La formazione al centro del mondo del lavoro dei prossimi anni. Ne è convinto Gianfranco Refosco, segretario generale della Cisl Veneto. La regione, spiega Refosco, è pronta alla ripartenza, ma dal turismo all’industria il vero problema è il mismatch tra domanda e offerta. Mancano le competenze, o quelle presenti devono essere aggiornate. Attraverso la formazione, spiega il numero uno della Cisl veneta, potremo gestire al meglio le crisi aziendali che si apriranno nel post pandemia. E sul Pnrr afferma: “per la ricostruzione sarà imprescindibile il coinvolgimento dei territori”.
Quale è la situazione lavorativa in Veneto?
La condizione è molto diversificata tra settori: alcuni sono in crescita, ad esempio l’edilizia, il settore del mobile e la metalmeccanica, viceversa il settore della moda, composto da occhialeria, calzaturifici, abbigliamento e orafo soffre in modo particolare della crisi.
Con l’estate alle porte, il turismo è pronto?
Il settore vive una fase di stasi. Per una ripresa netta dovremo aspettare una piena mobilità a livello europeo, visto che gli Stati Uniti continuano a sconsigliare ai propri cittadini di scegliere l’Italia come meta turistica. Nutriamo speranze per il mercato interno che l’anno scorso ha dato risultati inaspettatamente positivi. Dobbiamo affrontare l’allarme lanciato dai nostri albergatori sulla mancanza di alcune professionalità reperibili sul mercato. Abbiamo chiesto l’apertura di un tavolo di lavoro sul tema, perché se da un lato le imprese rischiano di non trovare lavoratori adeguatamente formati, allo stesso tempo registriamo un numero sempre più elevato di disoccupati a basse competenze esclusi dal mercato del lavoro.
La prospettiva di un prolungamento dell’anno scolastico anche nei mesi estivi potrebbe essere un freno per la stagione turistica?
Gli insegnanti hanno dato una grande prova di flessibilità, lavorando sia in presenza che in didattica a distanza facendo tutto il possibile per garantire la conclusione dei programmi scolastici. E l’approccio del ministro Bianchi sulle modalità di gestione del recupero scolastico ci sembra attento a non inficiare il periodo normalmente destinato alle vacanze. Già l’anno scorso avevamo discusso con la Regione un protocollo per l’apertura dei centri estivi proprio perché uno degli elementi di criticità che abbiamo registrato in questo periodo di pandemia è stata la conciliazione vita-lavoro. Purtroppo il carico di cura familiare nel nostro Paese è ancora in larga parte affidato alle donne e durante questo periodo abbiamo registrato un numero elevato di dimissioni di lavoratrici dovute all’impossibilità di gestire i figli piccoli a casa. Dobbiamo dunque trovare una soluzione per questi problemi ma che ci consenta anche di non penalizzare il turismo interno.
Tornando alle competenze, sarà una sfida centrale, non solo per il turismo.
Assolutamente, sia nelle imprese che nella pubblica amministrazione, per il prossimo decennio. Infatti, anche nel settore pubblico, lnel territorio veneto si registra una grave carenza di professionalità. Nella sanità mancano 11.000 professionisti tra infermieri e OSS, e nella scuola più di 6.000 insegnanti, soprattutto nella primaria e nel sostegno. Ma anche nel terziario e nell’industria la situazione non è molto diversa. E se consideriamo il numero dei pensionamenti previsti nei prossimi anni e il naturale calo demografico il problema sarà sempre più rilevante. Per questo vanno coinvolti gli istituti formativi, gli ITS e le scuole professionali, per promuovere una maggiore diffusione del contratto di apprendistato duale, che è ancora sconosciuto per molte imprese, al contrario di quello che ci saremmo aspettati.
La ripresa dell’intero paese dipende dalla rapidità della campagna vaccinale. Le aziende venete sono pronte?
Le vaccinazioni siano l’unica via per uscire dalla pandemia. Già a gennaio avevamo lanciato la campagna informativa “Vacciniamo il lavoro veneto”, per sensibilizzare i nostri iscritti e incoraggiarli alla vaccinazione. Inoltre è stato istituito un tavolo tecnico in Regione composto dalle istituzioni, dalle associazioni sindacali e da quelle datoriali per la definizione di un protocollo operativo per le vaccinazioni nelle aziende. Appena avremo un sufficiente numero di vaccini, partiremo con le vaccinazioni in tutte le imprese. Il nostro obiettivo è vaccinare ovunque, non solo nell’industria, ma anche nel terziario e nelle realtà artigiane piccole e piccolissime che sono molto diffuse nel nostro territorio.
La sicurezza sul lavoro è un tema tristemente tornato alla cronaca. Avete chiesto al presidente Zaia di convocare i firmatari del Piano Strategico Regionale 2018 -2020. Quali sono le vostre richieste?
