Confindustria “chiede ai sindacati di affrontare in modo chiaro la questione della esigibilità degli accordi e delle regole, per garantirne il rispetto” perché “non è sufficiente firmare accordi ma occorre anche rispettarli”. Lo ha dichiarato il presidente Giorgio Squinzi, nel corso del suo intervento al QuattroruoteDay.
“Noi e i sindacati spesso rivendichiamo una piena autonomia. Rivendichiamo cioè il diritto di darci delle regole in autonomia appunto e, per questo motivo, guardiamo con sfavore ogni tentativo del legislatore di scrivere regole al posto nostro – ha spiegato Squinzi – Ma per rivendicare una piena autonomia non basta darsi delle regole, non è sufficiente firmare accordi. Occorre anche rispettarli e farli rispettare”.
Inoltre, Suqinzi si è espresso sulla soluzione adottata nella legge di stabilità sul credito di imposta per gli investimenti in ricerca e innovazione, dichiarando che “non ci soddisfa e torneremo presto a sollevare il tema. Favorire gli investimenti privati in ricerca e innovazione è la chiave strategica per rilanciare il Paese, ha detto Squinzi, la richiesta di Confindustria era di ripristinare e rendere strutturale un credito di imposta per gli investimenti in ricerca e innovazione realizzati dalle imprese, sia in house sia in collaborazione con il sistema pubblico di ricerca e altri organismi che insieme andremo ad individuare”.
Sul fronte del settore auto, per il presidente di Confindustria è “urgente un piano industriale per il rilancio del settore, che superi gli strumenti di stimolo della domanda utilizzati negli anni scorsi. Questi interventi hanno certamente avuto il merito di sostenere la produzione, ma non hanno però risolto le criticità del settore e soprattutto non hanno affrontato i temi fondamentali per il suo rilancio strutturale”, ha spiegato Squinzi, secondo cui un “serio” piano industriale deve affrontare innanzitutto il nodo della ricerca e dell’innovazione.
“Se viene a mancare una solida base produttiva di autovetture in Italia, anche l’indotto è destinato a ridimensionarsi – ha osservato il presidente di Confindustria – Così come diventa a rischio la permanenza nel mercato italiano delle multinazionali estere, che attualmente impiegano circa 65.000 addetti”.