Il tempo del salario minimo è arrivato e mai come adesso il momento è propizio per portare avanti una discussione seria e concreta sulla sua applicazione. Parola di Pasquale Tridico, economista dell’Università degli Studi Roma Tre ed ex presidente dell’Inps fino allo scorso 15 giugno, che dalle colonne del quotidiano La Stampa passa in disamina tutte le motivazioni per cui non è più tempo di indugiare su una misura che risanerebbe tanti mali strutturali del mercato del lavoro e non solo. L’inflazione che scende troppo lentamente e la pandemia che ha allargato i divari tra la popolazione sono solo la superficie da grattare per scoprire le reali motivazioni che spingono ad affrontare con urgenza l’annosa “questione salariale”.
A partire dal nodo contrattazione, che Tridico definisce indebolita nella sua funzione anticoncorrenziale: “Troppo spesso oggi assistiamo a una sorta di bazar dei contratti”, arguisce Tridico sottolineando che in Italia ce ne sono di 1.011 tipi, “scatenando un duping salariale, una corsa al ribasso dei compensi della parte più debole del lavoro”. E no, il salario minimo non contribuirebbe a segnare la fine della contrattazione come sostengono molti imprenditori; anzi, laddove è presente “ha continuato a essere forte e i salari tendono ad aumentare”. Come in Germania, dove dalla soglia dei 9 euro fissata nel 2015, il cancelliere Olaf Scholz sta pensando di innalzarlo a 14 euro per arginare il peso dell’inflazione. “Dove i contratti sono buoni è perché esiste una contrattazione che funziona e i sindacati hanno piena rappresentatività”, come nel settore metalmeccanico, sottolinea ancora Tridico.
Ma non solo: il salario minimo, congiuntamente a una legge sulla rappresentanza, permetterebbe anche di perseguire la lotta ai contratti pirata, perché “se non si può scendere sotto i 9 euro il loro obiettivo è perso in partenza”. Tuttavia non sono solo i contratti pirata a danneggiare il mercato del lavoro e i lavoratori stessi: “Penso alla logistica, al turismo, alla ristorazione – sottolinea Tridico-. A mala pena nel contratto si arriva all’equivalente del salario minimo, figuriamoci se possono trovare spazio voci aggiuntive migliorative”. C’è poi il mondo dei nuovi settori dell’economia e del lavoro, poco sindacalizzati e spesso appannaggio di lavoratori in maggioranza stranieri che, sotto accetterebbero qualunque paga pur di lavorare. Una sorta di ricatto salariale che con il salario minimo verrebbe meno.
Altra questione è l’abrogazione del reddito di cittadinanza, che già di per sé “aveva evidenziato che esiste una questione salariale: ricorda quanti hanno rinunciato al lavoro perché la paga era più bassa del sussidio?”. Apparentemente una domanda retorica, quella di Tridico, che però mette in luce come il Rdc abbia funzionato da “salario di riserva: la soglia psicologica sotto cui non si può andare”. Con il salario minimo “succede qualcosa di diverso. Equivale a dire a bagnini, camerieri, operatori di sevizi sanitari, vigilantes che i salari sono cresciuti. Così si agevola l’incontro tra domanda e offerta, e si dà un colpo di acceleratori all’occupazione”.
Una riforma, quella del salario minimo, che permetterebbe quindi l’assottigliamento delle disuguaglianze e che per lo Stato “non rappresenta neppure un costo”. Anzi, aggiunge Tridico, comportando maggiore gettito e minori sussidi, varrebbe un vantaggio di 1,5 miliardi l’anno con ripercussioni anche sulle pensioni. Da una simulazione condotta quando Tridico era in capo all’Inps è risultato che con un salario minimo da 9 euro all’ora le pensioni aumenterebbero del 10%, comportando maggiori vantaggi per le donne e per i lavoratori nati dopo il 1980. “I dati ci dicono che sotto i 9 euro sono per il 38% degli under 35 e il 16% tra quelli più anziani. Tra le donne il lavoro povero è al 26%, contro il 21% degli uomini”.
Infine, Tridico decostruisce la “vittoria” del governo Meloni sulla crescita dell’occupazione: “In termini percentuali abbiamo una crescita, ma è solo un effetto ottico e statistico. La verità che in molti settori in questi anni sono saliti i prezzi, i salari no. E di conseguenza nemmeno l’occupazione. Abbiamo l’occasione, almeno in parte, di recuperare”.
e.m.