“Il differimento del pagamento del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) ha causato e continua a causare ai dipendenti pubblici pesanti perdite economiche, che complessivamente possono arrivare a cifre vanno dai 17 mila ai 41mila euro. Il Governo, che continua ad ignorare questa situazione e che in materia di previdenza pensa solo a misure per fare cassa, deve intervenire”. È quanto dichiarano Cgil nazionale, Fp, Flc e Spi in una nota congiunta.
L’analisi condotta dall’Ufficio previdenza della Cgil evidenzia l’impatto che il differimento del pagamento del TFS, che può arrivare in alcuni casi fino a 7 anni, ha avuto sul potere d’acquisto dei dipendenti pubblici, già fortemente compromesso dall’inflazione crescente. I lavoratori che hanno cessato nel 2022 per pensionamento anticipato (42 anni e 10 mesi, uno in meno per le donne), con una retribuzione di 30.000 euro, a fronte di un TFS nominale di 86.000 euro, subiscono una perdita complessiva di 17.958 euro. Questa perdita, spiega l’ufficio studi Cgil, è il risultato di una doppia penalizzazione: da un lato, l’inflazione ha ridotto il valore reale delle somme percepite tra la cessazione e la liquidazione del TFS; dall’altro, il mancato rendimento che questi importi avrebbero potuto generare se fossero stati investiti al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Le perdite aumentano proporzionalmente con l’aumento della retribuzione, arrivando a 25.310 euro per chi percepiva uno stipendio di 40.000 euro e a 41.290 euro per chi guadagnava 60.000 euro.
“Nonostante la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 130/23, abbia dichiarato questa prassi contraria al principio costituzionale della giusta retribuzione (art. 36 della Costituzione) – sottolineano Cgil, Fp, Flc e Spi – il Governo non ha ancora intrapreso alcuna azione concreta per porre fine a questa ingiustizia. A più di un anno dalla sentenza, nessun passo avanti è stato fatto”. Non solo: “il Piano Strutturale di Bilancio ipotizza interventi che rischiano di peggiorare significativamente le condizioni di accesso al pensionamento. Il taglio alle aliquote di rendimento dello scorso anno e la volontà di intervenire per consentire il trattenimento in servizio sono l’ennesima dimostrazione che, anziché pagare subito la liquidazione, l’Esecutivo pensa solo a misure per fare cassa”.
“La Cgil – si legge infine nella nota – ribadisce che quello dei tempi di liquidazione del TFS/TFR è un tema centrale. Per questo motivo, siamo pronti a proseguire con tutti gli strumenti a nostra disposizione, incluse le cause legali, per rivendicare i diritti del lavoro pubblico”.