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Commissione Lavoro, pubblico e privato (Dai Resoconti Sommari)

redazione
Aprile13/ 2022

SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza della vicepresidente Renata POLVERINI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Tiziana Nisini.

La seduta comincia alle 14.35.

Documento di economia e finanza 2022.
Doc. LVII, n. 5, Annesso e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell’esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 aprile 2022.

Renata POLVERINIpresidente, avverte che nella seduta odierna la Commissione esprimerà il parere di propria competenza alla V Commissione, ai sensi dell’articolo 118-bis del Regolamento, sul Documento di economia e finanza 2022.
Chiede, quindi, al relatore, onorevole Lacarra, di illustrare la sua proposta di parere.

Marco LACARRA (PD), relatore, illustra la sua proposta di parere favorevole, soffermandosi, in particolare, sulle osservazioni, che riguardano: l’opportunità di adottare misure per l’eliminazione definitiva dell’amianto da spazi pubblici e privati e dai contesti di lavoro e per la cura e la prevenzione delle patologie asbesto-correlate; il rafforzamento del percorso della condivisione dei carichi di lavoro familiari; l’estensione dell’applicabilità del programma nazionale denominato «Garanzia di occupabilità dei lavoratori» (GOL); la detassazione degli incrementi retributivi a seguito dei rinnovi contrattuali; l’ulteriore incremento della dotazione del Fondo nuove competenze; l’adozione di misure pensionistiche per i giovani e le donne; la riduzione della tipologia dei contratti flessibili; il contrasto al lavoro sommerso e al fenomeno degli infortuni sul lavoro.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO
Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza della vicepresidente Renata POLVERINI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Tiziana Nisini.

La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.
Atto n. 377.
(Esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l’esame dello schema di decreto.

Renata POLVERINIpresidente, avverte che il termine per l’espressione del parere scadrà l’11 maggio 2022.
Invita, quindi, il relatore, onorevole Viscomi, a illustrare il contenuto del provvedimento.

