Riunione n. 72
GIOVEDÌ 17 MARZO 2016
Presidenza del Presidente
SACCONI
Orario: dalle ore 8,45 alle ore 9,25
AUDIZIONE INFORMALE SUI DISEGNI DI LEGGE NN. 2232 E 292 (ASSISTENZA DISABILI GRAVI)
223ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.
La seduta inizia alle ore 9.
IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante statuto dell’Ispettorato nazionale del lavoro (n. 280)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 9 marzo.
Il relatore PAGANO (AP (NCD-UDC)) dà conto di una proposta di parere favorevole con osservazioni, pubblicata in allegato. Segnala in particolare che la proposta, raccogliendo alcuni suggerimenti avanzati nel corso dell’ultima seduta, richiama le considerazioni contenute nel parere espresso dalla Commissione il 5 agosto 2015 sullo schema di decreto riguardante la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale (AG n. 178). Pertanto, nella prospettiva della riforma costituzionale, ferma restando la tutela del rispetto delle competenze delle regioni a Statuto speciale e degli Statuti di autonomia delle province di Trento e Bolzano, si invita il Governo a considerare l’opportunità che l’Ispettorato venga concepito come ente di coordinamento di tutte le attività ispettive, ivi incluse quelle attualmente affidate alle ASL, allo scopo di evitare inutili duplicazioni di controlli operati da enti diversi.
Il presidente SACCONI osserva che il testo, che risponde alle indicazioni già date dalla Commissione anche in occasione dell’esame dell’Atto del Governo n. 178, opportunamente auspica il coordinamento delle varie attività ispettive, in modo da garantire l’omogeneità di tali attività nell’intero territorio nazionale.
Il senatore PUGLIA (M5S) dà invece conto di una proposta di parere contrario, pubblicata in allegato, ritenendo che il testo non contenga misure adeguate a garantire l’effettivo coordinamento delle funzioni di vigilanza rimesse all’Ispettorato con quelle di competenza dell’INAIL e dell’INPS. Inoltre, nello schema non sono a suo avviso previsti strumenti adeguati a consentire un efficace monitoraggio del corretto funzionamento del nuovo Ente.
Il presidente SACCONI nota che assai opportunamente il disegno complessivo, nel trasferire le linee di indirizzo operativo in capo all’Ispettorato, lascia invece quelle di indirizzo sostanziale nella piena competenza del Ministero del lavoro.
Nessun altro chiedendo la parola, presente il prescritto numero di senatori, mette quindi ai voti la proposta di parere favorevole con osservazioni formulata da relatore, che è approvata a maggioranza.
Risulta conseguentemente preclusa la votazione sulla proposta di parere contrario, a prima firma del senatore Puglia.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI, dopo aver ricordato gli ulteriori impegni della Commissione in questa settimana, fa presente che nella prossima si svolgeranno audizioni sui disegni di legge nn. 2232 e 292 (Assistenza disabili gravi). I provvedimenti hanno infatti una sostanziale e obiettiva urgenza, legata alla loro finalità. Sta inoltre maturando l’intento di apportare integrazioni al testo già approvato dall’altro ramo del Parlamento.
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle ore 9,25.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 280
L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto in titolo, premesso che esso è stato predisposto ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, che demanda ad un regolamento governativo l’adozione – in conformità ai principi e ai criteri direttivi stabiliti per gli statuti delle agenzie pubbliche dall’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 – dello statuto dell’Ispettorato nazionale del lavoro;
atteso che il termine (ordinatorio) per l’emanazione del regolamento – stabilito in 45 giorni dall’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 149 – è scaduto l’8 novembre 2015, esprime parere favorevole, con le seguenti osservazioni.
In via generale, si richiamano le considerazioni contenute nel parere espresso dalla Commissione il 5 agosto 2015 sullo schema di decreto riguardante la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale (A.G. n. 178). In questo senso, nella prospettiva della riforma costituzionale, ferma restando la tutela del rispetto delle competenze delle regioni a statuto speciale e degli statuti di autonomia delle province di Trento e di Bolzano, si invita il Governo a considerare l’opportunità che l’Ispettorato venga concepito come ente di coordinamento di tutte le attività ispettive, ivi incluse quelle attualmente affidate alle ASL, allo scopo di evitare inutili duplicazioni di controlli operati da enti diversi.
All’articolo 3, concernente gli organi dell’Ispettorato, dove si specifica che l’incarico di direttore è incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato, pubblico o privato, o di lavoro autonomo, nonché con qualsiasi altra attività professionale privata, anche occasionale, che possa entrare in conflitto con gli scopi e i compiti dell’Ispettorato, andrebbe chiarita, ai fini in esame, la nozione di “lavoro autonomo”, considerato anche che la norma tratta in termini diversi le attività professionali private, anche occasionali.
In merito alle funzioni del direttore, si osserva inoltre che, come rilevato anche nel parere del Consiglio di Stato, nello schema mancano le norme sulle procedure per l’adozione dei regolamenti interni di organizzazione e contabilità, competenza che l’articolo 8, comma 4, lettera l), del decreto legislativo n. 300 del 1999 espressamente assegna – previa approvazione del Ministero vigilante – al direttore quale organo di vertice dell’ente.
Riguardo alla presidenza delle sedute del consiglio di amministrazione in caso di assenza del presidente, sempre in linea con quanto rilevato nel parere del Consiglio di Stato, al fine di evitare possibili incertezze procedurali, si suggerisce di riformulare il comma 7 dell’articolo 5, prevedendo che la sostituzione avvenga con il membro più anziano per nomina e che solo a parità di tale parametro si applichi il criterio dell’anzianità anagrafica.
Quanto alle funzioni del collegio dei revisori e alle modalità di convocazione e di svolgimento delle sedute del medesimo organo (articoli 6 e 7), si segnala infine che, essendo il numero legale per la seduta costituito dalla presenza di almeno due membri, occorrerebbe definire la disciplina per il caso di parità di voti, ovvero prevedere che alle sedute siano convocati e assistano sia i membri effettivi sia i supplenti, di modo che l’eventualità di una partecipazione di due soli componenti risulti del tutto residuale.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI PUGLIA, NUNZIA CATALFO E SARA PAGLINI SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 280
L’ 11a Commissione del Senato, in sede d’esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante statuto dell’Ispettorato nazionale del lavoro (AG n. 280) premesso che:
lo schema di decreto in esame ha l’obiettivo di rendere un più efficace coordinamento della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale e deve necessariamente essere inserito nel contesto più generale della legislazione sul lavoro degli ultimi anni, in particolare nel disegno complessivo delineato dai provvedimenti che hanno costituito il cosiddetto Jobs Act;
tale schema di Statuto viene emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 recante “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” che prevede l’istituzione di un Agenzia unica delle ispezioni del lavoro, denominata “Ispettorato Nazionale del Lavoro”. Lo Statuto ha l’obiettivo di individuare i fini istituzionali dell’Ente, declinare le competenze degli organi, definire le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimento contabili;
considerato che:
il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 recante “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” prevede la guida dell’Ispettorato dell’attività di vigilanza, ma al comma 2, dell’articolo 7, dice testualmente che “sono individuate forme di coordinamento tra l’Ispettorato e i servizi ispettivi di INPS e INAIL” affidando all’Ispettorato il solo “potere di dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo, nonché di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento”.
