Estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori dipendenti (circa 12 milioni) del settore privato, ma finanziati interamente dai contributi sociali a carico di imprese e lavoratori, senza il contributo dello Stato. E’ questo l’obiettivo dell’esecutivo, emerso ieri nel corso dell’incontro con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro, che ha scatenato il disappunto di imprese e sindacati che giudicano “irrealistica e insostenibile” tale proposta, a fronte del fatto che negli ultimi quattro anni dal bilancio pubblico sono usciti 30 miliardi di euro per pagare cassa integrazione, indennità di mobilità, disoccupazione e ammortizzatori in deroga.
Per la riforma degli ammortizzatori sociali ci sarà una transizione di 5 anni e i nuovi ammortizzatori entreranno in vigore nel 2017.
Ma sindacati e imprese sono molto determinati a capire quante risorse il governo ha intenzione di mettere in campo e ritengono impossibile raggiungere un accordo senza sufficienti fondi per finanziare la riforma.
“Finché non ci dicono quante risorse ci sono è impossibile andare avanti”, ha detto Camusso. “Dire che rimarranno invariate vuol dire ridurre le tutele e questo non va bene”.
Una critica condivisa anche dalla Uil: “Senza risorse vuol dire che il sistema si reggerà solo sui contributi di imprese e lavoratori e questo non è possibile, non è cosi neanche negli Stati Uniti, ha detto Angeletti, precisando come “non ci siano obiettivi diversi tra noi, le imprese e il governo ma la questione fondamentale restano le risorse”. “Non si può partire dallo schema questi sono i soldi e spartiteveli. Se è così noi questo accordo non lo possiamo fare”.
Una questione posta con determinazione anche dalla Cisl. “Ci si deve dire quali requisiti devono avere coloro che utilizzeranno questa tutela, quanto denaro prenderanno e per quanto tempo”, ha chiesto Bonanni, che lega la riforma degli ammortizzatori indissolubilmente alla lotta contro la flessibilità malata.
Critiche anche dall’Ugl. “È una riforma fredda, fuori dal contesto sociale e non è ancora chiaro cosa il governo intende fare. La proposta così com’è può creare gravi disagi. Servono risposte precise sulle risorse”, avverte il leader Giovanni Centrella.
La Confindustria e Rete Imprese Italia (artigiani e commercianti), che in questi giorni si sono divisi sulle proposte da presentare al governo, ieri si sono ritrovate unite nel chiedere al ministro chi debba pagare i costi di questo sistema universale di ammortizzatori, ribadendo che non sono immaginabili ulteriori aggravi contributivi sulle aziende, le grandi come le piccole.
Il prossimo incontro è previsto giovedì 1° marzo e si continuerà a parlare di ammortizzatori e non di flessibilità in uscita come ipotizzato nei giorni scorsi. (FRN)