I reati contestati nel processo eternit sono prescritti, perché sono da far risalire a quando chiuse lo stabilimento dell’azienda. Con questa motivazione il pg ha chiesto ai giudici della Cassazione l’annullamento della sentenza emessa dalla corte d’appello di Torino nel cosiddetto “processo del secolo” sulle morti dovute ad intossicazione da amianto.
“Il magistrato ha spiegato che il reato si è consumato fino al 1986. Le due sentenze, quella di primo grado e l’altra d’appello, anche se con motivi differenti, hanno invece affermato altro e cioè che la contestazione era ‘permanente’ e fino alla morte delle persone colpite”, hanno prontamente replicato alcuni rappresentanti dell’Afeva (Associazione Familiari e Vittime Amianto), da questa mattina in presidio in piazza Cavour, a Roma.
Si è aperto csoì il maxi-processo Eternit approdato oggi in Cassazione, a distanza di poco più di un anno dal deposito delle motivazioni della condanna dell’unico imputato, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny.
La Corte di appello di Torino, il 3 giugno del 2013, aveva inflitto all’amministratore delegato della multinazionale una pena di 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche e il pagamento di 89 milioni di euro di risarcimento.
Sono oltre 2’000, tra vittime e parenti, coloro che pretendono risarcimenti. L’amianto inalato da chi ha lavorato nelle fabbriche di Casale Monferrato e Cavagnolo, in Piemonte, Rubiera, in Emilia, e Bagnoli, in Campania, ha provocato centinaia di casi, spesso mortali, di mesotelioma pleurici e di asbestosi.
F.P.