Nello schema di Statuto non si rivengono adeguate ed opportune misure volte a garantire che l’esercizio delle funzioni di vigilanza rimesse all’Ispettorato sia adeguatamente coordinato con le attività di competenza dell’INAIL e dell’INPS ed evitato un controllo politico sulla vigilanza escludendo gli Enti Previdenziali da qualsiasi possibilità di scelta ed indicazione a livello territoriale.
Il decreto delegato 14 settembre 2015, n. 149 attribuisce all’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro una mera funzione di coordinamento delle attività ispettive degli Enti Previdenziali, difatti oltre al richiamo di cui al comma 2, dell’articolo 7 sopraindicato, al comma 2, dell’articolo 2 recita: “L’Ispettorato esercita, in particolare, le seguenti funzioni e attribuzioni: a) esercita e coordina su tutto il territorio nazionale, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria nonche’ legislazione sociale …”.
E’ evidente come il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 preveda che gli ispettori dell’INPS e dell’INAIL, pur inseriti in un ruolo ad esaurimento, continuino ad essere gerarchicamente e funzionalmente sottoposti ai propri Enti di appartenenza e che quindi nella nuova organizzazione debbano per conseguenza svolgere la propria attività presso le strutture logistiche dei suddetti Enti con il mantenimento delle retribuzioni in essere.
Nello schema di Statuto all’articolo 2 quando indica i fini istituzionali dell’Ispettorato nazionale del lavoro da un lato è corretto indicare che “svolge le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, ma avrebbe poi dovuto, nel rispetto del decreto delegato, inserire la locuzione “coordina” relativamente alle attività ispettive esercitate dall’INPS e dall’INAIL. In effetti il testo dello schema proposto, lasciando anche per le attività ispettive degli Enti Previdenziali il verbo “svolge” fa intendere di voler includere, anche per gli stessi, ogni funzione ispettiva travalicando lo spirito e la delega del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 che per l’attività ispettiva di INPS e INAIL prevede il “coordinamento” delle stesse.
Considerato inoltre che:
lo schema di Statuto prevede l’istituzione di un Consiglio di Amministrazione di cui fanno parte rappresentanti del Ministero de lavoro, dell’INPS e dell’INAIL, con il chiaro obiettivo di garantire che gli Enti previdenziali possano esprimere le linee di indirizzo dell’Ispettorato. Tuttavia il Consiglio di Amministrazione è svuotato di qualsiasi potere di indirizzo sulla vigilanza, anzi non è praticamente citato se non per pure funzioni organizzative interne, che evidentemente, non sono la ragione per cui è stato previsto. Si propone pertanto di inserire nell’articolo 5 dello Statuto tra le competenze quella di determinare “le linee di indirizzo operativo dell’attività di vigilanza dell’Ispettorato a livello nazionale, tenuto conto delle istanze espresse dal Ministero del Lavoro, dall’INPS e dall’INAIL attraverso i propri rappresentanti in seno al Consiglio di Amministrazione”;
rilevato che:
non si rivengono adeguate ed opportune misure volte a garantire che l’esercizio delle funzioni di vigilanza rimesse all’Ispettorato sia adeguatamente e meramente coordinato con le attività di competenza dell’INAIL e dell’INPS ed evitato un controllo politico sulla vigilanza escludendo gli Enti Previdenziali da qualsiasi possibilità di scelta ed indicazione a livello territoriale e non sono stati previsti specifici ed adeguanti strumenti di controllo e monitoraggio del corretto funzionamento e coordinamento dell’attività del costituendo Ispettorato;
esprime parere contrario.
222ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.
La seduta inizia alle ore 15,50.
SULLA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI ACQUISITI
Il presidente SACCONI comunica che sono pervenute memorie relative ai disegni di legge nn. 2233 e 2229 (Lavoro autonomo), che saranno rese disponibili per la pubblica consultazione sulla pagina web della Commissione.
Prende atto la Commissione.
IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante disposizioni per il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Isfol all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (n. 266)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 1° marzo.
La relatrice SPILABOTTE (PD) illustra una proposta di parere, di segno favorevole con osservazioni, pubblicata in allegato.
La senatrice CATALFO (M5S) dà conto di una proposta di parere contrario, firmata dai componenti del suo Gruppo, pubblicata in allegato al resoconto. In particolare, ricorda che la sua parte avrebbe preferito alla creazione di una nuova Agenzia l’attribuzione di una competenza rafforzata in capo al Ministero del lavoro. Con riferimento specifico al contenuto dello schema di decreto in esame, avanza forti perplessità riguardo alle modalità di trasferimento all’ANPAL del personale dell’Isfol, identificato, in base alle lettere b) e c) del comma 4, con quelle risorse che abbiano lavorato su progetti legati ai fondi comunitari. La precisazione svela infatti a suo avviso un sistema discriminatorio che, di fatto, penalizza il personale che, spesso del tutto inconsapevolmente, è stato imputato negli anni al FSE – magari esclusivamente dal punto di vista amministrativo e non del reale svolgimento delle attività espletate – piuttosto che, come dovuto, sul bilancio istituzionale.
Il presidente SACCONI avverte che è altresì pervenuta una proposta di parere contrario a firma del senatore Barozzino, pubblicata in allegato.
La senatrice MANASSERO (PD), premesso un ringraziamento alla relatrice per gli sforzi fatti per ricondurre ad unità coerente i suggerimenti provenienti dai vari componenti della Commissione, riterrebbe opportuno che il richiamo all’adesione volontaria ai fini del trasferimento delle risorse umane venga riferito non solo a quelle che transiteranno dal Ministero del lavoro, ma anche a quelle provenienti dell’Isfol, richiamando pertanto nella bozza di parere, oltre all’articolo 3, l’articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Nessun altro chiedendo la parola, la relatrice SPILABOTTE (PD) accoglie il suggerimento testé avanzato dalla senatrice Manassero, modificando conseguentemente la propria proposta di parere (testo allegato al resoconto). Non ritiene invece possibile accogliere altri suggerimenti avanzati, perché non conciliabili con l’impostazione stessa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Presente il prescritto numero di senatori, il presidente SACCONI mette quindi in votazione la proposta di parere favorevole con osservazioni, nella formulazione testé modificata dalla relatrice Spilabotte.
A maggioranza, la Commissione approva.
Risultano conseguentemente preclusi gli schemi di parere contrario proposti, rispettivamente, dai senatori Nunzia Catalfo, Sara Paglini e Puglia e dal senatore Barozzino.
Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante statuto dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (n. 281)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 4, comma 18, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta dell’8 marzo.
Il presidente SACCONI ricorda che nella precedente seduta la relatrice Spilabotte ha illustrato il testo dello schema di decreto.
La senatrice CATALFO (M5S), considerata la scadenza non imminente dei termini per l’espressione del parere, chiede il rinvio del seguito dell’esame dell’Atto.