Antonio VISCOMI (PD), relatore, rileva preliminarmente che lo schema di decreto legislativo è volto al recepimento della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. Tale direttiva, sostituendo e abrogando la direttiva 91/533/CEE, recepita nell’ordinamento nazionale dal decreto legislativo n. 152 del 1997, aggiorna gli obblighi di informazione dei lavoratori rispetto alle proprie condizioni di lavoro e stabilisce tutele minime per tutte le tipologie di lavoratori, garantendo loro maggiore prevedibilità e chiarezza in materia di trasparenza delle informazioni sul rapporto e sulle condizioni di lavoro.
La direttiva che si intende recepire introduce modifiche migliorative nei seguenti ambiti: l’accesso dei lavoratori alle informazioni concernenti le loro condizioni di lavoro; le condizioni di lavoro, con particolare riferimento ai lavori nuovi e non standard; la salvaguardia dell’adattabilità e dell’innovazione del mercato del lavoro; il rafforzamento delle misure di tutela delle condizioni di lavoro; la trasparenza del mercato del lavoro; la limitazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese.
Lo schema di decreto legislativo in esame, in attuazione della delega conferita dall’articolo 1 e dall’Allegato 1 (n. 25) della legge n. 53 del 2021 (legge di delegazione europea 2019-2020), novella il citato decreto legislativo n. 152 del 1997 e ne estende il campo di applicazione ai lavoratori impiegati con tipologie contrattuali non standard.
Venendo al merito, segnala che lo schema di decreto legislativo consta di diciassette articoli, suddivisi in quattro Capi. In particolare, al Capo I, l’articolo 1 delinea il campo di applicazione del provvedimento che, come si legge al comma 1, disciplina il diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela. Esso si applica: ai contratti di lavoro subordinato, compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale; ai contratti di lavoro somministrato; ai contratti di lavoro intermittente; ai rapporti di lavoro con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015; ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, ad eccezione dei rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale; ai contratti di prestazione occasionale, di cui all’articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017 (comma 1); ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici (comma 2); ai lavoratori marittimi, ai lavoratori della pesca (fatta salva la disciplina speciale vigente) e ai lavoratori domestici (comma 3).
Al contrario, la disciplina in esame non si applica: ai rapporti di lavoro autonomo di cui al Titolo III del libro V del codice civile e a quelli di lavoro sportivo autonomo, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; ai rapporti di lavoro di durata predeterminata ed effettiva pari o inferiore a una media di tre ore a settimana nell’arco di quattro settimane consecutive (i cosiddetti «contratti a zero ore»); ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale; ai rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, con lui conviventi; ai rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero; ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico, tra i quali rientrano i magistrati, gli avvocati e i procuratori dello Stato, il personale militare e delle forze di polizia (comma 4).
L’articolo 2 reca le definizioni ricorrenti nel testo. L’articolo 3 disciplina le modalità di comunicazione a ciascun lavoratore delle informazioni, disponendo che il datore di lavoro comunica in modo trasparente, chiaro, completo, conforme agli standard di accessibilità riferiti anche alle persone con disabilità e a titolo gratuito, in formato cartaceo o elettronico, conservando la prova della trasmissione o della ricezione. Le informazioni sono conservate e rese accessibili in qualsiasi momento su richiesta del lavoratore.
Al Capo II, l’articolo 4 introduce modificazioni al decreto legislativo n. 152 del 1997. In particolare, al comma 1, la lettera a) sostituisce l’articolo 1 vigente, introducendo una più dettagliata serie di informazioni che il datore di lavoro è tenuto a comunicare, in primo luogo, l’identità delle parti, compresa quella dei co-datori (in caso di distacco tra aziende facenti parte di una rete di imprese). Come si legge nella relazione introduttiva, tale novità riflette sia l’evoluzione normativa sia la necessità di rendere noto al lavoratore quale sia la corretta imputazione del rapporto di lavoro nelle ipotesi in cui esso sia dipendente non soltanto dal datore di lavoro che lo ha formalmente assunto, ma anche delle altre parti datoriali che, in qualche modo, traggono vantaggio dalla sua prestazione. Le ulteriori tipologie di informazioni da comunicare obbligatoriamente, rispetto a quelle previste dalla legislazione vigente ed esplicitamente previste dalla direttiva europea, riguardano, in particolare: la tipologia di rapporto di lavoro; il diritto di ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro; il diritto di conoscere anche gli altri congedi retribuiti oltre le ferie; il diritto di essere informato della programmazione dell’orario normale di lavoro e delle condizioni relative al lavoro straordinario, in caso di organizzazione prevedibile; il diritto di essere informato che il lavoro si svolge secondo modalità organizzative imprevedibili, della variabilità della programmazione del lavoro, dell’eventualità della garanzia di un numero minimo di ore lavorate e dell’ammontare della retribuzione, delle ore e dei giorni in cui rendere la prestazione lavorativa e del periodo minimo di preavviso; il contratto collettivo, anche aziendale, applicabile; gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi.
La norma, inoltre, disciplina i tempi e le modalità con le quali il lavoratore deve essere informato, prevede l’obbligo di integrazione delle informazioni nel caso di comunicazione incompleta, estende l’obbligo informativo, compatibilmente con la natura e la tipologia del rapporto di lavoro, anche al committente di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e alle prestazioni di lavoro occasionale, disciplina le modalità per rendere pubbliche le tipologie di informazione oggetto di obbligo, esclude i lavoratori marittimi e del settore della pesca dall’applicazione delle disposizioni relative alle modalità organizzative imprevedibili e agli enti previdenziali destinatari dei contributi.
La lettera b) introduce nel decreto legislativo n. 152 del 1997 l’articolo 1-bis, che elenca ulteriori tipologie di informazioni da comunicare al lavoratore nelle ipotesi in cui le modalità decisionali di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l’utilizzo di sistemi automatizzati di decisione o di monitoraggio. Esse riguardano: le caratteristiche di tali sistemi (gli aspetti del rapporto di lavoro su cui incidono, i loro scopi e finalità, la loro logica e il loro funzionamento); i dati e i parametri principali utilizzati per programmarli, inclusi i meccanismi di valutazione; le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate; gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità; il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza di tali sistemi; le metriche utilizzate per la misurazione di tali parametri e i loro potenziali impatti discriminatori. Come si legge nella relazione illustrativa, lo scopo delle disposizioni è di ridurre le asimmetrie informative, qualora i committenti o i datori di lavoro utilizzino sistemi algoritmici per coordinare, gestire e monitorare il rapporto di lavoro. Il diritto alla trasparenza garantito da tali previsioni è in linea, sempre secondo la relazione illustrativa, con quanto già disposto in materia di protezione dei dati personali e si ribadisce esplicitamente il diritto di non essere sottoposto a decisioni basate unicamente sul trattamento automatizzato, come già previsto dal regolamento (UE) n. 2016/679 relativo alla protezione dei dati personali (General Data Protection Regulation – GDPR). In linea con la normativa europea, inoltre, la norma prevede il diritto del lavoratore di accedere, direttamente o tramite le rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, ai dati e di richiedere ulteriori informazioni concernenti gli obblighi informativi e il contestuale dovere del datore di lavoro o del committente a trasmettere i dati richiesti entro trenta giorni.
La lettera c) sostituisce l’articolo 2 del decreto legislativo n. 152 del 1997, in materia di prestazioni di lavoro all’estero. Tra le novità introdotte rispetto alla disciplina vigente, si segnala, in primo luogo, l’esplicitazione dell’obbligo in capo al datore di lavoro di comunicare al lavoratore distaccato nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi in uno Stato membro o in uno Stato terzo, per iscritto e prima della partenza, qualsiasi modifica del rapporto di lavoro e le ulteriori informazioni supplementari. Tra queste, oltre a quelle già previste relative alla durata della missione all’estero, alla valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione, alle eventuali ulteriori prestazioni in denaro o in natura spettanti, nonché alle condizioni del rimpatrio, la norma prevede, inoltre, l’obbligo di comunicazione delle informazioni relative alla retribuzione, conformemente al diritto applicabile dello Stato membro ospitante, alle eventuali indennità specifiche per il distacco e alle modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio, nonché all’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco. L’obbligo informativo non sussiste nelle ipotesi in cui il distacco abbia una durata inferiore a quattro settimane. Infine, la disciplina in esame non si applica né al personale dipendente di amministrazioni pubbliche né ai lavoratori marittimi e del settore della pesca.
La lettera d) sostituisce l’articolo 3 del decreto legislativo n. 152 del 1997, che disciplina gli obblighi informativi in caso di modifica degli elementi del contratto dopo l’assunzione, riducendo in maniera sostanziale i tempi entro i quali il datore di lavoro è tenuto a fare la sua comunicazione.
