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Home - Approfondimenti - Interviste - Pirani: con Conte l’Italia era bloccata, ma ora con Draghi si può ripartire

Pirani: con Conte l’Italia era bloccata, ma ora con Draghi si può ripartire

di Nunzia Penelope
9 Febbraio 2021
in Interviste
Morti sul lavoro

di Emanuele Ghiani https://twitter.com/GhianiEmanuele

“Inutile girarci attorno: col governo Conte eravamo bloccati,  fermi, non si muoveva nulla. Rischiavamo di essere spazzati via dalle catene del valore internazionali. Ora, con Draghi, abbiamo una speranza di ripresa”. Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec, la federazione che riunisce le categorie dell’industria, trova molto positiva la rivoluzione politica in atto nel paese, innescata dal cambio della guardia tra Conte e Draghi. Sa bene che nel sindacato il nome dell’attuale premie incaricato resta ancora legato, dopo un decennio, alla famigerata lettera della Bce, quella che nel settembre 2011 indicò la ricetta per uscire dalla crisi imponendo una serie di riforme durissime. E aprì la strada all’uscita di Berlusconi e all’arrivo di Mario Monti. Il sindacato, all’epoca, in nome del bene supremo del paese, ingoiò i rospi prescritti dalla Bce, a partire dalla riforma Fornero. Ma non ha mai dimenticato.

Oggi però è diverso, spiega Pirani: “Oggi la missione di Draghi non sarà quella di tagliare, ma di spendere, e di spendere creando valore. E’ l’uomo della lettera del 2011, ma è anche l’uomo del wathever it takes, l’uomo che ha stampato moneta all’infinito per salvare l’economia europea”.

Adesso Draghi dovrà salvare l’economia italiana. Missione complicata?

Se non ci riesce lui, non so chi potrebbe. Ma la sua mission non è solo salvare l’economia italiana: la partita è molto più ampia.

Cioè?

L’Italia è un tassello fondamentale dell’Europa, ed è tutta l’Europa che rischia di rimanere schiacciata nella tenaglia tra Usa e Cina. Forse l’avvento così improvviso di Draghi, la decisione inattesa di Mattarella, si deve a questo: alla consapevolezza  diffusa, anche oltreconfine, in Ue come in Usa, che non ci si poteva permettere una catastrofe europea causata dall’Italia.

Addirittura? Rischiamo di innescare una sorta di reazione a catena?

Se l’Italia non si riprende, se non ricomincia a crescere, si tira dietro inevitabilmente altri paesi. Non dimentichiamo che le nostre imprese sono inserite nelle catene di valore europee. Rimetterle in movimento è una priorità, proprio come i vaccini.

A proposito dei vaccini: tutta l’Europa, tranne la Gran Bretagna, sembra aver toppato di brutto. Non solo l’Italia. Ha una spiegazione?

No, ma so cosa avremmo forse potuto tentare: l’industria farmaceutica italiana è la numero uno in Europa, forse si poteva verificare l’opzione di riconvertire parte dei nostri stabilimenti farmaceutici in produzione di vaccini già testati.  Perché mai impegnarsi sulla produzione di un vaccino italiano, come Reithera, e non fare invece, in sostanza, i ‘contoterzistì dei vari Pfizer o altro?

Già, perché no?

Perchè la riconversione avrebbe avuto un costo. Le nostre aziende farmaceutiche attualmente sono impegnate nella produzione di nuovi farmaci ad alto valore, cambiare la produzione avrebbe dovuto essere compensata. Ma forse si poteva prendere il famoso Mes, e destinarlo a questo. Non so se sarebbe stato possibile, ma non si è nemmeno tentato.

Tornando a Draghi. Il blocco dei licenziamenti è la scadenza più incombente e grave: cosa pensate che farà? Vi aspettate una nuova proroga?

Certamente noi non possiamo che chiedere la proroga, stante la situazione attuale. In prospettiva, se l’economia riparte, e se riusciremo a fare una riforma degli ammortizzatori sociali seria, il quadro sarà diverso.

Lei è stato tra i primi a invocare il ritorno a un “metodo Ciampi”, alla concertazione tra governo e parti sociali. Pensa che sia davvero una cosa possibile?

Penso che sarebbe la soluzione migliore per il paese.

Ma tutti i sindacati lo accetterebbero? La Cisl lo vuole fortemente, ma la Cgil non sembra propensa a fare grandi patti sociali con Draghi, come peraltro non era disposta a fare nemmeno con  Conte. 

Io credo che tutti gli ideologismi saranno presto messi da parte. Le cose necessarie al paese le sappiamo tutti: manca un piano energetico, manca un piano per i giovani, manca un piano per l’industria, manca una soluzione per uscire da quota 100, e sopratutto manca un progetto serio per il Recovery Fund. Per definire tutto questo, serve la concertazione. Se si tornerà a quel metodo, ci sarà da ricevere, e forse ci sarà da dare. Ma il sindacato è quel soggetto che a suo tempo, per il bene del paese, accettò Mario Monti. Come vuole che oggi non accetti Mario Draghi?

Nunzia Penelope

Nunzia Penelope

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Vicedirettrice de Il Diario del lavoro

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