Il presidente SACCONI osserva che lo schema di decreto in esame è strettamente e sostanzialmente connesso all’Atto del Governo n. 266, sul quale la Commissione si è testé pronunciata, e sottolinea l’esigenza che la nuova Agenzia venga messa al più presto nelle condizioni di piena operatività.
La relatrice SPILABOTTE (PD) dà lettura di una proposta di parere (testo pubblicato in allegato) di segno favorevole, con osservazioni che essenzialmente accolgono le notazioni contenute nel parere reso dal Consiglio di Stato.
Nessuno chiedendo di intervenire, presente il prescritto numero i senatori, il presidente SACCONI mette ai voti la proposta di parere testé illustrata dalla relatrice.
A maggioranza, la Commissione approva.
POSTICIPAZIONE DELLA SEDUTA DI DOMANI
Il presidente SACCONI avverte che, in considerazione dell’andamento dei lavori, la seduta della Commissione di domani, già convocata alle ore 8,30, avrà inizio alle ore 9.
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle ore 16,30.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 266
L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto in titolo, premesso che esso è stato predisposto a norma dell’articolo 4, comma 9, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da trasferire dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’ISFOL all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL);
valutato che all’ANPAL spettano tutte le funzioni di politiche attive del lavoro (coordinamento della rete dei servizi per l’impiego e quello delle politiche di attivazione dei disoccupati; gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro; assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali; vigilanza sui fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua), esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni.
Con riferimento agli articoli 3 e 4, sarebbe opportuno che l’adesione volontaria al trasferimento delle risorse umane che transiteranno dal Ministero del lavoro e dall’ISFOL all’ANPAL possa avvenire in modo funzionale alle esigenze operative dei rispettivi enti. Va inoltre evidenziato che, in relazione all’organico, lo schema di decreto in esame, all’articolo 2, limita la dotazione organica a 217, mentre il decreto legislativo n. 150 del 2015, all’articolo 4 comma 4, prevede un numero massimo di 395 unità. A tale proposito, sarebbe pertanto utile procedere al reperimento del personale, dapprima attraverso la mobilità volontaria, e successivamente attraverso criteri concordati dai vertici; tutto ciò dovrebbe avvenire in via di prima applicazione e, salvo successivi incrementi, fino al raggiungimento del tetto massimo previsto dal già citato articolo 4 del decreto legislativo n. 150.
Al comma 5 del medesimo articolo 3, si segnala che non si fa riferimento alla soppressione – che risulta dal successivo articolo 7 dello schema – di due uffici dirigenziali di livello non generale, di appartenenza rispettivamente, della direzione generale dei sistemi informativi, dell’innovazione tecnologica e della comunicazione e della direzione generale per le politiche del personale, l’innovazione organizzativa, il bilancio – ufficio procedimenti disciplinari; sarebbe pertanto opportuno inserire il riferimento a tali soppressioni anche in tale comma.
Con riferimento all’articolo 8, in cui si prevede una ripartizione di competenze funzionali tra ANPAL e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si osserva che tale operazione, oltre a risolversi in una riassegnazione di competenze non sempre coerente con quanto stabilito nella norma di rango primario, invade l’ambito regolativo già definito dal decreto legislativo n. 150 del 2015 e, in contrasto con quanto espressamente disposto dall’ articolo 4, comma 9 del medesimo decreto legislativo, eccede così la funzione ad esso assegnata di individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da trasferire. Pertanto, al fine di rimuovere il contrasto della norma secondaria con quella di rango primario, si rende necessario espungere dallo schema in esame il presente articolo 8, effettuando il necessario coordinamento nella numerazione degli articoli.
Infine, in riferimento al comma 1 dell’articolo 10, si osserva che esso predetermina in modo rigido la struttura operativa dell’ANPAL, che viene articolata in sette divisioni e di cui vengono indicate le singole competenze. Questa disposizione potrebbe avere l’effetto di impedire al vertice dell’Agenzia di decidere una diversa articolazione della struttura per renderla più funzionale. Si ravvisa inoltre che, nell’organizzazione dell’Agenzia proposta dallo schema in esame, sarebbe opportuno ridurre le figure di supporto, potenziando invece la presenza di competenze e specificità utili al raggiungimento degli obiettivi, in linea con lo spirito innovatore ed efficiente dell’Agenzia stessa.
Si auspica conclusivamente che l’Agenzia, così come delineata dallo schema in esame, concretizzi appieno lo spirito della legge delega, che la vuole organo tecnico-operativo di coordinamento di tutti gli interventi di politica attiva del lavoro della Rete, con funzioni di proposta, progettazione e, ove necessario, anche di gestione di tutte le misure di attivazione nel loro complesso, mantenendo invece al Ministero del lavoro funzioni di indirizzo, regolamentazione e verifica.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DALLA RELATRICE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 266
L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto in titolo, premesso che esso è stato predisposto a norma dell’articolo 4, comma 9, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da trasferire dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’ISFOL all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL);
valutato che all’ANPAL spettano tutte le funzioni di politiche attive del lavoro (coordinamento della rete dei servizi per l’impiego e quello delle politiche di attivazione dei disoccupati; gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro; assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali; vigilanza sui fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua),
esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni.
Con riferimento all’articolo 3, sarebbe opportuno che l’adesione volontaria al trasferimento delle risorse umane che transiteranno dal Ministero del lavoro all’ANPAL possa avvenire in modo funzionale alle esigenze operative dei rispettivi enti. Va inoltre evidenziato che, in relazione all’organico, lo schema di decreto in esame, all’articolo 2, limita la dotazione organica a 217, mentre il decreto legislativo n. 150 del 2015, all’articolo 4 comma 4, prevede un numero massimo di 395 unità. A tale proposito, sarebbe pertanto utile procedere al reperimento del personale, dapprima attraverso la mobilità volontaria, e successivamente attraverso criteri concordati dai vertici; tutto ciò dovrebbe avvenire in via di prima applicazione e, salvo successivi incrementi, fino al raggiungimento del tetto massimo previsto dal già citato articolo 4 del decreto legislativo n. 150.
Al comma 5 del medesimo articolo 3, si segnala che non si fa riferimento alla soppressione – che risulta dal successivo articolo 7 dello schema – di due uffici dirigenziali di livello non generale, di appartenenza rispettivamente, della direzione generale dei sistemi informativi, dell’innovazione tecnologica e della comunicazione e della direzione generale per le politiche del personale, l’innovazione organizzativa, il bilancio – ufficio procedimenti disciplinari; sarebbe pertanto opportuno inserire il riferimento a tali soppressioni anche in tale comma.
Con riferimento all’articolo 8, in cui si prevede una ripartizione di competenze funzionali tra ANPAL e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si osserva che tale operazione, oltre a risolversi in una riassegnazione di competenze non sempre coerente con quanto stabilito nella norma di rango primario, invade l’ambito regolativo già definito dal decreto legislativo n. 150 del 2015 e, in contrasto con quanto espressamente disposto dall’ articolo 4, comma 9 del medesimo decreto legislativo, eccede così la funzione ad esso assegnata di individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da trasferire. Pertanto, al fine di rimuovere il contrasto della norma secondaria con quella di rango primario, si rende necessario espungere dallo schema in esame il presente articolo 8, effettuando il necessario coordinamento nella numerazione degli articoli.