Il Protocollo sottoscritto nel 2018 con Inail, Inps, Ispettorato Interregionale del Lavoro e le associazioni datoriali è stato un accordo molto importante, arrivato a seguito della mobilitazione unitaria regionale di Cgil, Cisl e Uil. Nel 2020 non c’è stata una piena implementazione del piano, poiché la prevenzione si è dovuta necessariamente spostare sul tema del Covid19. Le novità che vogliamo introdurre nel prossimo piano sono di vario tipo. Chiediamo il rafforzamento dell’organico SPISAL – Servizio prevenzione igiene sicurezza ambienti di lavoro – per due motivi: curare le ispezioni e, in secondo luogo, svolgere un ruolo di accompagnamento, quasi di consulenza, per le imprese verso un miglioramento continuo sul tema della sicurezza. Questo doppio ruolo è stato svolto egregiamente fino ad ora, ma l’organico Spisal è insufficiente e deve essere ampliato. Chiediamo, poi, anche il potenziamento della formazione dei lavoratori: per incrementare la sicurezza sui luoghi di lavoro è necessario che tutti siano adeguatamente informati e formati. Non è accettabile che i lavoratori continuino a morire con le stesse tipologie di incidenti che avvenivano dieci anni fa. Infine serve rafforzare i tavoli di monitoraggio di settore.
Nel 2026 il Veneto, assieme alla Lombardia, ospiterà le Olimpiadi invernali. Quale sarà il ruolo del sindacato?
Abbiamo appoggiato fin da subito la candidatura di Cortina, ampliata poi ad un territorio più ampio dopo l’accordo con Milano, perché la riteniamo una grande occasione di sviluppo e promozione. Sicuramente la zona del bellunese ha bisogno di una particolare attenzione: porta ancora le cicatrici della tempesta Vaia di due anni e mezzo fa e, come tutti i territori montani, soffre lo spopolamento. Sarà l’occasione per rilanciare quel territorio e tutta la regione. Per questo ci aspettiamo un forte coinvolgimento dalle istituzioni sia per quanto riguarda gli interventi infrastrutturali sulla viabilità che per il profilo gestionale degli investimenti e, per promuovere tanto lavoro di qualità metteremo in campo tutti gli strumenti contrattuali a nostra disposizione.
Quale è lo stato di salute delle relazioni industriali in Veneto?
Nella nostra regione ci sono delle buone pratiche di contrattazione aziendale. Per quanto riguarda il comparto industriale, il 2020 ci ha visto concentrati sul tema della gestione della pandemia e quindi sulle condizioni di sicurezza e gli accessi ai luoghi di lavoro. Per il futuro ci aspettiamo di essere coinvolti in tanti tavoli di contrattazione difensiva legata alle crisi aziendali e per questo motivo abbiamo avviato percorsi formativi per i nostri sindacalisti sugli aspetti della riorganizzazione del lavoro e sulla gestione degli ammortizzatori sociali e, soprattutto, delle politiche attive del lavoro. Con il settore artigiano, dove c’è una trentennale esperienza di contrattazione territoriale di eccellenza, abbiamo messo in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione ottenendo ottimi risultati. A maggio del 2020 sono state stanziate tutte le risorse bilaterali disponibili per aiutare le imprese ad acquistare i DPI e i sistemi di sanificazione del posto di lavoro, sono stati erogati sussidi per i lavoratori (ad esempio per fruire di permessi per la gestione dei figli). Riteniamo anche importante quanto sta avvenendo negli ultimi mesi, quando, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, abbiamo siglato numerosi accordi aziendali per l’utilizzo del fondo nuove competenze. E questo significa aver fatto un importante investimento sul capitale umano delle imprese.
La Cisl ha chiesto a più riprese un Patto Sociale nazionale. Perché questo patto non si è ancora concretizzato?
Con il PNRR vediamo l’opportunità di affrontare i nodi irrisolti del nostro Paese, come la bassa produttività, il tasso di crescita inferiore rispetto a quello degli altri paesi europei e la mancanza cronica di investimenti. Le risorse europee non possono essere disperse e l’unica via percorribile è una forte partecipazione di tutte le parti coinvolte: lo Stato, i sindacati, le parti datoriali e l’associazionismo sociale. Solo così il Paese può ripartire, andando tutti nella stessa direzione. E oltre al coinvolgimento delle parti sociali riteniamo strategico anche un vero coinvolgimento dei territori, per produrre un vero cambiamento dal basso
Cosa pensa dell’attuale governo?
Con questo Governo il sindacato confederale sta discutendo molte questioni, dalla riforma della pubblica amministrazione alla riforma degli ammortizzatori sociali alle politiche attive per il lavoro, dagli interventi sociali all’istruzione. Sul Next Generation, il Governo, anche a causa dei tempi contingentati per la presentazione del PNRR alla Commissione Europea, ha svolto incontri meramente informativi con sindacati. Adesso però serve un salto di qualità. Il Governo deve coinvolgere il sindacato, come le altre parti sociali, nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Valuteremo il Governo Draghi sulla base del risultato concreto dei confronti in atto.
Eleonora Terrosi