I “rider ribelli” continuano a protestare. Con un comunicato l’Associazione Nazionale Autonoma Riders ha denunciato le falsità che ancora continuano a circolare su come effettivamente si svolga il lavoro dei ciclofattorini, in aperta polemica con la trasmissione di Rai Tre Report, che lunedi ha dedicato ai riders una puntata. Al Diario del lavoro Nicolò Montesi, portavoce dei “rider ribelli”, spiega nel dettaglio quali sono le principali ”balle” che riguardano il suo lavoro.
Montesi, si continua a sostenere che le piattaforme adottino un comportamento punitivo verso i rider che rifiutano le consegne, penalizzandoli nel punteggio. È vero?
Se rifiuti un ordine non succede assolutamente nulla. La storia della penalità è assolutamente falsa. In ogni piattaforma questo meccanismo funziona diversamente. Con Deliveroo si possono rifiutare quanti ordini si vuole, la app di Glovo ti consente di non accettarli massimo quattro attraverso il pulsante, ma se poi si entra nella chat privata si può continuare benissimo declinare la corsa. Tutto questo senza nessuna penalizzazione.
Non scatta dunque una penalità per chi interrompe momentaneamente, per periodi anche lunghi, il proprio rapporto con la piattaforma?
Non succede nulla. Il punteggio che un rider ha accumulato viene congelato, ma rimane sempre lo stesso, senza ripercussioni sul proprio ranking.
C’è poi il tema della geolocalizzazione che, sostengono alcuni rider, sarebbe costante da parte delle piattaforme, anche quando non si lavora.
Anche questo è un falso problema, creato solamente per fare polemica. È ovvio che queste app funzionino attraverso la geolocalizzazione, è indispensabile per il nostro lavoro. Poi quando uno non lavora, perché è in vacanza, basta che tolga la geolocalizzazione dalla app, e il gioco è fatto.
Per molti è in ballo la privacy del rider.
Non prendiamoci in giro. Chiunque possegga una smartphone è geolocalizzato. Instagram e Facebook la usano. Se è per questo siamo costantemente geolocalizzati. Se uno non vuole farsi più rintracciare compra un vecchio Nokia 3310 e se ne sta tranquillo.
Presumo che molti vi accusano di essere troppo vicini alle piattaforme.
Si è un’accusa che ci viene mossa costantemente, come quella di essere un sindacato giallo. È fuor di dubbio che le nostre posizioni sono molto vicine a quelle delle piattaforme, ma questo non vuol dire che siamo manovrati da loro. Vogliamo difendere solo il nostro lavoro. Questo non vuol dire che non ci sono aspetti da migliorare. E’ una cosa che abbiamo sempre sostenuto.
Avete avuto mai modo di confrontarvi con le altre sigle dei rider?
No, non abbiamo avuto modo perché non hanno mai accettato il dialogo con noi. Ma questo è avvenuto anche con la politica.
In che occasione?
C’è stato un primo incontro in Senato a inizio ottobre, al quale eravamo presenti sia noi, che la Union Rider di Bologna e altre persone vicine al sindacato. Al secondo incontro noi siamo stato esclusi.
Dunque la nascita dell’Associazione Nazionale Autonoma Riders è stata dettata anche dai fatti che si stavano verificando?
Certamente. Non vogliamo che alcune persone, che non rappresentano il vero mondo dei rider, riscrivano le regole del nostro lavoro. Nella nostra petizione ci sono nomi e cognomi veri, anche se molti non lo credono. Ci piacerebbe invece capire quali sono i numeri delle altre associazioni, che credono di poter parlare per tutti.
Quali saranno i vostri prossimi passi?
Far riconoscere legalmente la nostra Associazione, aumentarne le fila, ma prima di tutto continuare a portare avanti quelle che sono le nostre posizioni.
Tommaso Nutarelli