Infine, in riferimento al comma 1 dell’articolo 10, si osserva che esso predetermina in modo rigido la struttura operativa dell’ANPAL, che viene articolata in sette divisioni e di cui vengono indicate le singole competenze. Questa disposizione potrebbe avere l’effetto di impedire al vertice dell’Agenzia di decidere una diversa articolazione della struttura per renderla più funzionale. Si ravvisa inoltre che, nell’organizzazione dell’Agenzia proposta dallo schema in esame, sarebbe opportuno ridurre le figure di supporto, potenziando invece la presenza di competenze e specificità utili al raggiungimento degli obiettivi, in linea con lo spirito innovatore ed efficiente dell’Agenzia stessa.
Si auspica conclusivamente che l’Agenzia, così come delineata dallo schema in esame, concretizzi appieno lo spirito della legge delega, che la vuole organo tecnico-operativo di coordinamento di tutti gli interventi di politica attiva del lavoro della Rete, con funzioni di proposta, progettazione e, ove necessario, anche di gestione di tutte le misure di attivazione nel loro complesso, mantenendo invece al Ministero del lavoro funzioni di indirizzo, regolamentazione e verifica.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI NUNZIA CATALFO, SARA PAGLINI E PUGLIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 266
L’11a Commissione del Senato, in sede d’esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante disposizioni per il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Isfol all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro;
premesso che:
la razionalizzazione e il riordino del complesso degli strumenti e delle norme che regolano i servizi per la gestione delle politiche attive del lavoro all’interno del territorio nazionale, il ridisegnare il complesso delle politiche a supporto dell’offerta sul mercato del lavoro appaiono una necessità stringente, nella consapevolezza che i servizi per il lavoro costituiscono un presupposto essenziale per promuovere l’occupazione anche nell’attuale contesto di crisi economica, attraverso un più efficace incontro tra la domanda e l’offerta di impiego;
la disciplina finora vigente in materia ha tuttavia evidenziato elementi di debolezza del sistema dei servizi per l’impiego, caratterizzato da una ridotta capacità di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro da parte degli operatori pubblici e da una limitata efficacia dell’azione degli operatori privati, scarsamente integrati con i Centri pubblici per l’impiego e chiamati a fronteggiare un quadro normativo profondamente diversificato sul territorio nazionale;
in particolare la persistente situazione di crisi economica ha portato allo scoperto le evidenti debolezze del sistema dei servizi per l’impiego nazionale, il loro scarso impatto sul livello occupazionale, il tasso di penetrazione dei servizi per l’impiego, cioè la quota dei lavoratori dipendenti che ha trovato lavoro grazie all’intermediazione dei servizi stessi rispetto al totale dei dipendenti che hanno trovato un lavoro nel periodo di riferimento;
in Italia solo un disoccupato su quattro si rivolge alle strutture pubbliche per avere supporto nella ricerca di un lavoro. Una percentuale inferiore alla media europea del 52 per cento, e particolarmente bassa se confrontata con l’82 per cento della Germania, il 58 per cento della Francia o anche il 40 per cento della Svizzera;
la maggiore efficienza dei servizi per l’impiego in altri Paesi europei dipende molto dal budget e dalle dimensioni delle attività, che a loro volta determinano il successo nell’erogazione dei servizi. In Italia ci sono in tutto circa 550 Centri gestiti dalle province, per un totale di 7.200 dipendenti. Erogano 700000 colloqui di orientamento l’anno con una percentuale di collocamenti pari al 4 per cento circa. Ogni Cpi ha circa 16 operatori a disposizione degli utenti, con un rapporto medio di un addetto ogni 270 utenti. Il sistema tedesco si basa sull’Agenzia federale per il lavoro (Bundesagentur für Arbeit), che conta una sede centrale, 10 direzioni regionali, 176 agenzie per il lavoro (Arbeitsagenturen) supportate da 610 uffici dislocati sul territorio. Le agenzie inoltre sono divise in sezioni specializzate per servire, ad esempio, la popolazione universitaria e i lavoratori dei vari settori economici. Gli addetti al settore sono complessivamente 100000 e si occupano di gestire i servizi di placement, consulenza, formazione, creazione e salvaguardia dei posti di lavoro e distribuzione dei sussidi di disoccupazione. Anche considerando le dimensioni della Germania, la media è di un dipendente dell’Agenzia ogni 820 cittadini tedeschi circa (calcolato sul totale della popolazione), dieci volte superiore del rapporto di uno a 8.600 in Italia. In Francia il Pôle emploi, (derivante dalla fusione nel 2008 dell’Agenzia nazionale per l’impiego, specializzata in servizi di collocamento, e dell’Unidec, atta a distribuire le indennità di disoccupazione) conta 50000 dipendenti e 1000 agenzie locali, con un budget di circa 4 miliardi l’anno per servire oltre 4 milioni di iscritti, l’80 per cento dei quali percepisce un’indennità di disoccupazione, a fronte di un 20 per cento di utenti giovani e donne in cerca del primo impiego. In Svizzera la principale piattaforma per erogare servizi nell’ambito del lavoro, del collocamento e della disoccupazione sono i 130 Uffici regionali di collocamento (Urc) in cui sono impiegati più di 2000 consulenti e cui risultavano iscritti alla fine di gennaio 2013, circa 150000 disoccupati (su un totale di 8 milioni di abitanti);
secondo un’indagine dell’Assemblea nazionale delle Province italiane, l’Italia spende l’1,4 per cento del Pil in politiche del lavoro, contro il 2,3 per cento della Francia, il 3,4 per cento della Germania e il 3,7 per cento dell’Olanda. Sul totale delle risorse a disposizione per le politiche del lavoro, l’Italia spende solo il 4 per cento in servizi per l’impiego, a fronte del 10 per cento della Francia, del 12 per cento della Germania e del 60 per cento del Regno Unito;
in Italia la percentuale di disoccupati è salita negli ultimi anni dall’8 per cento sino a superare l’11 per cento mentre in Francia, il tasso di disoccupazione è fermo al di sotto del 10 per cento e in Gran Bretagna, nonostante l’aggravarsi della crisi economica, la disoccupazione è diminuita al di sotto dell’8 per cento;
le disparità evidenziate e la mancanza di lavoro ha favorito l’esodo dei lavoratori italiani (quasi sempre i più qualificati) verso l’estero. Ben 37.500 lavoratori italiani si sono trasferiti nel Regno Unito nel solo 2015 e ben 500000 sono gli italiani lì residenti. Peraltro proprio il Regno Unito e altri paesi esteri dove è forte la presenza di nostri lavoratori, stanno riconsiderando l’applicazione delle prestazioni sociali ai lavoratori stranieri;