La lettera e) sostituisce l’articolo 4 del decreto legislativo n. 152 del 1997, introducendo nuove disposizioni di carattere sanzionatorio, che fanno riferimento all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003, e prevedendo che l’inadempimento da parte delle pubbliche amministrazioni sia valutato ai fini della responsabilità dirigenziale e della misurazione della performance.
L’articolo 5 reca modificazioni a ulteriori disposizioni legislative, allo scopo di armonizzarle e renderle coerenti con quelle introdotte dallo schema di decreto in esame. Tra tali modifiche si segnalano, in particolare, quelle riguardanti le modalità di adempimento degli obblighi informativi in caso di prestazioni di lavoro occasionale (comma 1), nonché di lavoro intermittente, di somministrazione di lavoro e di lavoro tramite piattaforme digitali (comma 2).
L’articolo 6 dispone l’applicazione delle disposizioni in esame al personale in regime di diritto pubblico, compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti di settore.
Il Capo III reca disposizioni in materia di prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro, recependo le norme della direttiva (UE) 2019/1152 che, come si legge nella relazione illustrativa, riconoscono una serie di nuovi diritti materiali finalizzati a offrire una più ampia tutela in materia di condizioni di lavoro a tutti i lavoratori e, in particolare, a quelli con posti di lavoro non standard.
Venendo al merito, l’articolo 7, che recepisce l’articolo 8 della direttiva, reca disposizioni riguardanti il periodo di prova. Si segnala, a tale proposito, che la direttiva afferma il principio della tutela del lavoratore al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro e del passaggio a una nuova posizione lavorativa, evitando una prolungata situazione di incertezza e prevedendo la durata ragionevole dei periodi di prova, come stabilito anche nel pilastro europeo dei diritti sociali. Pertanto, conformemente alla direttiva nonché alla normativa nazionale attualmente vigente e agli orientamenti giurisprudenziali, l’articolo 7 dispone che il periodo di prova non può essere superiore a sei mesi, salva diversa previsione dei contratti collettivi (comma 1), che abbia una durata proporzionata nel caso di rapporti di lavoro a tempo determinato (comma 2) e che possa essere prolungato nel caso di interruzioni dovute all’assenza del lavoratore per malattia, infortunio, congedo maternità o paternità obbligatori (comma 3). Infine, la norma riafferma l’applicazione dell’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 per le pubbliche amministrazioni (comma 4).
L’articolo 8 recepisce l’articolo 9 della direttiva, disponendo che il datore di lavoro non deve vietare al lavoratore lo svolgimento di un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario stabilito e sancendo, conseguentemente, il divieto di introdurre clausole di tale tenore e di riservare un trattamento sfavorevole se il lavoratore accetta una seconda occupazione (comma 1). Anche in questo caso, come si legge nella relazione introduttiva, le disposizioni introdotte risultano in linea con il complessivo quadro giuridico nazionale, poiché la norma fa salvo quanto previsto dall’articolo 2105 del codice civile in materia di dovere di fedeltà del lavoratore e dei conseguenti divieto di concorrenza e obbligo di riservatezza. Il divieto può essere derogato al ricorrere di una delle condizioni espressamente elencate, ovvero un pregiudizio per la salute e la sicurezza, compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico; il conflitto di interessi tra le due attività (comma 2). La norma, infine, dispone l’applicazione della disciplina anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (comma 3) e, al contrario, la esclude per i lavoratori marittimi e del settore della pesca (commi 3 e 5). Per il settore delle pubbliche amministrazioni resta ferma la disciplina di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
L’articolo 9, recependo l’articolo 10 della direttiva, impone al datore di lavoro di garantire un livello minimo di prevedibilità ai lavoratori il cui rapporto di lavoro, subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa, si svolga secondo modalità in tutto o in gran parte imprevedibili. Come risulta dalla relazione introduttiva, che fa riferimento al considerando n. 30 della direttiva, si tratta di rapporti di lavoro il cui orario e la cui collocazione temporale non sono predeterminati e il cui programma di lavoro è determinato principalmente dal datore di lavoro sia direttamente, mediante, ad esempio, l’assegnazione di incarichi, sia indirettamente, ad esempio richiedendo al lavoratore di rispondere alle richieste dei clienti. Anche in questo caso, il divieto al datore di lavoro di imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa può essere derogato al ricorrere contestuale di due condizioni: la preventiva indicazione delle ore e dei giorni di riferimento durante i quali il lavoro può avere luogo e un ragionevole preavviso sull’incarico o la prestazione da eseguire (comma 1). In mancanza anche di una di tali condizioni, il lavoratore può rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione senza subire pregiudizi anche di natura disciplinare (comma 2). Il comma 3 elenca le informazioni da dare al lavoratore da parte del datore di lavoro, che, conformemente ai criteri individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, abbia stabilito il numero minimo delle ore retribuite garantite. Il comma 4 prevede l’obbligo, per il datore di lavoro che revochi un incarico o una prestazione programmata senza un ragionevole periodo di preavviso, di riconoscere al lavoratore la retribuzione inizialmente prevista o una somma a titolo di compensazione, la cui misura non può essere inferiore al 50 per cento del compenso previsto per la prestazione annullata. La disciplina in esame non si applica ai lavoratori marittimi e del settore della pesca, mentre, al contrario, si applica anche al committente nell’ambito di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (commi 5 e 6).
Con l’intento di promuovere forme di lavoro maggiormente prevedibili, l’articolo 10, che recepisce l’articolo 12 della direttiva, introduce il diritto del lavoratore, con almeno sei mesi, anche non continuativi, di anzianità contributiva, di richiedere al datore di lavoro, che ne abbia la possibilità, condizioni di lavoro più prevedibili, sicure e stabili. A tale richiesta, che può essere ripetuta dopo sei mesi, il datore di lavoro, su cui non grava un obbligo di concedere la transizione ad altra forma di lavoro, deve fornire entro un mese una risposta scritta motivata. Il diritto può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la sua volontà entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del medesimo rapporto. La disciplina in esame non si applica ai dipendenti di pubbliche amministrazioni, ai lavoratori marittimi e del settore della pesca e ai lavoratori domestici.
L’articolo 11 dispone che la formazione che il datore di lavoro è tenuto a erogare, sulla base di disposizioni legislative o contrattuale, è gratuita e va considerata orario di lavoro. Tale previsione non si applica alla formazione professionale o a quella necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare la qualifica professionale, salvo che non rientri negli obblighi del datore di lavoro, sulla base di disposizioni legislative o contrattuali.
Al Capo IV, l’articolo 12 riconosce ai lavoratori, in caso di violazione delle disposizioni recate dal provvedimento in esame e dal decreto legislativo n. 152 del 1997, il diritto di utilizzare modalità di risoluzione rapida delle controversie, promuovendo il tentativo di conciliazione presso gli uffici territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro o ricorrendo ai collegi di conciliazione e arbitrato o rivolgendosi alle camere arbitrali istituite presso gli organi di certificazione, ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria e amministrativa e salvo specifiche procedure previste dai contratti collettivi di lavoro.
L’articolo 13 introduce disposizioni per la tutela da ritorsioni e trattamenti sfavorevoli del lavoratore che abbia presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbia promosso un procedimento, anche non giudiziario, per ottenere il rispetto dei diritti garantiti dal provvedimento in esame e dal decreto legislativo n. 152 del 1997. In particolare, la norma prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
L’articolo 14 vieta il licenziamento e i trattamenti pregiudizievoli del lavoratore in conseguenza dell’esercizio dei diritti previsti dal provvedimento in esame e dal decreto legislativo n. 152 del 1997. Fatta salva la disciplina di cui all’articolo 2 della legge n. 604 del 1966, la norma prevede il diritto dei lavoratori licenziati di richiedere al datore di lavoro la motivazione delle decisioni adottate e l’obbligo di quest’ultimo di rispondere per iscritto entro sette giorni. Nel caso in cui il lavoratore faccia ricorso all’autorità giudiziaria competente, l’onere di provare che il licenziamento non è dovuto alla violazione lamentata dal lavoratore incombe sul datore di lavoro.
L’articolo 15 dispone che per le violazioni dei diritti previsti dal provvedimento in esame e dal decreto legislativo n. 152 del 1997 riguardanti il personale in regime di diritto pubblico si applicano le disposizioni dei rispettivi ordinamenti di settore.
L’articolo 16 dispone l’applicazione delle disposizioni di cui al provvedimento in esame a tutti i rapporti di lavori già instaurati alla data della sua entrata in vigore e prevede l’obbligo per i datori di lavoro e dei committenti di fornire, aggiornare o integrare, entro trenta giorni da tale data, le informazioni richieste dalla nuova disciplina.
L’articolo 17, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.

