La firma dell’accordo tra le aziende aeronautiche di Finmeccanica, Alenia Aeronautica e Alenia Aermacchi, e i sindacati del settore metalmeccanico comporterà 500 nuove assunzioni e la stabilizzazione di 400 dipendenti oggi a tempo determinato, a fronte di 747 esuberi. Sono previsti 3 miliardi di investimenti in 10 anni. Il diario del lavoro ha chiesto a Nicola Montanari e Guido Mulè, i due capi del personale di Alenia, di chiarire l’importanza di questo accordo per il futuro dell’azienda.
Montanari, Mulè, è un accordo importante che riesce effettivamente a rilanciare la produzione?
Sì lo è, soprattutto se si considera il contesto in cui è stato siglato. A livello mondiale infatti c’è stato un cambiamento dell’assetto dei produttori sul mercato. Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati dall’ingresso rapido di produzioni prima assenti, soprattutto di origine asiatica (Cina, India e altri paesi), che hanno introdotto sul mercato tecnologie complesse e incrementato la competizione. L’intesa mira proprio a un riposizionamento del settore aereonautico italiano sul mercato internazionale per far fronte alla rapida crescita dei paesi asiatici che fortunatamente non hanno raggiunto i livelli europei sul piano della tecnologia.
E per fare questo investire è una scelta obbligata.
Certo. Mentre molte aziende del panorama nazionale scelgono di ridurre i costi, noi invece non procediamo con chiusura e dismissioni ma investiamo, riposizionando industrialmente l’azienda, crescendo e stabilizzando l’occupazione, facendo nuove assunzioni, progettando nuovi prodotti. Il riassetto è passato anche sul piano della ripartizione della produzione tra i vari siti e sui trasferimenti. Inoltre abbiamo razionalizzato le forniture per ridurre i costi.
Avete stanziato 3 miliardi di euro. Come intendete utilizzarli?
Il piano d’investimenti prevede un miliardo per il settore della difesa e i restanti due per il settore civile. In particolare gli investimenti saranno in Puglia, a Foggia e Grottaglie, e in Campania.
Questo contribuirà anche a sostenere l’occupazione.
Sono previsti però 747 esuberi.
Sì, ma sono soprattutto esuberi di accompagnamento alla pensione. Poi la novità è che verranno stabilizzati i contratti in somministrazione e che è previsto un piano assunzioni fino a un massimo di 500 dipendenti, di cui 300 entro il prossimo anno. Il rilancio della produzione sarà possibile attraverso nuovi programmi e nuovi prodotti.
C’è stato un aiuto da parte del governo?
Minimo, la maggior parte degli investimenti, circa 2 miliardi e mezzo, infatti, è a carico dell’azienda e di Finmeccanica. Sarebbero invece necessari maggiori investimenti in ricerca e sviluppo per salvaguardare il valore strategico del settore che conta circa 25 mila dipendenti calcolando anche l’indotto, 30 mila se si prende in considerazione anche la produzione di elicotteri.
E’ stata una trattativa difficile?
Ci sono stati momenti di rottura, come però avviene in tutte le trattative, ma poi siamo riusciti a raggiungere una soluzione condivisa. La complessità del piano è evidente e andava sviscerata in tutte le sue componenti.
Siete soddisfatti?
È un buon accordo, siglato con tutti i sindacati.
Che impegno avete chiesto al sindacato?
Una maggiore condivisione per recuperare efficienza e produttività. Questo accordo completa un percorso già iniziato l’anno scorso. I sindacati hanno preso atto di questo cambiamento che c’è stato a livello internazionale e si sono mostrati disposti a parlare, confrontarsi, discutere, affrontare insieme la questione della flessibilità. L’obiettivo comune deve essere sempre il bene e il futuro dell’azienda, dell’occupazione e della redditività, altrimenti si è destinati a morire. Questo ordine di idee sta entrando gradualmente nei valori comuni non solo manageriali ma anche sindacali.
Francesca Romana Nesci