i dati sopra citati dimostrano come la crisi possa essere contrastata anche grazie a un corretto impiego delle risorse pubbliche destinate alle politiche per il lavoro. Di contro il mancato raccordo tra le politiche a livello locale, regionale e nazionale, in cui si sovrappongono e si confondono le competenze e le gerarchie tra i vari operatori che porta ineluttabilmente alla mala allocazione di quelle, poche, risorse cui hanno a disposizione gli operatori;
dopo la riforma del 1997 la missione dei servizi per il lavoro non è più l’intermediazione, ma l’erogazione di servizi per l’occupabilità;
in Italia ogni 100 persone che hanno trovato lavoro dal 2003 a oggi soltanto 4 sono passate attraverso i centri per l’impiego mentre la maggior parte ha utilizzato canali informali, soprattutto familiari: 37 ricorrendo ad amici, parenti e conoscenti; 18 in maniera autonoma; 10 aprendo una propria attività; 8 tramite concorso pubblico; 7 ricercando informazioni nell’ambiente di lavoro; 16 tramite agenzie per il lavoro interinale, offerte di lavoro pubblicate dai giornali, canali universitari o altro;
considerato che:
già in sede di discussione della legge delega era stato evidenziato come al posto della creazione dell’Agenzia sarebbe stata più idoneo demandare la gestione delle politiche attive del lavoro ad uno specifico dipartimento del Ministero affiancandolo ad un Osservatorio nazionale del mercato del lavoro e delle politiche sociali con compiti di analisi sull’evoluzione del mercato del lavoro con particolare riferimento ai settori di attività interessati al riequilibrio tra domanda e offerta di lavoro in grado di offrire un sistema di informazione sulle politiche sociali e occupazionali;
in sede di esame del decreto legislativo n. 150 del 2015 erano state poi evidenziate serie criticità che rischiavano di vanificare aspetti pur positivi della nuova normativa (rintracciabili nelle disposizioni di cui agli articoli 13-16), tra le quali:
a) nell’ottica di un potenziamento degli strumenti di studio e gestione del mercato del lavoro, già carenti, in relazione alle principali realtà europee, la previsione di cui all’articolo 4, lettera b) del depotenziamento dell’ISFOL. L’istituto non vedrà infatti sostituiti i lavoratori transitati nell’ANPAL. Si sottolineava come l’istituto quindi si sarebbe trovato a dover perseguire i propri compiti istituzionali, quali il monitoraggio, la ricerca e la valutazione delle politiche afferenti il mercato del lavoro in modo integrato, de facto privo di strumenti e risorse materiali: una scatola vuota in cui far transitare i lavoratori prossimi al pensionamento. Con il rischio concreto di disattendere gli Obiettivi di Europa 2020, indebolendo l’unico ente capace di abbinare un mix di competenze tali da garantire l’applicazione del programma europeo;
b) la disposizione di cui al comma 14 dell’articolo 4 con la quale si continuano ad affidare ad Italia Lavoro, in fase di commissariamento, i compiti di assistenza tecnica, mediante convenzione con ANPAL, sui progetti di rafforzamento delle politiche attive mentre viene data solo la facoltà all’ANPAL di avocare a se i programmi di Italia lavoro. Si sottolineava come sarebbe stato più corretto obbligare l’Agenzia a farsi carico dei programmi di Italia Lavoro, vista la previsione di soppressione dell’ente, avendo cura di specificare l’obbligatorietà di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei singoli programmi con la previsione di chiusura per i programmi rivelatisi inefficaci;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in oggetto, che dovrebbe dunque costituire la declinazione operativa del decreto legislativo n. 150 del 2015, rende concreti i timori già manifestati in occasione della discussione in sede consultiva di tale decreto legislativo;
in riferimento all’ISFOL, all’entità numerica e al sistema di regole sottesi al trasferimento del suo personale, appare chiaro come il decreto in esame si inserisca in un disegno di effettivo smantellamento dell’unico istituto pubblico di ricerca che si occupa di lavoro,welfare e formazione;
come sancito dal testo del presente schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, definendo in numero di 100 le unità di personale dell’ISFOL interessate dalla mobilità (pari a ben il 30 per cento della pianta organica), si determina di fatto il definitivo svilimento dell’Istituto;
a fronte di questo dato, si evidenzia la non sostenibilità dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 150 del 2015 (“Funzioni e compiti dell’ISFOL”), laddove si attribuiscono all’istituto compiti assai delicati quali la valutazione delle politiche del lavoro, della formazione e dell’inclusione sociale. Appare assai bizzarro prevedere, da un lato, tali funzioni e, dall’altro, depauperare l’Istituto di risorse umane e risorse finanziarie come sancito dallo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame. Ciò peraltro in netta contraddizione con la volontà, più volte espressa dal governo, di assicurare una valutazione indipendente delle politiche del lavoro, contenute nel cosiddetto Jobs Act, e di quelle in tema di inclusione sociale;
inoltre, un indebolimento così rilevante dell’Istituto non potrà essere sanato dal personale precario (250 unità circa), poiché ancor oggi il destino professionale di tale personale è legato alle stagioni programmatorie del FSE, e non certo a funzioni e compiti di ordine istituzionale;
nel complesso, la costituzione di un’ulteriore Agenzia e l’utilizzo dell’ISFOL come bacino inerte da cui attingere risorse umane e finanziarie, appare come l’ennesimo escamotage da parte dell’esecutivo per evitare di assumersi la responsabilità politica di una dichiarata soppressione dell’Istituto;
in merito ai criteri di mobilità forzata del personale dell’ISFOL verso l’ANPAL, il testo dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non offre neanche una parvenza di criteri funzionalmente oggettivi, ma, al contrario, palesa la volontà di procedere in modo assolutamente discrezionale nell’individuazione delle persone interessate dal trasferimento. E’ sufficiente procedere ad un mero confronto tra i criteri previsti per il personale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e quelli relativi al personale dell’ISFOL. L’asimmetria è evidente e ingiustificata: nel caso del Ministero si segue infatti la logica della cessazione dei rami d’azienda, che prevede il trasferimento di funzioni, compiti e personale all’ANPAL (maggiore esperienza professionale maturata nello svolgimento delle funzioni e delle attività trasferite), logica invece del tutto disattesa nel caso dell’ISFOL;
