Antonio Di Franco è il nuovo segretario generale della Fillea Cgil. E’ stato eletto con 139 consensi pari al 98,56% dei votanti, al termine dell’assemblea della federazione degli edili Cgil, che si è tenuta questa mattina al centro Congressi Frentani di Roma, alla presenza del segretario generale nazionale della Cgil Maurizio Landini. Di Franco prende il posto di Alessandro Genovesi, alla guida della categoria negli ultimi 8 anni, che andrà a ricoprire un incarico di rilievo nella Cgil nazionale.
In particolare, Antonio Di Franco, classe 1978, è nato a Cassano All’Ionio, si è laureato in Giurisprudenza alla Università Federico II di Napoli con una tesi in diritto sindacale. Inizia il suo percorso tra le fila della Cgil nell’ufficio immigrazione e vertenze della Camera del Lavoro di Napoli. Dal 2007 in poi ha seguito i cantieri: Metanodotti, Diga dell’Esaro, la Salerno-Reggio Calabria, 106 Jonica e diverse vertenze tra cui quella di Italcementi. E’ stato presidente del comitato consultivo dell’Inail Cosenza e poi vicepresidente della Cnce, del Sanedil e Formedil. Dal 2016 fino ad oggi è stato segretario nazionale con delega alla contrattazione del dipartimento Edilizia e Infrastrutture nella Fillea, il primo sindacato italiano delle costruzioni.
“Ambiente costruito e infrastrutture sostenibili. Direttiva case green, Pnrr sono e saranno gli assi portanti di tutta la nostra filiera. Il Governo convochi le parti sociali e si confronti sul piano che deve predisporre entro il 2026. La smetta con il vittimismo dei bonus edili, una misura gestita male da tutte le forze politiche. Lo spirito dell’incentivo deve andare nella direzione di una politica industriale. Un piano di efficientamento del nostro patrimonio edilizio è urgente e prioritario. Serve un progetto di lungo periodo con regole certe, sostenuto dalle tante risorse pubbliche che la programmazione Europea mette a disposizione”. Questi alcuni punti cardine, esposti questa mattina nella proposta dal neo eletto segretario generale della Fillea Cgil Antonio Di Franco.
“I lavoratori, i pensionati, le fasce con redditi bassi e gli incapienti sono la priorità. Per loro lo Stato si deve far carico della spesa, non ci sono altre alternative”, afferma Di Franco durante l’assemblea. E ancora, “La direttiva case green è un pezzo strategico della politica industriale del nostro Paese, che non riguarda solo le costruzioni. Gli effetti impattano su una parte importante del manufatturiero italiano. Le tante risorse pubbliche fin qui spese vanno redistribuite a partire dal rinnovo del Ccnl dell’edilizia. I salari vanno sostenuti recuperando l’inflazione con aumenti sui minimi. Le imprese sono riuscite a mantenere i propri margini trasferendo i maggiori costi sui prezzi finali. I lavoratori invece sono in difficoltà e va data una risposta importante così come da noi richiesto. Abbiamo le nostre proposte che non possono prescindere dal sostegno della finanza pubblica ai lavoratori e ai pensionati incapienti con redditi bassi. Le costruzioni realizzano i prodotti dove abitiamo nel senso di abitare il mondo. La necessità della transizione ecologica e digitale nel nostro Paese investe pienamente il settore e pone sfide complesse per lo sviluppo dell’ambiente costruito”.
Un settore che ha ricoperto un ruolo centrale nella trasformazione della manodopera da agricola ad industriale, nell’ emigrazione interna ed extracomunitaria, caratterizzato da lavoro nero e pesanti tassi di infortunio, da discontinuità dei cantieri e irregolarità negli appalti, che oggi ha la possibilità di vivere da protagonista l’urbanizzazione e l’infrastrutturazione del territorio. “Non siamo più il sindacato di un settore che consuma in maniera espansiva suolo o che punta alla frenetica costruzione di nuove case – spiega Di Franco- secondo i dati ISPRA, nel primo decennio del 2000 il consumo di suolo era di 210 Km2 l’anno, nel secondo decennio si è passati a 60 km2 di cui solo il 16% da ricondurre a nuove abitazioni. L’Istituto di ricerca più autorevole in materia, il Cresme, ci dice che oggi il settore costituisce il 25,4% del Pil, vale a dire un quarto dell’economia italiana. Votare contro la direttiva case green, negare gli effetti del mutamento climatico, continuare a dire che l’efficientamento energetico è una ‘roba da ricchi’, significa non avere una idea di futuro, non cogliere la portata industriale della sfida, non ascoltare il disagio di chi vive nelle periferie, nelle aree interne abbandonate e spopolate, di chi non ha una casa, di chi non può ristrutturarla o comprarla. E ancora significa negare la realtà delle fasce più fragili e degli anziani che sono costretti soprattutto d’estate, per effetto dell’innalzamento delle temperature, a vivere in termosifoni di cemento letali, che annullano anche la socialità dei palazzi e dei quartieri, spesso l’unica risorsa contro la solitudine. Le risorse pubbliche ci sono: 24 miliardi di euro dal Pnrr, 86 miliardi di euro dal Fondo Sociale Europeo per il clima, 330 miliardi di euro (programmazione 2021‐2027) del Fondo Sviluppo e Coesione, 43 miliardi di euro dal Fondo Transizione Giusta”. Al centro della relazione programmatica presentata durante l’assemblea generale dei delegati il tema della
