Derogabilità normativa, ma anche salariale. Riccardo Giovani, responsabile delle relazioni sindacali di Confartigianato, crede che questa sia la via per aumentare la produttività del sistema, così come ha chiesto di fare il governo. A suo avviso per dare più forza al salario di produttività, quello che si stabilisce al livello aziendale, è necessario depotenziare il contratto nazionale, altrimenti non ci sono le risorse per agire. Il contratto nazionale deve restare garanzia di livelli standard normativi e salariali.
Giovani è possibile un accordo tra le parti sociali per rilanciare a produttività, così come chiede il governo?
Il tema della produttività è molto importante, ma va inserito in un quadro più ampio di quanto non abbia fatto l’esecutivo. Le microimprese soffrono di alcune diseconomie esistenti, il peso della burocrazia, dal quale non sanno difendersi, il gap infrastrutturale, il mancato accesso al credito, il costo dell’energia.
Ma le parti sociali sono competenti per la parte che attiene al lavoro.
Certo, e noi abbiamo le carte in regola, abbiamo affrontato questo tema con serietà e attenzione fin da quando abbiamo firmato l’accordo sugli assetti contrattuali del 2004, quello che ha sancito il decentramento contrattuale. Da allora il vero recupero della produttività, e la conseguente distribuzione delle risorse liberate, avvengono al livello aziendale o territoriale. Quella è la prima sfida, il decentramento contrattuale.
Quindi siete già avanti?
Sì, ma perché questo decentramento funzioni è necessario alleggerire il primo livello contrattuale, altrimenti è inutile pensare di valorizzare il secondo livello, quello decentrato, non hai le risorse sufficienti. Per questo noi pensiamo che sia necessario pensare a una sorta di derogabilità, non solo normativa, ma anche salariale.
Nel senso di mettersi d’accordo per pagare di meno i lavoratori?
Noi vogliamo dare più salario al secondo livello, ma per farlo occorre dare meno al primo livello, con il contratto nazionale. Il secondo livello deve essere sostitutivo, non aggiuntivo.
Ma ci sono le condizioni per operare questo cambiamento?
Se vogliamo aumentare la produttività per noi questa è la strada da seguire, lasciando il contratto nazionale come un livello di garanzia degli standard minimi, normativi e salariali.
Con meno diritti e meno salario c’è più produttività?
Nessuno pensa di ridurre i diritti o il salario, ma di modularli in maniera differente a seconda delle esigenze e delle condizioni delle imprese. Può esserci anche un aumento dei diritti, per esempio con il welfare contrattuale, campo nel quale stiamo facendo molto. E può esserci anche un aumento del salario, dove c’è un contesto favorevole.
Ma così non si rischia di perdere coesione sociale?
La coesione sociale per noi è molto importante. Non è un caso se non abbiamo mai sottoscritto un contratto separato, perché abbiamo sempre prestato la massima attenzione a non dimenticare le esigenze di tutti. Agiamo in modo pragmatico, senza far torto a nessuno.
I sindacati possono accettare questa vostra richiesta di una derogabilità salariale?
Hanno accettato con gli accordi del 2004 e del 2008 di dare più spazio al secondo livello contrattuale. E noi abbiamo sviluppato un sistema molto forte di bilateralità, importante per i lavoratori. Adesso va fatto il passo decisivo, perché con risorse limitate non puoi sviluppare il secondo livello e mantenere integro il primo. E c’è anche bisogno di una riduzione del costo del lavoro, che è altissimo. Si deve fare una detassazione del salario di produttività. Del resto, lo stato sociale diminuisce e si chiede alle parti sociali di fare più cose, ma allora serve un trattamento fiscale e contributivo di vantaggio.
Monti ha parlato più volte dell’accordo del giugno 2011 perché sia la base del negoziato. Ma quell’intesa fu sottoscritta solo da Confindustria.
Certo, fu fatta per rispondere a precise esigenze di Confindustria. Non vedo come possa essere presa come modello per altri settori.
Sorge un dubbio. Il mezzo migliore per accrescere la produttività, più che un accordo interconfederale, non è il rinnovo dei contratti nazionali, che stanno scadendo tutti proprio in questi mesi?
Quello sarebbe lo strumento migliore, senza dubbio. E’ con i contratti che si può agire sulla produttività.
Massimo Mascini