al riguardo, il sistema di criteri appare pericolosamente opaco, arbitrario ed potenzialmente discriminatorio, poiché, date le funzioni dell’ANPAL (articolo 9 del decreto legislativo n. 150 del 2015), sarebbe stato coerente e doveroso adottare lo stesso riferimento al criterio della maggiore esperienza professionale maturata presso l’ISFOL nello svolgimento di funzioni, prioritariamente negli ambiti definiti, del resto, proprio dal decreto legislativo n. 150 del 2015 e maggiormente dettagliati nell’articolo 8 della bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
la mancanza di coordinamento tra l’articolo 8 della bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Funzioni trasferite ad ANPAL) e le professionalità maturate su tali funzioni all’interno dell’ISFOL si risolve nell’ambiguo elenco di criteri di cui all’articolo 4;
in particolare, il riferimento di cui alle lettere b) e c) del comma 4 del citato articolo 4, circa il trasferimento all’ANPAL del personale dell’ISFOL, che risulta avere lavorato su progetti legati ai fondi comunitari, appare evidentemente un “non criterio”. Il FSE, costituisce, infatti, la fonte economica determinante che garantisce la sopravvivenza dell’ISFOL e delle sue attività, come dimostra il posizionamento di gran parte del personale a tempo indeterminato su progetti comunitari. Tale precisazione svela invece un sistema discriminatorio che, di fatto, penalizza quel personale che (non di rado inconsapevolmente) è stato imputato negli anni (esclusivamente dal punto di vista amministrativo e non del reale svolgimento delle attività condotte) sul FSE, piuttosto che, come dovuto, sul bilancio istituzionale;
altrettanto grave appare la disposizione di cui al successivo comma 6 del citato articolo 4 la quale stabilisce che “dalle procedure di trasferimento sono esclusi in ogni caso i dipendenti che hanno ricoperto, nell’anno 2015, incarichi di coordinamento di strutture di ricerca, gruppi di ricerca o progetti di ricerca presso l’ISFOL”. Essa si configura chiaramente come un indebito criterio “ad personam“, in quanto prevede la salvaguardia dai processi di mobilità di un gruppo ristretto di personale. Il riferimento temporale genericamente all’ “anno 2015” comporta la possibilità di esclusione dalla mobilità anche di coloro che hanno ricoperto gli incarichi citati anche solo per 6 mesi, periodo che, come certificato dalle determinazioni direttoriali di nomina da parte dell’ISFOL, raramente viene superato;
infine, appare innegabile come il futuro dell’ANPAL (e, di riflesso, il futuro professionale del personale dell’ISFOL che in essa dovrebbe essere trasferito) sia legato alla riforma del Titolo V della Costituzione la quale, tralaltro, dovrebbe ridefinire le competenze dello Stato e delle Regioni sulle materie che attengono al mercato del lavoro: in caso di mancata approvazione della riforma infatti le competenze effettive dell’Agenzia verrebbero di molto ridimensionate trasformandola in un ente sostanzialmente inutile;
fermo restando (anche al fine di evitare un prevedibile contenzioso giuridico-legale) la preferenza per una modifica delle disposizioni volta a stabilire che in generale il trasferimento del personale dell’ISFOL all’ANPAL sia effettuato come mobilità volontaria e condivisa dal lavoratore, sarebbe auspicabile che, in luogo della mobilità coatta configurata dalle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame, fosse previsto almeno il ricorso ad un strumento che regoli il passaggio all’ANPAL del personale ISFOL in maniera provvisoria (ad esempio, attraverso lo strumento della convenzione), almeno fino al completamento del processo di istituzione dell’Agenzia, consentendo, quindi, la possibilità di ricollocazione nell’amministrazione di provenienza qualora la riforma costituzionale non venisse approvata;
esprime parere contrario.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL SENATORE BAROZZINO SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 266
L’11a Commissione, esaminato l’atto n. 266 – Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante disposizioni per il trasferimento di risorse umane, finanziarie e strumentali dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Isfol all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, premesso che:
l’adozione di strategie volte a garantire il reimpiego di un numero sempre crescente di disoccupati conduce a benefici oltre che per il sistema economico nel suo complesso, anche e soprattutto per gli stessi lavoratori;
già in sede di discussione del parere allo schema di decreto legislativo AG n. 177, in seguito decreto legislativo n. 150 del 2015, il Gruppo Sinistra Italiana – Sel rilevò come il tema dei servizi per l’impiego, costretti fino ad oggi a ricoprire una funzione marginale, ed in generale quello delle politiche attive, non trovavano, nel testo dello schema di decreto atto n. 177, oggi decreto legislativo n. 150 del 2015, adeguata risposta, dovendosi lo stesso misurarsi con il rispetto del vincolo finanziario di non imporre maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Qualunque azione riformatrice del mercato del lavoro e della sua governance, non può, infatti, limitarsi ad evocare il tema del riordino della normativa, ma, piuttosto, deve investire su tutti quegli strumenti di politica attiva, incentivi all’assunzione, collocamento mirato delle persone disabili, inserimento nel tessuto produttivo di soggetti in cerca di lavoro ed il coinvolgimento attivo dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro e dei beneficiari di ammortizzatori sociali, stanziando per essi, contrariamente a quanto previsto dalla legge delega, nuove e maggiori risorse;
la tutela universalistica nei confronti della disoccupazione, che dovrebbe essere finalizzata a garantire la dignità della persona ed a favorire il contrasto alla marginalità, non dovrebbe prescindere dal rafforzamento di tutte quelle politiche finalizzate al reinserimento nel mercato del lavoro. Oggi è arduo trovare traccia di reperimento di maggiori risorse finanziarie necessarie ad assicurare il sostegno al reddito, ma non si ipotizza neanche di incrementare quelle seppur irrisorie risorse stanziate fino ad oggi a favore delle politiche attive;
la credibilità dello stesso Jobs Act si gioca anche nella ragionevole aspettativa di tutti coloro che perdono il lavoro ad essere sostenuti da adeguati programmi di riqualificazione professionale o accompagnati nella ricerca di un nuovo impiego da una moderna rete di servizi per l’impiego. Ed infatti i toni trionfalistici che seguirono al varo delle nuove disposizioni sui licenziamenti e sulle cosiddette “tutele crescenti” annunciavano un robusto intervento di politiche attive per il lavoro al fine di realizzare quel circolo virtuoso diflexsecurity che avrebbe dovuto prendere in carico, anche sostenendola economicamente, la persona inattiva e traghettarla verso altra occupazione;