Renata POLVERINIpresidente, poiché nessuno chiede di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE.
Atto n. 378.
(Esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l’esame dello schema di decreto.

Renata POLVERINIpresidente, avverte che il termine per l’espressione del parere scadrà l’11 maggio 2022.
Invita, quindi, la relatrice, onorevole Gribaudo, a illustrare il contenuto del provvedimento.

Chiara GRIBAUDO (PD), relatrice, procede a illustrare il contenuto del provvedimento, segnalando preliminarmente che lo schema di decreto legislativo in esame, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1158, introduce le conseguenti modifiche alla legislazione vigente in materia conciliazione tra vita familiare e attività professionale. Esso dà attuazione alla delega conferita al Governo dall’articolo 1 e dall’allegato A, numero 27, della legge n. 53 del 2021(legge di delegazione europea 2019-2020), da esercitarsi entro il 2 luglio 2022, a fronte del termine per il recepimento della direttiva, fissato il 2 agosto 2022. Per l’esercizio della delega, non sono previsti principi e criteri direttivi specifici e, pertanto, si fa riferimento a quelli generali indicati dall’articolo 32 della legge n. 234 del 2012.
Il provvedimento, che consta di otto articoli, è volto, come recita l’articolo 1, a migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
Si compiace di sottolineare che la Commissione Lavoro si è molto impegnata su tale argomento sia nella passata legislatura sia in quella in corso, dimostrando una particolare unità di intenti, che ha favorito il raggiungimento di risultati significativi, il più importante dei quali è senz’altro la legge n. 162 del 2021, recante modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Ricorda che l’approvazione di tale legge si deve all’iniziativa e alla volontà della Commissione, con la quale il Governo ha proficuamente collaborato, proponendo soluzioni concrete per il superamento delle criticità che si sono presentate nel corso dell’iter legislativo. Ritiene, comunque, che tale risultato sia anche l’effetto di una rinnovata sensibilità in materia, messa alla prova dalla recente difficile esperienza della pandemia da COVID-19, che ha mostrato con ogni evidenza, da una parte, che le difficoltà delle donne sul mercato del lavoro dipendono essenzialmente dallo squilibrio delle responsabilità di cura in ambito familiare e, dall’altra, che gli uomini, soprattutto i più giovani, non si tirerebbero indietro di fronte agli impegni se la legislazione fornisse gli strumenti adeguati, anche nell’ottica della promozione di una nuova mentalità. Anche il PNRR risulta innervato dall’assunto che la promozione delle pari opportunità non è solo un fatto di civiltà e di progresso ma è anche il presupposto di una crescita economica robusta e duratura.
Tornando, quindi, al merito dello schema di decreto, rileva che l’articolo 2 introduce modificazioni al decreto legislativo n. 151 del 2001 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità). La principale novità è costituita dal congedo di paternità – la cui disciplina è recata dall’articolo 27-bis introdotto dallo schema di decreto nel testo unico. Esso prevede, in particolare, l’astensione dal lavoro del padre lavoratore, dai due mesi precedenti al parto ai cinque mesi successivi, per un periodo di dieci giorni, non frazionabili in ore, da utilizzare anche in via non continuativa e fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio. La durata del congedo è raddoppiata in caso di parto plurimo. Il congedo è fruibile anche in concomitanza della fruizione del congedo da parte della madre e si applica anche in caso di adozione o affidamento (comma 1, lettera c)). Il periodo di congedo obbligatorio è retribuito con un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione, è computato nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie, ed è considerato, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa (comma 1, lettera e)). La norma, inoltre, prevede specifiche sanzioni per il datore di lavoro che rifiuti, si opponga o ostacoli l’esercizio del diritto a godere del congedo obbligatorio (comma 1, lettera g)).
Come risulta dalla sintetica descrizione delle disposizioni, la disciplina introdotta dallo schema di decreto conferma, in sostanza, quanto già previsto dalla legge di bilancio per il 2022, che, rendendo strutturale una disciplina sperimentalmente introdotta dall’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge n. 92 del 2012 e più volte prorogata, ne ha confermata la durata di dieci giorni lavorativi La disciplina conferma anche l’articolo 28 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001 in merito al congedo di paternità alternativo, trattandosi di istituto che concerne, a differenza del congedo di paternità, l’utilizzo in via alternativa di parte del congedo obbligatorio per maternità per le fattispecie ivi disciplinate. Infine si evidenzia che, per l’effetto combinato della disciplina di cui al nuovo articolo 27-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 e dell’articolo 2, comma 1, lettera e), dello stesso decreto legislativo, il congedo di paternità obbligatorio risulta esteso anche al pubblico impiego, settore nel quale, a normativa vigente, tale applicazione è prevista solo in via programmatoria, in quanto demandata all’adozione di successivi atti di recepimento, che non risultano essere stati adottati.
L’articolo 2 dello schema di decreto introduce modifiche anche alla disciplina del congedo parentale. In particolare, ne aumenta la durata, da dieci a undici mesi, nel caso di nucleo familiare monoparentale (comma 1, lettera h)) e introduce modifiche alla disciplina riguardante l’indennità (comma 1, lettera i)). In particolare, a legislazione vigente, ai genitori lavoratori dipendenti è corrisposta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione – per i dipendenti pubblici, per i primi trenta giorni, l’indennità è pari al 100 per cento della retribuzione in base ai contratti collettivi – fino al sesto anno di vita del figlio per un periodo massimo, complessivo tra i genitori, di sei mesi (articolo 34, comma 1, del testo unico). A tale riguardo, la norma dello schema di decreto in esame prevede che i genitori, oltre a un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione per tre mesi non trasferibili fino al dodicesimo anno del figlio, hanno diritto anche, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo, della durata complessiva di tre mesi, e a un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione (comma 1, lettera i), n. 1). Pertanto, rispetto al quadro normativo vigente, fermo restando il limite di 10 mesi, o 11 mesi se il padre lavoratore esercita il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, la norma, in primo luogo, estende da sei anni a dodici anni di età del bambino – la direttiva, all’articolo 5, comma 1, fissa il limite di età del bambino a otto anni – la possibilità di usufruire del congedo parentale con percezione dell’indennità del 30 per cento della retribuzione per la generalità dei lavoratori e da otto anni a dodici anni per i lavoratori con reddito individuale dell’interessato inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (TM). In secondo luogo, la norma in esame, in parziale difformità rispetto alla direttiva, che, all’articolo 5, comma 1, indica un numero di mesi pari a quattro e una non trasferibilità pari a due mesi, elimina l’alternatività del godimento del diritto nei primi sei mesi (coperti da indennità) e introduce la previsione di un’indennità a copertura dei successivi tre mesi di congedo, da usufruire in alternativa tra i genitori, aumentando, di fatto, da sei a nove il numero dei mesi coperti dall’indennità.
Nel dettaglio, fermo restando il riconoscimento della contribuzione figurativa per tutto il periodo di congedo, la norma aumenta a nove mesi per la generalità di lavoratori il periodo massimo di congedo parentale con indennità al 30 per cento fino a dodici anni – tre mesi per ciascun genitore non trasferibile più ulteriori tre mesi da utilizzare in via alternativa – e, per i lavoratori con reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo INPS conferma il periodo massimo pari a 10 o 11 mesi portandolo fino a dodici anni di età, rispetto agli otto anni di vita del bambino.
La norma, infine, introduce modifiche alla disciplina dei congedi parentali riguardanti adozioni, affidamenti e congedi per figli con handicap (comma 1, lettera i), n. 2, 3 e 4, e l)). Si segnala, alla lettera m) del comma 1, l’estensione a una delle parti di un’unione civile e al convivente di fatto della disciplina in materia di congedo straordinario per l’assistenza a parenti affetti da disabilità grave, recata dall’articolo 42 del testo unico, e riduce da sessanta a trenta giorni il termine dilatorio minimo – decorrente dalla richiesta – per l’inizio della fruizione del congedo, anche nel caso in cui la convivenza con il soggetto da assistere sia iniziata successivamente alla richiesta di usufruire del congedo, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 232 del 2018.
Ulteriori novità recate dal comma 1, che non costituiscono recepimenti di disposizioni recate dalla direttiva, riguardano: il divieto di licenziamento nel caso in cui il lavoratore stia usufruendo sia del congedo di paternità obbligatorio sia di quello alternativo (lettera n)); l’estensione del diritto all’indennità di maternità ai due mesi antecedenti la data del parto, limitatamente all’ipotesi di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, per le coltivatrici dirette, colone, mezzadre ed imprenditrici agricole professionali, le artigiane, le esercenti attività commerciali, nonché le libere professioniste iscritte a una forma obbligatoria di previdenza gestita da un ente di diritto privato (lettere o) e q)); l’estensione del diritto al congedo parentale ai padri lavoratori autonomi iscritti all’INPS (lettera p)).
Passando all’articolo 3, che modifica la legge n. 104 del 1992 (legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), si rileva che il comma 1, lettera a), recependo l’articolo 11 della direttiva, introduce il divieto di discriminazione dei lavoratori per ragioni connesse alla fruizione dei benefici connessi al proprio stato di disabilità o a quello di coloro a cui prestano assistenza e rinvia, per la regolazione delle controversie in sede civile, all’articolo 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, relativo al rito sommario di cognizione. La norma, inoltre, per coloro che non ritengono di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, prevede la possibilità di promuovere il tentativo di conciliazione, ai sensi dell’articolo 410 del codice di procedura civile, e fa salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di diritto pubblico.
La lettera b) introduce modifiche alla disciplina del permesso mensile retribuito per l’assistenza di persone con disabilità grave, tra le quali si segnalano: l’estensione della platea dei beneficiari alla parte dell’unione civile e al convivente di fatto e la possibilità che i permessi siano fruiti, con riferimento alla stessa persona assistita, da più soggetti aventi diritto, fermo restando il limite complessivo di tre giorni al mese (n. 2); per i lavoratori che usufruiscono dei permessi per assistere disabili, il diritto di priorità nelle richieste di esecuzione del lavoro in modalità agile, con riferimento ai casi in cui il datore di lavoro, pubblico o privato, stipuli accordi individuali per l’applicazione di tale istituto (n. 4).
L’articolo 4 modifica la legge n. 81 del 2017 (che reca misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato). In particolare, il comma 1, lettera a), aumenta da sei a nove mesi il periodo di congedo parentale complessivo coperto da indennità per i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’INPS, di cui tre mesi per ciascuno dei genitori (per un totale di sei mesi) e tre mesi trasferibili tra i genitori. La norma, inoltre, estende dai primi tre anni di vita ai primi dodici anni di vita del figlio il periodo entro il quale usufruire del congedo parentale. La lettera b), in tema di accoglimento delle richieste di esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile, estende il diritto di priorità alle richieste formulate da genitori con figli fino a dodici anni (in aumento rispetto ai tre anni attualmente previsti) nonché a quelle dei lavoratori con responsabilità di cura (caregivers). La norma, inoltre, introduce il divieto di discriminazione per i soggetti richiedenti e dispone la nullità qualunque misura adottata in violazione di tale divieto.
L’articolo 5, che modifica il decreto legislativo n. 81 del 2015, dispone, con riguardo alla disciplina della trasformazione del rapporto di lavoro, di cui all’articolo 8: l’estensione alla parte dell’unione civile e al convivente di fatto che assistano familiari affetti da gravi patologie oncologiche della priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, attualmente prevista per il coniuge lavoratore (comma 1, lettera a)); il divieto di discriminazione per coloro che richiedono la trasformazione del contratto e la nullità di qualunque misura adottata in violazione del divieto (comma 1, lettera b)).
L’articolo 6 prevede il monitoraggio dell’attuazione delle disposizioni del provvedimento in esame, sulla base della predisposizione, con cadenza annuale, di una relazione da parte dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), che si avvale dei dati forniti dall’INPS.
Infine, gli articoli 7 e 8 recano, rispettivamente, la copertura finanziaria degli oneri del provvedimento e le abrogazioni.

