziende, quelli dell’organizzazione del lavoro. E’ quella la sede dove discutere della crescita della produttività. Ed è per questo che dopo un avvio difficile Confindustria ha cambiato registro, ed è stato possibile risolvere tutte o quasi le vertenze aperte, con generale soddisfazione.
Insomma, in questo anno difficile, molto difficile, le relazioni industriali, sia in fabbrica che nelle grandi categorie, hanno dimostrato una vitalità molto positiva. E’ mancato però il livello politico. Le confederazioni sindacali e quelle imprenditoriali non sono state in grado di impostare un rapporto tra loro e con il governo in grado di portare all’obiettivo che pure tutti indicano come indispensabile, vitale per il nostro paese, la messa a punto di un grande patto sociale in grado di ricondurci verso lo sviluppo. Per capirne l’urgenza basta leggere quanto ci detto Giuseppe Roma nell’intervista che ha rilasciato al nostro giornale. Nei prossimi mesi, ha affermato, avremo 1,4 milioni di persone in grande difficoltà e non avremo le risorse per garantire a tutti un aiuto soddisfacente. Ci sarebbero i soldi del Recovery Fund, è vero, ma questi non sono a nostra disposizione, dobbiamo meritarceli con progetti di investimenti che abbiano un ritorno, economico e sociale che sia. E questi piani possono essere messi assieme solo con un grande patto sociale, analogo a quello che nel suo piccolo ha fatto la Regione Emilia Romagna nel 2015, assicurando a tutti benessere e crescita economica.
Ma un patto di queste dimensioni, che indichi la direzione nella quale investire le risorse che l’Europa ci mette a disposizione, non è alle porte. Tutti dicono che è indispensabile, ma nessuno si muove per cogliere l’obiettivo. I sindacati insistono da tempo, anche Confindustria lo fa, pur con qualche distinguo, ma non accade nulla. Giuseppe Roma ammonisce tutti ricordando che i problemi economici non risolti non devono essere sottovalutati, perché in questo modo si mette a rischio il livello di democrazia del paese, ma la classe politica non dà segni di vita. Per questo aspettiamo con apprensione il prossimo anno. Le scadenze premono, l’augurio è che l’Italia, magari come sempre all’ultimo momento, abbia un guizzo di vitalità e riesca a mettere assieme, con l’aiuto delle forze sociali, un vero piano di rinascita e sviluppo. Ce lo meriteremmo.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana è stato sottoscritto, tra Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti e le associazioni datoriali Confitarma, Assarmatori, Assorimorchiatori e Federimorchiatori, il rinnovo del contratto armatoriale. L’intesa prevede un aumento 6% sui minimi tabellari. La copertura del periodo di vacanza contrattuale è pari a 750 euro totali al parametro 141 per il personale navigante e al 5° livello del sistema di classificazione del personale di terra e amministrativo. L’una tantum sarà erogata in tre tranches. In Emilia-Romagna, Fim, Fiom e Uilm assieme a Cna, Confartigianato Emilia-Romagna, Claai, Casartigiani, hanno raggiunto l’accordo per il rinnovo del contratto regionale del settore artigiano-metalmeccanico. L’intesa rafforza le relazioni industriali e la bilateralità.
Analisi
Gaetano Sateriale spiega l’importanza di realizzare una seria riforma della pubblica amministrazione, in grado di far uscire il pubblico dal pantano degli ultimi anni. Una riforma chieste dalla Ue, e che il governo mette al primo punto del suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma la sensazione è che non si stiano veramente affrontando i reali problemi del settore pubblico.
La nota
Gaetano Sateriale e Maurizio Castro ricordano il professor Luigi Mariucci, le sue doti scientifiche e capacità relazionali, che si sono dimostrate preziose in complesse trattative sindacali degli anni passati.
Fernando Liuzzi ha seguito la conferenza stampa di Federmeccanica per fare il punto sull’andamento del settore nel 2020. Secondo l’associazione, l’anno potrebbe chiudersi con un calo della produzione del 15%, dato che costituirebbe il record negativo dal secondo dopoguerra a oggi.
Interviste
Il direttore del Diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato Giuseppe Roma, per vent’anni direttore del Censis. Roma ritiene che la pandemia finirà presto, ma i pericoli economici che ci aspettano sono comunque enormi. Quanto al Recovery Fund, osserva, non è un regalo, dobbiamo meritarcelo. È necessario quindi riprendere la via dello sviluppo, ma non è facile, anche perché manca, specie nella politica, la consapevolezza del pericolo che ci sovrasta.