nel nostro Paese si parla da oltre vent’anni di politiche attive, la politica ha complicato non poco il quadro giuridico ed istituzionale, contribuendo, nell’ambito della riforma del Titolo V della Costituzione, a realizzare quella profonda frammentazione delle politiche del lavoro fino ad oggi gestite su scala regionale con differenziali di efficienza preoccupanti quanto evidenti. Tale quadro disomogeneo ha portato l’attuale governo a ricondurre a livello statale, attraverso l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, tutte le competenze gestionali in materia di servizi al lavoro, politiche attive e indennità di disoccupazione, lasciando a livello regionale solo la definizione delle stesse, soluzione dettatagli probabilmente dall’illusione che la istituita Agenzia possa surrogare a quello che la maggior parte delle Regioni non è riuscita a fare;
inoltre il progressivo conclamarsi ed aggravarsi della crisi economica insorta nel 2007, ha condotto dall’opportunità alla stringente necessità di sperimentare, attraverso lo strumento dell’ammortizzatore sociale in deroga, l’integrazione tra politiche passive e attive, anche grazie al sostegno offerto dal Fondo Sociale Europeo 2007-2013;
purtroppo, le esperienze condotte in tale ambito, fino oggi, restituiscono un dato sostanziale: il tempo dedicato alla politica attiva da parte del soggetto preso in carico si rivela, in modo chiaro e inoppugnabile, a parte alcuni sporadici casi fortunati, un mero adempimento formale, poiché l’offerta formativa promossa dalla maggior parte dei territori non risponderebbe ai reali fabbisogni professionali e distintivamente riferibili agli stessi sistemi locali di competenze;
l’OCSE nel suo ultimo rapporto, ha certificato come il sistema italiano dei servizi per il lavoro e le politiche attive è molto lontano dagli standard europei. Le risorse impegnate nel nostro Paese per l’attivazione al lavoro non superano il venti per cento sul totale delle risorse per le politiche del lavoro (che per quasi l’ottanta per cento si riconducono a meri interventi di politica passiva) e sono circa la metà di quanto impegnato ogni anno da Paesi come la Francia e la Germania, per non parlare delle risorse impegnate in servizi per l’impiego pubblici che sono addirittura di dieci volte inferiori all’investimento medio annuo dei suddetti Paesi. Si tratta, sempre secondo dati dell’OCSE, di uno 0,37 per cento del Pil nel 2011 a fronte di una media europea dello 0,7 per cento. Se poi si divide questa spesa per il numero dei disoccupati, si scopre che nel solo 2012 il nostro Paese ha speso in media 1.800 euro per disoccupato a fronte dei 16.900 euro della Danimarca e dei 6.500 euro del Belgio. A causa di tale gap l’Italia, sempre rispetto alle valutazioni dell’OCSE e della Commissione Europa, si colloca al 24° posto sui 28 paesi dell’Unione;
il programma “Garanzia Giovani”, che risulta dallo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame, articolo 8, punto 3 attribuito all’Anpal anche se non individuato tra le funzioni dell’Anpal dal decreto legislativo n. 150 del 2015, dal canto suo, quale nuovo approccio alla disoccupazione giovanile al quale non sono seguiti un adeguato impegno finanziario ed un reale sistema di monitoraggio, ha oramai mostrato, in modo chiaro e imbarazzante, il suo fallimentare esito sia in termini di efficacia e qualità occupazionale, sia in termini di efficienza del processo di implementazione, e dimostrato che il vero vulnus è rappresentato dall’incapacità dell’amministrazione pubblica di costruire le premesse dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro;
con il decreto legislativo n. 150 del 2015 all’Anpal viene conferita una posizione centrale nella gestione del mercato del lavoro come la panacea risolutrice, come la leva strategica per il superamento di tutti i problemi che affliggono il nostro mercato del lavoro, secondo uno schema che darebbe per scontata la previgenza del riordino delle competenze previsto dalla novella dell’articolo 117 della Costituzione, e che farebbe acquisire a livello centrale alla stessa Agenzia le competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego e di politiche attive, ereditando anche quelle facenti capo alle disciolte province, e mantenere solo in via residuale alle regioni le competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro, il tutto senza però prevedere: 1) un riadeguamento in termini di quantità e qualificazione delle risorse umane e di dotazioni infrastrutturali dedicate ai servizi per l’impiego; 2) una puntuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP); 3) un sistema di monitoraggio e valutazione delle performance degli stessi servizi per il lavoro che ne affidi la conduzione ad un soggetto pubblico di ricerca a garanzia di terzietà ed autorevolezza dello stesso processo valutativo; 4) la costruzione di una dorsale informativa in grado assicurare trasparenza all’offerta dei servizi di politica attiva, agli esiti in termini occupazionali, alla qualità dell’occupazione ed al rapporto tra costi e benefici;
con l’Anpal si assiste alla istituzione di una struttura unica che conduce alla creazione di un dinosauro istituzionale che adotta politiche del lavoro pianificate e realizzate su modelli standardizzati che non potranno tener conto, in alcun modo, delle specifiche esigenze di natura locale, senza alcun riconoscimento alle Regioni di un ruolo forte in materia di formazione e lavoro e senza alcuna condivisione con le stesse dei livelli di prestazione da fornire ai lavoratori, con conseguente appiattimento delle politiche attive anche a livello nazionale;
l’articolo 3 del decreto legislativo n. 150 del 2015, quindi, ha spostato le competenze sui programmi comunitari dal Ministero del lavoro all’Anpal. riconducendo in capo alla stessa Agenzia quelle funzioni strategiche legate ai finanziamenti comunitari, attraverso la sua diretta gestione del PON Occupazione 2014-2020 del FSE, snaturando, in tal modo ed indebitamente, le finalità occupazionali dello stesso fondo, in relazione alla programmazione delle politiche del lavoro e inclusione sociale, lasciando al Ministero il solo ruolo di indirizzo e vigilanza sull’ANPAL, ribaltando così un sistema che ha operato fino ad oggi, ove il Ministero esercitava il suo ruolo strategico nella gestione e programmazione delle politiche del lavoro e dell’inclusione sociale;
sul fronte delle risorse finanziarie già l’articolo 4 del decreto legislativo n. 150 del 2015, come confermato dallo schema di decreto in esame, l’istituzione dell’ANPAL avviene senza maggiori oneri per la finanza pubblica. Non si comprende a questo punto come la costituzione di un organismo deputato a svolgere un ruolo strategico per l’attuazione di politiche attive del lavoro e dell’inclusione, possa essere realizzata a costo zero.