Renata POLVERINIpresidente, poiché nessuno chiede di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

SEDE REFERENTE
Mercoledì 13 aprile 2022. — Presidenza della vicepresidente Renata POLVERINI.

La seduta comincia alle 14.45.

Disposizioni in materia di prestazioni di lavoro accessorio.
C. 745 Polverini, C. 864 Rizzetto, C. 915 Caiata, C. 2825 Caretta.
(Seguito dell’esame e rinvio – Nomina di un Comitato ristretto).

La Commissione prosegue l’esame delle proposte di legge in titolo, rinviato nella seduta del 25 novembre 2021.

Renata POLVERINIpresidente, ricorda che, nella giornata di ieri, si è concluso un ampio ciclo di audizioni, che ha consentito alla Commissione di evidenziare le maggiori criticità in materia e di raccogliere dati e spunti utili ai fini del prosieguo dell’esame delle abbinate proposte di legge.
Come deciso dall’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dello scorso 6 aprile, la Commissione nella seduta odierna potrebbe procedere alla nomina di un Comitato ristretto per il seguito dell’approfondimento istruttorio sulle proposte di legge.
Pertanto, in sostituzione del relatore, onorevole Rizzetto, propone la nomina di un Comitato ristretto per il prosieguo dell’esame sulle proposte di legge.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di nominare un Comitato ristretto, riservandosi la presidenza di indicarne i componenti sulla base della designazione dei gruppi.

Renata POLVERINIpresidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame delle proposte di legge ad altra seduta.

Modifica all’articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in materia di obbligo contributivo dei liberi professionisti appartenenti a categorie dotate di una propria cassa di previdenza.
C. 1823 Serracchiani e C. 3426 Costanzo.
(Seguito dell’esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 3076 Gribaudo).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 24 marzo 2022.

Renata POLVERINIpresidente, avverte che è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 3076 Gribaudo, recante disposizioni concernenti il regime previdenziale dei farmacisti.
Come deciso dall’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dello scorso 6 aprile, trattandosi di una proposta di legge che presenta profili riconducibili a quelle in esame, la Commissione potrebbe procedere all’abbinamento.
Chiede, pertanto, al relatore, onorevole Viscomi, di illustrare il contenuto della proposta di legge C. 3076 Gribaudo e di formulare la sua proposta in merito all’abbinamento.

Antonio VISCOMI (PD), relatore, segnala che la proposta di legge C. 3076 Gribaudo è volta, come si legge nella relazione illustrativa, a sanare l’attuale disparità di trattamento a danno dei farmacisti dipendenti, che sono tenuti a versare i contributi previdenziali sia all’INPS sia all’ente nazione di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF). Si tratta di un obbligo che, oltre a essere ingiusto, incide pesantemente sul reddito di tali soggetti, prevalentemente composta da lavoratori a reddito medio-basso, spesso donne con rapporto di lavoro precario. Infatti, a differenza degli altri enti previdenziali privati, l’ENPAF applica aliquote contributive fisse a prestazione definita e non variabili in base al reddito, pur se si prevede la possibilità del riconoscimento di aliquote contributive ridotte, ma a domanda e per un periodo circoscritto. Inoltre, i contributi versati all’ENPAF in concomitanza con quelli versati all’INPS per la medesima attività con rapporto di lavoro dipendente non è utilizzabile mediante cumulo o totalizzazione e si perde in casi di mancato raggiungimento dell’anzianità minima contributiva richiesta dall’Ente.
Venendo, quindi, al merito della proposta di legge, rileva che essa consta di cinque articoli e che l’articolo 1 limita l’obbligatorietà dell’iscrizione all’ENPAF ai soli farmacisti che esercitano la libera professione, consentendone l’annullamento ai farmacisti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, disoccupati, inoccupati o in formazione. L’articolo 2 prevede l’adeguamento dei regolamenti dell’ENPAF ed esclude l’imposizione di contributi di solidarietà ai farmacisti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, disoccupati, inoccupati o in formazione.
L’articolo 3 modifica la disciplina riguardante il cumulo dei periodi assicurativi, mentre l’articolo 4 consente il cumulo di quelli coincidenti, ai fini del solo montante contributivo.
L’articolo 5, infine, reca la copertura finanziaria.
Trattandosi di una proposta di legge che presenta profili riconducibili a quelle in esame, concorda quindi sull’opportunità che la Commissione proceda al suo abbinamento alle proposte di legge C. 1823 Serracchiani e C. 3426 Costanzo. Sottolinea, tuttavia, che le tre proposte di legge, pur vertendo tutte sulla materia previdenziale, incidono in realtà su ambiti in parte diversi. La proposta di legge C. 1823 Serracchiani, infatti, riguarda i liberi professionisti già iscritti alle proprie casse di previdenza ma tenuti anche all’iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS; la proposta di legge C. 3426 Costanzo riguarda in generale la disciplina degli enti privati gestori di forme obbligatorie di previdenza; infine, la proposta di legge C. 3076 Gribaudo, testé abbinata, riguarda i farmacisti dipendenti, assicurati presso l’INPS e tenuti a iscriversi anche all’ENPAF. Ricorda, inoltre, che sono in corso approfondimenti e interlocuzioni con il Governo e l’INPS allo scopo di superare le criticità emerse nel corso dell’esame della proposta di legge C. 1823 Serracchiani. Pertanto, se tali nodi dovessero essere sciolti, il prosieguo delle proposte di legge abbinate potrebbe prendere direzioni diverse.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di abbinamento della proposta di legge C. 3076 Gribaudo.

