Sì al salario minimo, ma che sia collegato ai contratti. È la posizione del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, sul salario minimo e ribadita in un’intervista pubblicata oggi su Qn. “La via è quella dell’estensione, settore per settore, dei trattamenti economici complessivi dei contratti collettivi di lavoro maggiormente diffusi, che sono quelli confederali e che si attestano mediamente ben al di sopra dei 9 euro”, aggiunge Sbarra spiegando che in questo modo “non solo garantiremmo una retribuzione oraria dignitosa a tutti i lavoratori, ma anche tutele e maggiorazioni, garanzie che solo un contratto può assicurare: dalle tredicesime alle maggiorazioni, dalla sanità alla pensione integrativa, buoni pasto, ferie, Tfr, straordinari, lavoro notturno. Un buon contratto è sempre meglio di una cifra fissata dalla legge”.
Per il segretario della Cisl il rischio di una quota minima fissata per legge comporterebbe l’uscita di molte aziende dai perimetri dei contratti nazionali, una compressione delle fasce medie dei redditi e l’incremento del lavoro nero nelle fasce del lavoro debole. “Bisogna, invece, salvaguardare la contrattazione collettiva che è lo strumento per tutelare tutti i lavoratori”, ha aggiunto. Per uscire dal muro contro muro Sbarra propone “una norma “leggera” che indichi il riferimento dei contratti prevalenti, che sono quelli confederali, e dia valore universale, settore per settore, a quei contenuti. Non serve una legge sulla rappresentanza, che rischia di essere un cavallo di Troia per imbrigliare le parti sociali e sottrarre libertà e adattività alla contrattazione. Si prendano invece i dati già in possesso di Inps e Cnel, eventualmente si obblighi le aziende a pubblicare sulla busta paga il codice del contratto applicato: per fare una mappatura completa serve veramente poco”.
e.m.