cosi come non può essere condiviso l’attacco sferrato al personale degli istituti coinvolti nell’operazione di devoluzione delle funzioni di coordinamento e gestione delle politiche attive del lavoro, come dettagliato dallo schema di decreto legislativo in esame a carico dell’Ente Pubblico di Ricerca ISFOL, unico ente che da anni si occupa di ricerca, monitoraggio e valutazione di politiche attive del lavoro, della formazione e del welfare, di cui si prevede la mobilità verso l’Agenzia di un contingente rilevante di personale con conseguente riduzione della sua pianta organica;
in realtà la suddetta istituzione, senza peraltro una chiara definizione e ripartizione di ruoli e funzioni tra i tre organismi interessati (ISFOL, Ministero del Lavoro e Agenzia Nazionale), cosa che, peraltro, rende opaca la relazione tra gli stessi, si tramuterà in un costo per la collettività, visto che il processo di smantellamento, in termini di funzioni e relativo personale, del Ministero del Lavoro e dell’Isfol, è accompagnato anche dal passaggio delle funzioni fino ad oggi in capo alla Direzione Generale del Ministero del Lavoro con riferimenti alle politiche attive, ai servizi per il lavoro e alla formazione all’ANPAL, insieme ala gestione dei Fondi Interprofessionali, passaggio che si rivelerà, di fatto, in una duplicazione dell’osservatorio sulle medesime tematiche, tenuto conto che l’articolo 10 del decreto legislativo n. 150 del 2015 conferma all’Isfol, i compiti di monitoraggio e valutazione degli obiettivi e dell’operato dell’ANPAL, se così fosse l’Isfol andava, al contrario, rafforzato sia in termini di finanziamenti che di personale, e non indebolito, come invece prevede lo schema di decreto in esame che quantifica in 100 unità di ruolo quelle che saranno trasferite all’ANPAL;
lo schema di decreto in esame indica la dotazione organica pari a 217 unità (rispetto alle previste 395), compresi i livelli dirigenziali, delle quali 1 unità di livello dirigenziale generale, 7 unità di livello dirigenziale e 109 unità di personale non dirigenziale provenienti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociale e 100 unità del personale tecnico e di ricerca trasferito dall’Isfol, queste ultime tutte di ruolo, tenuto conto che il decreto legislativo n. 150 del 2015 non si riferiva in nessun modo al personale a tempo determinato che pur possiedono un contratto di lavoro fino al 2020;
lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame afferma che i dipendenti, sia che transitino dal ministero che dall’Isfol, potranno portare con sé le diverse tipologie contrattuali e previdenziali di appartenenza, condizione questa che farà emergere criticità dal punto di vista di trasparenza e separazione di ruoli e funzioni, nonché difficoltà di relazioni tra colleghi con contratti e retribuzioni diverse a parità di mansioni;
gli articoli 3 e 4 dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame determinano le modalità di trasferimento delle risorse umane dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Isfol, in tale ambito pur prevedendo interpelli e avviso pubblico si prevede altresì che in caso di mancato raggiungimento del numero di unità da trasferire su base volontaria si provveda con trasferimento coatto ma escludendo da tale azione i dipendenti dell’Isfol che nel corso del 2015 hanno ricoperto incarichi di coordinamento di strutture di ricerca, gruppi di ricerca o progetti di ricerca. Tale ultima indicazione appare incomprensibile in quanto sembra, più che garantire la continuità delle attività di ricerca che viene da una attività pluriennale non certo legata ad un solo anno, a garantire una parte dello stesso personale che ha svolto attività di ricerca;
il processo di progressivo indebolimento dell’Isfol, d’altronde è già previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2015, confermato anche dalla riduzione del contributo finanziario istituzionale previsto per il turnover, a decorrere dall’anno 2016, determinando in questo modo l’impossibilità per l’istituto di procedere ad assunzioni e di consolidare la sua funzione di ente pubblico di ricerca pubblica a servizio del Paese;
il caso dell’Isfol merita un approfondimento specifico, poiché rappresenta un ulteriore caso del processo di smantellamento della ricerca pubblica in questo Paese, che disattende lo stesso target definito da Europe 2020, che stabilisce un investimento nella ricerca pari al 3 per cento del Pil, a fronte dell’esiguo 1,27 per cento dell’Italia, ed avvalora il dubbio che l’attuale governo attribuisca scarso valore alla valutazione delle politiche del lavoro a quelle sociali e formative. Diversamente, il caso Isfol, dovrebbe offrire l’occasione per sottolineare la necessità di aprire un fronte ampio che, restituendo centralità al Parlamento, riporti in cima alle priorità del Paese la Ricerca Pubblica, nellaconsapevolezza che la stessa ricerca non si può condurre a costo zero e che il reale esercizio di azioni essenziali e strategiche, come le politiche attive per il lavoro e la formazione, avrebbe meritato, semmai, un intervento che valorizzasse l’esistente e superasse le attuali criticità di sistema, difendendo e rilanciando l’Isfol quale bene comune con funzioni di terzietà e garanzia nell’opera di valutazione e monitoraggio delle politiche della formazione, del lavoro e dell’inclusione sociale;
esprime parere contrario.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 281
L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto in titolo, premesso che esso è stato predisposto ai sensi dell’articolo 4, comma 18, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, che demanda ad un regolamento governativo l’adozione dello statuto dell’ANPAL;
atteso che il termine (ordinatorio) per l’emanazione del regolamento – stabilito in 45 giorni dall’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 149 – è scaduto l’8 novembre 2015, esprime parere favorevole, con le seguenti osservazioni.
In merito all’articolo 3, con riferimento ai poteri ministeriali di indirizzo e vigilanza, appare opportuno, come evidenziato dal parere del Consiglio di Stato, fare un chiaro rinvio alle previsioni delle fonti primarie.
Con riferimento all’articolo 4 sull’adozione dei regolamenti di contabilità e di organizzazione dell’ Agenzia, si fa presente che, in base alla normativa generale sugli statuti delle agenzie pubbliche, il potere di approvazione dei regolamenti sull’organizzazione ed il funzionamento adottati dall’Agenzia spetta al Ministero vigilante (nel caso di specie, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) e che la sostituzione del potere di approvazione con una funzione consultiva dovrebbe essere operata con norma di rango legislativo.
In merito all’articolo 7 sulle modalità di deliberazione del Consiglio di amministrazione, si fa presente che, come anche evidenziato dal parere del Consiglio di Stato, dal combinato disposto dei commi 5 e 7 potrebbe verificarsi la possibilità che ogni tipo di deliberazione possa essere decisa dalla sola volontà del presidente. Pur considerando che il numero dei componenti dell’organo è fissato in sole tre unità, si ritiene necessario fare in modo che la possibilità di un funzionamento a due dell’organo collegiale, con prevalenza del voto del Presidente, vada circoscritta a casi ben delimitati e non consentita quale possibilità generalizzata.
Sull’articolo 9, nella parte concernente le deliberazioni del collegio dei revisori, si osserva che, essendo il numero legale per la seduta costituito dalla presenza di almeno due membri, sarebbe opportuno definire la disciplina per il caso di parità di voti ovvero prevedere che alle sedute siano convocati sia i membri effettivi sia i supplenti (di modo che l’eventualità di una partecipazione di due soli componenti sia del tutto residuale).
Sulle funzioni del direttore generale, di cui all’articolo 10, confermandosi quelle già stabilite dalla disciplina di rango legislativo, si rileva l’esigenza, in considerazione di alcune differenze nella formulazione letterale rispetto alla disciplina legislativa, dell’inserimento in via aggiuntiva di un richiamo generale di quest’ultima.
In merito all’articolo 16 sulla procedura per l’adozione delle modifiche allo statuto, in conformità ai principi generali, si osserva che queste ultime dovrebbero essere operate con lo stesso procedimento stabilito per l’adozione dello statuto medesimo e che, pertanto, occorrerebbe far riferimento alle modalità poste dalla disciplina generale per i regolamenti di delegificazione. Inoltre, si ricorda che tali modalità contemplano anche il parere delle competenti Commissioni parlamentari, parere che non è invece compreso nell’attuale formulazione dell’articolo 16.
L’articolo 17, con il quale si demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione di un’organizzazione temporanea dell’Agenzia (in attesa del regolamento di organizzazione), appare ultroneo, in quanto non compete alla fonte regolamentare e statutaria individuare l’ambito di competenza del medesimo decreto; quest’ultimo, inoltre, può definire, in base alla disciplina di rango legislativo, soltanto una scansione temporale delle modalità e procedure di trasferimento delle suddette risorse e non un’organizzazione temporanea. Si segnala, altresì, che lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Atto di Governo n. 266) già disciplina, all’articolo 10, un’organizzazione temporanea dell’Agenzia.
Presidenza del Presidente
SACCONI
Orario: dalle ore 14,45 alle ore 15,50
AUDIZIONE INFORMALE SUI DISEGNI DI LEGGE NN. 2233 E 2229 (LAVORO AUTONOMO)