Renata POLVERINIpresidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame delle proposte di legge ad altra seduta.

Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.
C. 2098 Comaroli, C. 2247 Elvira Savino, C. 2392 Serracchiani, C. 2478 Rizzetto e C. 2540 Segneri.
(Seguito dell’esame e rinvio – Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l’esame delle proposte di legge, rinviato nella seduta del 13 ottobre 2021.

Renata POLVERINIpresidente, avverte che il Comitato ristretto, nominato per la predisposizione di un testo unificato delle proposte di legge in esame, ha terminato i suoi lavori lo scorso 5 aprile. Chiede, pertanto, al relatore, onorevole Giaccone, di illustrare le risultanze dei lavori del Comitato ristretto e di formulare la sua proposta in ordine alla prosecuzione dell’esame delle proposte di legge.

Andrea GIACCONE (Lega), relatore, illustra il testo unificato predisposto dal Comitato ristretto (vedi allegato 2), che presenta, tuttavia, ancora un aspetto problematico, per quanto limitato, su cui ritiene opportuno condurre un ulteriore approfondimento, con un’audizione specifica dei rappresentanti sindacali dei medici di medicina generale e dei medici specialisti in medicina del lavoro. Propone, quindi, che tale testo unificato sia adottato dalla Commissione come testo base per il prosieguo dell’esame.

La Commissione approva la proposta di adottare quale testo base per il prosieguo dell’esame il testo unificato delle proposte di legge in esame, elaborato dal relatore .

Renata POLVERINIpresidente, poiché nessuno chiede di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 13 aprile 2022.

L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.50 alle 14.55.

COMITATO RISTRETTO

Mercoledì 13 aprile 2022.

Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo.

C. 1741 De Lorenzo, C. 1722 Roberto Rossini, C. 2311 Serracchiani e C. 3328 Barzotti.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 14.55 alle 15.05.


AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 12 aprile 2022.

Audizione del presidente dell’INPS, professor Pasquale Tridico, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge C. 745 Polverini, C. 864 Rizzetto, C. 915 Caiata e C. 2825 Caretta, recanti disposizioni in materia di prestazioni di lavoro accessorio.

L’audizione informale è stata svolta dalle 12.30 alle 13.20.

SEDE CONSULTIVA
Martedì 12 aprile 2022. — Presidenza della presidente Romina MURA.

La seduta comincia alle 13.20.

Documento di economia e finanza 2022.
Doc. LVII, n. 5, Annesso e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l’esame del provvedimento in titolo