“Gli eventi di cronaca degli ultimi tempi – afferma – ci consegnano un grave problema di governance delle grandi reti infrastrutturali, sia in termini sicurezza dei lavoratori che operano nelle manutenzioni, che in termini di funzionalità dell’esercizio. Quando la più grande stazione appaltante, perde la capacità di controllare sé stessa nel groviglio delle esternalizzazioni, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte i lavoratori continuano a morire sui binari, dall’altra il Paese si ferma per un chiodo, dietro al quale si nasconde un modello organizzativo non all’altezza di programmare efficacemente tutte le fasi del ciclo vita di una infrastruttura. Siamo concentrati molto e bene sulla fase dell’esecuzione dell’opera. Anche quando facciamo contrattazione di anticipo, e ne facciamo davvero tanta specie sul Pnrr, interveniamo sempre a valle della definizione dei progetti”. Pertanto chiarisce il segretario, “Bisogna attestare un livello di contrattazione quando si progettano salute e sicurezza dei lavoratori, stabilendo cronoprogrammi di esecuzione, logistica, sia in termini di tempi che di quantità e frequenza degli interventi. Come si stabiliscono, quantificano, calcolano i costi della manodopera e gli oneri sulla sicurezza? Intervenire nella fase della progettazione, altrimenti non basta aver ottenuto prezzi che non sono ribassabili in fase di offerta ed esecuzione. La verità è che negli appalti pubblici e privati la quantificazione degli oneri è sottostimata, così si generano i disastri e le stragi degli ultimi mesi. Dobbiamo far capire per esempio, che il mutamento climatico va preso in considerazione e che i tempi di esecuzione ne devono tener conto”. Quindi aggiunge il segretario “negoziare l’organizzazione del lavoro preventivamente, prima che si chiuda il progetto di costruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria. Dietro Palermo, Brandizzo, Firenze, Bologna e nei tanti infortuni avvenuti, nelle cementerie e nelle cave, ci sono queste dinamiche. Dobbiamo mettere in campo nuove competenze, coinvolgere i tanti tecnici ed esperti che abbiamo fra le fila delle nostre Rsu e dei nostri iscritti. Ci poniamo l’obiettivo di chiamare in causa tutte le stazioni appaltanti e i grandi gruppi su questi temi”.
“Istituire una Procura Nazionale che si occupi di reati in materia di salute e sicurezza. Si tratta di un pool di magistrati, esperti e professionisti – spiega – che uniformi sul territorio nazionale una attività investigativa con metodi di indagine più avanzati, settorializzati. Strumento che ridurrebbe i tempi dei procedimenti con il fine di agire un sistema di prevenzione. Una risposta con norme coercitive da parte del legislatore. Pensando al caso di Salvatore Cucé venuto a mancare, a causa di uno scoppio dovuto a presenza di gas in galleria, sono trascorsi 20 mesi e il processo non è ancora iniziato. La Procura di Alessandria non ha chiuso le indagini, il cantiere non è stato mai sotto sequestro. Nelle scorse settimane il Vice Ministro alle Infrastrutture della Lega Nord Edoardo Rixi, ha annunciato in tono trionfale, la scoperta proprio in quella area del più grande giacimento di gas del Paese. Nessuno smentisce, tutto tace, una vergogna nazionale. Siamo stati l’unico sindacato ad aver chiesto un incontro all’ azienda che si svolgerà il giorno 14 ottobre. La precarietà produce insicurezza e infortuni. Il ricatto del licenziamento o del mancato rinnovo del contratto, produce insicurezza e infortuni. L’autonomia differenziata determinerà meno controlli. Quindi dobbiamo tirar dritto per la nostra strada, in questa epoca di ‘invisibilità politica’ del lavoro, cantiere per cantiere, fabbrica per fabbrica, intensificando il numero delle nostre vertenze. Esposti precisi e diretti alle Procure. Non possiamo più accettare che alle nostre segnalazioni agli appositi organi di vigilanza, non faccia seguito alcuna risposta”.
“In base ad alcuni dati relativi all’anno 2023 della Cnce, coordinamento nazionale delle casse edili, il 40% degli edili sono migranti. La crescente presenza di lavoratori stranieri nel nostro settore impone una riflessione seria e coordinata con le politiche di governo rispetto alla tutela dei diritti di operai ‘fragili’, troppo spesso vittime di caporalato e sottoposti a logiche di sfruttamento. Per loro dobbiamo fare di più. Batterci ad esempio per la cancellazione della Bossi‐Fini, che produce sfruttamento con la logica del contratto di soggiorno e arricchisce le mafie. Siamo al paradosso, bisogna pagare per essere sfruttati e calpestati nella propria dignità. Nei nostri settori lo sfruttamento dei migranti è in forte aumento e soprattutto per alcune comunità, come Milano, base logistica del reclutamento e dello smistamento. Va riformato il diritto di cittadinanza e fatta una sanatoria. Abbiamo messo in campo con il precedente Governo un protocollo importante, in merito al quale la Fillea ha ricevuto un premio dall’ Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Un progetto per formare e inserire nel mondo del lavoro 3mila rifugiati. Questo accordo fatto con tutte le parti datoriali, supera la norma rispetto ad alcune limitazioni previste. L’iniziativa nasce dalla richiesta del mondo delle costruzioni all’indomani delle terribili immagini che provenivano dall’Afganistan, dopo il ritiro delle truppe americane. Il Mediterraneo è un mare ricco di storia. Ci ha regalato una civiltà importante i cui segni sono presenti ancora oggi nella nostra cultura. Nel 2023, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sulla rotta Mediterranea sono morte 2271 persone. Quanto avvenuto il 26 febbraio del 2023 a Steccato di Cutro rappresenta a pagina più triste degli ultimi anni della nostra Europa”.