La prima domanda a Franco Chiriaco, che il congresso della Flai Cgil ha riconfermato segretario generale, riguarda il ruolo del contratto nazionale, che il congresso ha rivendicato, come si usa dire, senza se e senza ma. Perché? Lo avvertite in pericolo?
Oggi tutti vogliono uscire dal protocollo del 23 luglio 1993, chi da sinistra sostituendolo con una strategia basata su un sistema senza regole riconquistando il conflitto, chi da destra definendo relazioni industriali collaborative, tregue sindacali, scioperi come extrema ratio e aumenti salariali bloccati sull’inflazione programmata. A Firenze abbiamo ribadito la difesa del contratto nazionale perché siamo convinti che in un sistema senza regole a perderci saranno soltanto le fasce deboli del Paese: i lavoratori. Quelli, cioè, che il sindacato si prefigge di difendere.
Erano al congresso non pochi delegati extracomunitari. Avete parlato, per l’agroindustria, del valore aggiunto che gli immigrati rappresentano. Qual è il loro rapporto con il sindacato, in particolare con la Flai?
I lavoratori extra-comunitari che fanno parte della nostra organizzazione hanno trovato nella Flai, ma prima ancora nella Cgil, un alleato e un sostegno. Venuti in Italia con la speranza di un lavoro, e più in generale di una vita migliore, si sono trovati in un Paese troppo spesso inospitale, senza alcun diritto e con troppi doveri. Come abbiamo detto in occasione del nostro congresso, soprattutto in agricoltura, i lavoratori extra-comunitari rappresentano quel plusvalore senza il quale il settore dell’agro-industria non potrebbe sopravvivere. Sono, infatti, una realtà specifica del settore e per questo ci poniamo l’obiettivo di rappresentarli.
Il tema del rapporto fra sindacato e politica ha avuto spazio notevole nel dibattito congressuale. Come lo avete definito?
Lo abbiamo definito come un rapporto non subalterno, rivendicando ancora una volta l’autonomia del movimento sindacale dalla politica e appoggiando in pieno la scelta di fare il congresso della Cgil prima delle elezioni politiche. I politici si candidano a governare, noi ci candidiamo a proporre alla politica le linee guida sulle quali impostare un buon governo. Per fare un esempio di quanto sia importante l’azione del sindacato nei confronti della politica, penso all’abrogazione del comma 147 della Finanziaria 2005 sui tagli alle indennità di disoccupazione. Quattro scioperi nazionali e due manifestazioni a Roma di migliaia di lavoratori agricoli hanno fatto sì che Camera e Senato si prendessero l’impegno di porre fine all’iniquità di quel provvedimento. E se questa operazione andrà in porto nell’ultimo passaggio al Senato lo si dovrà all’azione responsabile e determinata di quei lavoratori e del sindacato che li ha messi insieme.
Dopo questa risposta non resta che domandare: quale dovrà essere l’atteggiamento del movimento sindacale, e della Cgil, se il nuovo Governo sarà di centrosinistra? E se invece di centrodestra?
In ogni caso non si può paragonare un governo di centrosinistra ad uno di centrodestra Se dovesse vincere l’Unione, come ci auguriamo, proporremo ai nostri futuri interlocutori due centralità come elementi motore per l’economia italiana: lo sviluppo sostenibile e il lavoro. Se invece dovesse vincere la Casa delle libertà ci troveremo davanti ad un baratro. Siamo sicuri che in questa eventualità si creerà un fronte comune tra le organizzazioni sindacali e le forze di centrosinistra.