Romina MURA, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Lacarra, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, avverte che la Commissione è chiamata a esprimere alla V Commissione (Bilancio) il parere di propria competenza sul Documento di economia e finanza 2022, che, insieme con l’annessa relazione, reca un aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. L’aggiornamento prospetta uno scostamento finanziario dai precedenti obiettivi, per il quale è necessaria l’autorizzazione, da adottare con il voto della maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
Il Documento di economia e finanza 2022 definisce la cornice economica e finanziaria e gli obiettivi di finanza pubblica per il prossimo triennio.
Il Documento, approvato dal Consiglio dei Ministri del 6 aprile, e trasmesso al Parlamento il 7 aprile, tiene conto del peggioramento del quadro economico determinato da diversi fattori, in particolare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’aumento dei prezzi dell’energia, degli alimentari e delle materie prime, l’andamento dei tassi d’interesse e la minor crescita dei mercati di esportazione dell’Italia. Tali fattori sono oggi tutti meno favorevoli di quanto fossero in occasione della pubblicazione della Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) nello scorso settembre.
In tale scenario, la previsione tendenziale di crescita del prodotto interno lordo (PIL) per il 2022 scende dal 4,7 per cento programmatico della NADEF al 2,9 per cento, quella per il 2023 dal 2,8 per cento al 2,3 per cento. Il disavanzo tendenziale della pubblica amministrazione è indicato al 5,1 per cento per quest’anno; scende successivamente fino al 2,7 per cento del PIL nel 2025. Gli obiettivi per il disavanzo contenuti nella NADEF sono confermati: il 5,6 per cento nel 2022, in discesa fino al 2,8 per cento nel 2025. Vi è quindi un margine per misure espansive (0,5 punti percentuali di PIL per quest’anno, 0,2 punti nel 2023 e 0,1 punti nel 2024 e nel 2025).
Nella premessa al Documento si evidenzia che, utilizzando tali margini finanziari, il Governo predisporrà un nuovo decreto-legge per ripristinare alcuni fondi che erano stati utilizzati a copertura del recente decreto-legge n. 17 del 2022, integrare le risorse destinate a compensare l’aumento del costo delle opere pubbliche a fronte della dinamica del prezzo dell’energia e delle materie prime, intervenire ancora per contenere il costo dei carburanti e dell’energia. Si appronteranno inoltre strumenti per sostenere le imprese più danneggiate dalle sanzioni nei confronti della Russia e a tale scopo si rifinanzierà anche il fondo di garanzia per le PMI. Infine, ulteriori risorse saranno messe a disposizione per fornire assistenza ai profughi ucraini.
Per effetto di questi interventi, la crescita programmatica sarà lievemente più elevata di quella tendenziale, soprattutto nel 2022 e nel 2023 (rispettivamente 3,1 per cento e 2,4 per cento), con riflessi positivi sull’andamento dell’occupazione. Il rapporto debito/PIL nello scenario programmatico diminuirà quest’anno al 147 per cento, dal 150,8 per cento del 2021, per calare poi progressivamente fino al 141,4 per cento nel 2025.
Nel Documento si fa presente inoltre che la decisione di confermare gli obiettivi programmatici di disavanzo fissati in un quadro congiunturale più favorevole testimonia l’attenzione dell’Esecutivo verso la sostenibilità della finanza pubblica. Anche in questo momento difficile, in cui la finanza pubblica è chiamata a rispondere a molteplici esigenze di natura sia congiunturale sia strutturale, si conferma la sostenibilità dei conti pubblici. Le proiezioni di più lungo termine mostrano, infatti, che il progressivo miglioramento del saldo di bilancio negli anni successivi al 2025 e la piena attuazione del programma di riforma delineato nel PNRR consentiranno di portare il rapporto debito/PIL al disotto del livello precedente alla crisi pandemica (134,1 per cento) entro la fine del decennio. Al contempo, per il Governo resta imprescindibile continuare ad operare per promuovere una crescita economica più elevata e sostenibile. Già lo scorso anno, con ripetuti interventi il Governo ha posto le basi per un innalzamento del potenziale di crescita dell’economia. Per gli investimenti pubblici sono stati stanziati fondi per oltre 320 miliardi, affiancando alle risorse previste con il PNRR quelle del Fondo complementare e quelle reperite con la legge di bilancio per 2022. Sono stati estesi nel tempo, per dare maggiore certezza della programmazione temporale, gli incentivi agli investimenti privati e, in particolare, gli incentivi alla ricerca. Sono stati inoltre creati nuovi strumenti di sostegno alla ricerca di base e applicata. La riforma dell’IRPEF e il taglio dell’IRAP determinano una riduzione degli oneri fiscali su famiglie e imprese che potrà avere effetti positivi sull’occupazione e sul mercato del lavoro. Inoltre, l’attuazione della riforma dell’Assegno unico e universale per i figli, il potenziamento della rete di asili nido, le misure di vantaggio per i giovani che acquistano casa sono esempi della più ampia azione che il Governo sta conducendo a favore delle famiglie e della natalità, anche alla luce delle tendenze demografiche.
Gli obiettivi programmatici del Documento si fondano su uno scenario in cui l’economia rallenta fortemente ma registra comunque una crescita annua significativa. I margini di bilancio derivanti dalla conferma degli obiettivi fissati nella NADEF saranno utilizzati per sostenere ulteriormente il sistema produttivo, le famiglie e per realizzare gli investimenti programmati.
Il Documento inoltre evidenzia che i tanti problemi contingenti da fronteggiare non devono distogliere l’attenzione dagli obiettivi di medio e lungo termine. Va data piena attuazione al PNRR e a tutte le iniziative necessarie per innalzare e rendere più sostenibile la crescita dell’economia italiana, accrescendo gli investimenti in capitale umano e fisico, l’occupazione e il tasso di aumento della produttività.
Con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione lavoro, il Documento riporta, in primo luogo, gli interventi adottati in materia di lavoro per fronteggiare la crisi conseguente alla pandemia da COVID-19, in linea, in particolare, con la Raccomandazione n. 3 del Consiglio dell’Unione europea del 18 giugno 2021 e con il considerando n. 3 ad essa collegato, in base al quale, quando le condizioni epidemiologiche ed economiche lo avessero consentito, le misure di emergenza avrebbero dovuto essere gradualmente eliminate, contrastando al contempo l’impatto della crisi sul mercato del lavoro.
Le azioni intraprese nel corso del 2021 nell’ottica della suddetta raccomandazione hanno riguardato in particolare: la diminuzione del ricorso ai trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19; l’eliminazione dal 1° luglio 2021 del divieto di licenziamento per le grandi imprese del settore manifatturiero e delle costruzioni (tranne per il comparto tessile, dell’abbigliamento e della pelletteria). Da novembre 2021 il divieto di licenziamento è rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2021 solo per le imprese utilizzatrici dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19.
Tra le misure utilizzate nel periodo dell’emergenza sanitaria il Governo ricorda il Reddito di cittadinanza (RdC), che la legge di bilancio 2022 ha rifinanziato fino al 2029, riducendo al contempo da tre a due il numero massimo delle offerte di lavoro che il beneficiario può ricevere ai fini della accettazione. Il Documento sottolinea che il RdC ha fornito sostegno per chi non ha un lavoro, ma ha incontrato più difficoltà ad agire come meccanismo per l’individuazione di un nuovo impiego. Secondo dati INPS, infatti, il 70 per cento dei beneficiari che hanno iniziato a percepire il Reddito tra aprile e giugno del 2019 nel secondo semestre del 2021 era ancora destinatario della misura.
Per quanto riguarda le politiche per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro sia l’OCSE nel 2021 sia la Commissione europea con la Raccomandazione n. 2 del 2019 avevano sollecitato l’Italia ad aumentare la componente occupazionale e a garantire un’efficace integrazione tra politiche attive del lavoro e politiche sociali.
Il Governo ricorda nel Documento i progressi registrati sui suddetti aspetti, sottolineando in particolare che nel 2021: è proseguita la crescita degli occupati, soprattutto della componente dei contratti a termine (365.000 su circa 597.000); il numero di contratti attivati ha quasi raggiunto il livello di crescita che ci sarebbe stato se l’evoluzione della domanda di lavoro si fosse mantenuta, anche durante l’emergenza sanitaria, sugli stessi ritmi del periodo 2018-2019; si è registrato un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato e delle trasformazioni, fino a superare i livelli del 2019.
