L’attenzione che il governo dimissionario sta riservando a imprese e famiglie è apprezzabile e per nulla scontata. È questo il commento di Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio con delega per lavoro e welfare. Oltre alle emergenze, spiega Prampolini, abbiamo presentato degli interventi di più ampio respiro che speriamo siano ripresi dal nuovo governo. Sul rinnovo del contratto, Confcommercio punta alla firma entro settembre, ma il balzo dell’inflazione, il caro energia e l’incertezza legata al conflitto ucraino impongono soluzioni innovative e un nuovo assetto contrattuale.
Prampolini ieri avete incontrato il premier Draghi. Siete soddisfatti del confronto?
Abbiamo molto apprezzato l’affermazione del governo di non essersi dimenticato dei bisogni di famiglie e imprese. L’esecutivo, se pur dimissionario, ha dimostrato una grande attenzione ai temi emergenziali che devono essere affrontati ora. È chiaro che il suo orizzonte non va oltre un mese, e quindi tutti i dossier di maggior respiro saranno gestiti dall’esecutivo che verrà fuori dal voto del 25 settembre.
Qual è il vostro giudizio sul nuovo decreto aiuti?
Molti dei contenuti del nuovo decreto aiuti da oltre 14 miliardi, illustrati dal ministro Franco, vanno incontro alle nostre richieste. Ci sarà un prolungamento del taglio delle accise sul carburante e del credito d’imposta per le aziende energivore e per quelle che più di altre stanno risentendo dell’aumento dei prezzi, anche se la soglia del 15% è, secondo noi, un pannicello caldo. Si interviene poi sugli oneri di sistema. Abbiamo poi proposto l’idea di un’iva al 5% per i beni di largo consumo. È una proposta che a Cgil, Cisl e Uil non piace molto, perché la ritengono troppo poco selettiva della platea dei beneficiari, mentre all’interno del governo non c’è una posizione univoca, con il ministro Franco non molto propenso, mentre abbiamo incontrato l’approvazione del ministro Brunetta. Secondo noi si tratta di un intervento di assoluta utilità, perché è un modo per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie.
All’incontro era presente anche il ministro del Lavoro Orlando. Quali sono le questioni messe sul tavolo?
Sul versante del lavoro, i temi esposti dal ministro Orlando sono stati sostanzialmente due, salario minimo e aumento automatico delle retribuzioni in caso di vacanza contrattuale prolungata nel tempo. Sul primo punto Confcommercio ha sempre sostenuto la priorità della contrattazione collettiva. Bisogna anche poi capire il livello sul quale si vuole definire il salario minimo. Per noi questo deve essere individuato nel Tec, ossia nel trattamento economico complessivo dei contratti collettivi maggiormente applicati, visto che questo dato lo possiamo avere grazie all’Inps, mentre ancora non c’è quello della rappresentatività. Mentre sull’aumento automatico delle retribuzioni la nostra chiusura è netta. Si tratta di una misura anacronistica, che ci riporta indietro alla scala mobile, e che non tiene conto di tutti gli aspetti contrattuali che entrano in gioco nel momento di un rinnovo.
Guardando ai prossimi mesi, quali sono i punti di intervento della vostra agenda?
Ci sono degli interventi, che richiedono dei tempi di riflessione e di confronto più ampi di quelli che questo esecutivo non può garantire, ma che auspichiamo siano ripresi dal nuovo governo. Stiamo parlando di una riforma strutturale sul versante dell’energia, del fondo centrale di garanzia, della moratoria dei prestiti alle aziende, di come gestire le crisi aziendali, a partire dalla sospensione degli ammortamenti alla riduzione del capitale per perdite. C’è poi tutta la partita legata alle politiche attive, al contrasto al dumping contrattuale, senza dimenticare il tema delle concessioni sulle aree pubbliche.
Cosa ne pensa della crisi politica che stiamo vivendo? Vi preoccupa qualche possibile esito delle urne?
Noi avremmo preferito che questa legislatura arrivasse alla sua scadenza naturale, e che ci fosse sempre Draghi al timone di comando, visto che ancora ci sono molti fronti aperti in Europa, e una figura del prestigio e del peso politico di Mario Draghi avrebbe sicuramente fatto comodo all’Italia. Detto questo siamo pronti a confrontarci con qualunque forza politica uscirà vittoriosa dalle urne, e non ci preoccupa il colore o l’orientamento politico. Sarebbe molto più grave una situazione di stallo, non netta dopo il voto, e avere settimane di incertezza come successo alle elezioni del 2018.
A che punto sono le trattative per il rinnovo del contratto?
La nostra volontà è di le fila del discorso il più rapidamente possibile nel mese di settembre. Il lavoro delle commissioni è terminato e abbiamo incontrato i sindacati lo scorso venerdì. Il fatto che il contratto sia scaduto da due anni è legato, prima di tutto, alla pandemia che ha costretto alla chiusura molte attività, e quindi non era possibile un rinnovo in pieno lockdown. Ora si è aggiunta l’incertezza, economica e sociale, innescata dalla guerra in Ucraina. Con l’inflazione fuori controllo, le aziende non possono sostenere gli aumenti retributivi calcolati in automatico sulla base dell’Ipca. Servirà uno sforzo maggiore per trovare soluzioni innovative e un nuovo assetto contrattuale che tenga conto della condizione attuale.
Tommaso Nutarelli