Nunzia Penelope ha intervistato Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea-Cgil, che spiega l’intesa raggiunta tra i sindacati e il ministero delle Infrastrutture, finalizzata alla velocizzazione delle grandi opere pubbliche. L’intesa prevede il lavoro sui cantieri 7 giorni su 7 e H24, con una organizzazione del lavoro basata su tre turni e quattro squadre. Un accordo win win, per governo e sindacati ma soprattutto per il paese, e che Genovesi infatti definisce come uno dei più importanti degli ultimi anni.
Tommaso Nutarelli ha intervistato Filippo Anelli, presidente di FNOMCeO, la Federazione nazionale dell’ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Anelli sottolinea che i 9 miliardi destinati alla sanità nel Recovery Plan sono del tutto insufficienti, a fronte delle criticità su cui e’ necessario intervenire: dalle infrastrutture sanitarie alla medicina territoriale. Inoltre, Anelli ribadisce la necessita’ di riformare nuovamente il Titolo V. Quanto alla suddivisione del paese in zone a colori, osserva, ha funzionato solo nelle zone rosse: per evitare una terza ondata e consentire il ritorno a scuola in gennaio servono certamente misure più stringenti.
Il guardiano del faro
Marco Cianca afferma che una società migliore dopo la pandemia e’ possibile. Il segreto sta nell’agire come il Sisifo di Camus o gli anarchici giapponesi – forieri di dottrine egualitarie e pacifiste riassumibili con l’espressione Museihushugi – ossia nell’accettare l’ineluttabilità della vita senza mai rinunciare alla propria dignità e ai propri obiettivi: non esistono cause inutili o perse in partenza.
I blog del Diario
Gaetano Sateriale spiega il Patto per il Lavoro e per il Clima, sottoscritto dalla Regione Emilia-Romagna, con oltre 50 associazioni e università emiliane. Si tratta di un documento di portata decennale che vuole coniugare sviluppo e lavoro in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 sulla sostenibilità.
Adriano Fabris sostiene che la pandemia, purtroppo, non e’ riuscita a tirare fuori il meglio di noi. Il covid avrebbe potuto incidere significativamente sui nostri comportamenti collettivi, indirizzarli verso un’effettiva solidarietà, farci diventare cittadini migliori e, più in generale, migliori esseri umani. Per attuare questo, tuttavia, occorreva un reale cambio di mentalita’. Che purtroppo non c’è stato.
Giuliano Cazzola ricorda la sua poco felice, per usare un eufemismo, esperienza con la trasmissione di RaiTre Report, e ne trae spunto per commentare la recente puntata che ha preso di mira la Cisl.
Roberto Polillo descrive il rapporto tra il premier Conte e il leader di Italia Viva, Renzi, come quello tra due duellanti. Nell’agone i colpi di scena che potrebbero accadere sono molti. Rimane il paese, i suoi enormi problemi e ancora di più l’intervento di Draghi, il vero convitato di pietra, che ha messo in guardia dal cattivo utilizzo dei 209 miliardi messi a disposizione dell’Europa.
Tommaso Nutarelli sostiene che accanto al paternalismo comunicativo del governo, ci sia un forte infantilismo da parte delle persone, che le porta a tenere atteggiamenti poco consoni al momento al minimo segnale di allentamento delle restrizioni.
Aldo Amoretti traccia un personale ricordo della vertenza Fiat del 1980: i picchetti, spiega, erano organizzati grazie alla partecipazione dei delegati di fabbriche di altre regioni, e senza questo intervento di solidarietà esterna la partecipazione allo sciopero sarebbe stata di ben differente rilievo.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il censimento della popolazione dell’Istat, i prezzi al consumo, il commercio con l’estero e i prezzi all’import, la produzione nelle costruzioni, i prezzi alla produzione e nelle costruzioni e la nota dell’Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal sull’andamento dell’occupazione. È inoltre presente la congiuntura flash di Confindustria, la congiuntura di Confcommercio, il documento integrale di Mario Draghi e il Gruppo dei 30 Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid, l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto del settore artigiano-metalmeccanico in Emilia-Romagna, il testo di Un nuovo patto per il clima, stilato dalla Regione Emilia-Romagna assieme a più di 50 associazioni e università regionali e la sintesi della 156esima indagine congiunturale di Federmeccanica.