Inoltre, tra le misure contenute nella legge di bilancio 2022 che vanno nella suindicata direzione, il Documento riporta: l’estensione dell’esonero contributivo, già previsto per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani fino a 36 anni, anche alle imprese che assumono i lavoratori di imprese in crisi, a prescindere dall’età; il riconoscimento di uno sgravio contributivo totale per il 2022 per i contratti di apprendistato di primo livello; l’incremento del Fondo per il sostegno della parità salariale di genere; il riconoscimento di ulteriori tre mesi di indennità di maternità per alcune categorie di lavoratrici; il riconoscimento di un anno di decontribuzione per le lavoratrici madri dipendenti del settore privato; l’incremento della dotazione del Fondo nuove competenze per il 2022; la previsione, sino al 2029, di un esonero contributivo per le assunzioni nelle regioni del Mezzogiorno (la cosiddetta «Decontribuzione Sud»); il riordino della normativa sugli ammortizzatori sociali attraverso l’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione delle tutele in costanza di rapporto di lavoro e l’incremento degli importi della NASpI, limitando il meccanismo del décalage.
Malgrado tali miglioramenti, il Documento evidenzia che per parte della popolazione – in particolar modo quella costituita da donne, giovani e stranieri – permangono difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.
Il Governo ricorda altresì che, se l’Italia attuasse le raccomandazioni della Commissione, si potrebbe raggiungere l’obiettivo del Piano di azione del Pilastro europeo dei diritti sociali, in base al quale almeno il 78 per cento della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrà essere occupata, entro il 2030.
Il Governo evidenzia inoltre che l’aumento del PIL, stimato del 2,9 per cento nel 2022, dovrebbe portare ad una crescita dell’occupazione, che alla fine del 2022 si attesterebbe sui valori esistenti prima della pandemia con riferimento al numero sia degli occupati sia delle ore lavorate. Inoltre, il tasso di disoccupazione scenderebbe dal 9,5 per cento del 2021, all’8,7 nel 2022, per poi attestarsi all’8 per cento nel 2025.
La crescita della produttività si dimostrerebbe invece più contenuta, con una tendenza lievemente positiva per il quadriennio 2022-2025 che si accompagna ad una crescita moderata del costo del lavoro.
Per quanto riguarda le politiche attive del lavoro, il PNRR – oltre a destinare 600 milioni di euro al rafforzamento dei Centri per l’impiego – prevedeva il raggiungimento entro la fine del 2021 di due traguardi, la cui scadenza è stata rispettata dall’Italia con l’approvazione del programma «Garanzia di occupabilità dei lavoratori» (GOL) e del Piano nazionale nuove competenze.
Uno degli obiettivi del PNRR è anche l’aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Il Documento ricorda a tal fine, tra l’altro: che nel 2021 è stato finanziato il Fondo Impresa Donna con 160 milioni di euro, per garantire il finanziamento di iniziative imprenditoriali; che è in corso la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare misure adeguate a ridurre il divario di genere.
Il Governo ricorda che tra gli obiettivi del PNRR vi è anche quello di impegnare in modo efficace il maggior numero possibile di giovani Neet attraverso: il Programma Garanzia Giovani rinforzata; il Piano Neet Working per l’emersione e l’orientamento dei giovani inattivi, con l’intento di ridurre il numero di giovani Neet (adottato con decreto ministeriale del 19 gennaio 2022); gli sportelli giovani nei Centri per l’impiego; il potenziamento del Servizio civile universale; il portale GIOVANI 2030, nonché i programmi europei gestiti dall’Agenzia nazionale per i giovani e il Piano nazionale pluriennale (2021-2027) sull’inclusione dei giovani con minori opportunità.
Il Governo ricorda che il PNRR prevede l’adozione, entro la fine del 2022, di un Piano nazionale volto a rafforzare la lotta al lavoro sommerso. Il Piano comprenderà una serie di azioni, in parte già avviate, come l’istituzione, con il decreto ministeriale 24 febbraio 2022, n. 32, del Tavolo tecnico per l’elaborazione del Piano. Il Documento, inoltre, sottolinea l’introduzione di requisiti più rigorosi per i datori di lavoro del settore delle costruzioni quali il rafforzamento del DURC di congruità e l’applicazione dei bonus previsti dalla normativa vigente solo a quelle imprese che utilizzano i contratti collettivi pertinenti.
Il Documento riporta anche gli effetti che la riforma delle politiche attive prevista dal PNRR potrebbe avere sul mercato del lavoro. In particolare, il Governo stima che: circa 1,5 milioni di persone inattive vengano coinvolte dal programma GOL – in via prudenziale, si ipotizza che solo una quota pari ad un terzo di queste entri a far parte gradualmente della forza lavoro tra la seconda metà del 2022 ed il 2026; la maggiore partecipazione femminile al lavoro potrebbe coinvolgere circa 25.750 donne nell’arco di tre anni, a partire dal 2024; anche le misure relative alla parità di genere incidano sulla partecipazione femminile al lavoro riducendo parte del divario, con un ingresso nel mondo del lavoro di oltre 220.000 donne in un periodo di dieci anni. Complessivamente, la riforma produrrebbe un aumento delle forze di lavoro (occupati e disoccupati) al termine dell’orizzonte di simulazione del 3,3 per cento.
Per quanto riguarda le tendenze dell’occupazione, il quadro macroeconomico tendenziale prevede una prosecuzione della crescita dell’occupazione nel quadriennio 2022-2025, che alla fine del 2022 si attesterebbe sui valori pre-pandemici. Inoltre, il tasso di disoccupazione scenderebbe dal 9,5 per cento del 2021, all’8,7 nel 2022 per poi attestarsi all’8,0 per cento a fine periodo.
Rispetto al suddetto scenario tendenziale determinato a legislazione vigente, lo scenario programmatico evidenzia un maggior numero di occupati e un minor tasso di disoccupazione rispetto al quadro tendenziale, che si attesta all’8,1 per cento nel 2023, per poi ridursi ulteriormente all’8,0 per cento nel 2024 e al 7,9 per cento nel 2025.
Per quanto riguarda le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano, il DEF 2022 esamina l’evoluzione della spesa pensionistica italiana in considerazione del suo significativo impatto sull’andamento del nostro debito pubblico nel breve e medio-lungo periodo, sottolineando l’importanza della cura delle politiche strutturali già avviate nei settori strategici, nonostante le difficoltà congiunturali.
Pertanto, anche in ossequio a quanto prescritto dalla raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea sul programma di stabilità 2021 dell’Italia, resa il 18 giugno 2021, si afferma, preliminarmente e in linea generale che, «nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, della sostenibilità del debito e dell’impianto contributivo del sistema, occorrerà trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita ed un rafforzamento della previdenza complementare. Occorrerà, altresì, approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni».
La costruzione del quadro tendenziale di medio-lungo periodo poggia, innanzitutto, sulle proiezioni ufficiali che evidenziano un rapido invecchiamento della popolazione, cui conseguono maggiori costi per la finanza pubblica legati ai sistemi pensionistici e alle tendenze relative alle spese per l’assistenza sanitaria e l’assistenza a lungo termine. Una conferma di questo scenario si rinviene già nei dati di consuntivo relativi alla spesa per prestazioni sociali in denaro registrata nell’anno 2021, sostanzialmente invariata nel suo complesso, rispetto all’anno precedente, ma che, con specifico riferimento alla spesa pensionistica, registra un aumento del 2 per cento.
Su questo quadro incide anche la manovra di finanza pubblica per il 2022 che, in ambito previdenziale, vede la introduzione, per i soggetti che maturano i requisiti nell’anno 2022, della possibilità di accesso al pensionamento anticipato con un minimo di 64 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva (la cosiddetta «Quota 102»). Inoltre, essa proroga, per l’anno 2022, i regimi del trattamento pensionistico anticipato (le cosiddette «Opzione donna» e «APE sociale») con estensione ad altre categorie professionali e prevede, infine, risorse per favorire, su base convenzionale, l’uscita anticipata dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che abbiano raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni.
Peraltro, in linea con il carattere sperimentale dell’istituto, il canale di pensionamento anticipato denominato Quota 100, introdotto dal decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, non è stato rinnovato, nonostante le previsioni risentano ancora degli effetti di questa misura.
Restano fermi l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori (compresi quindi quelli che, sulla base della precedente legislazione avrebbero percepito una pensione calcolata secondo il regime retributivo) nonché i due canali ordinari di accesso al pensionamento: il pensionamento di vecchiaia, cui si accede con almeno 20 anni di contributi versati e un requisito di età predefinito dalla legge che, per il biennio 2021-2022 e per il biennio 2023-2024 è pari a 67 anni; il pensionamento anticipato, consentito indipendentemente dall’età e dalla data di prima assunzione, con un periodo di contribuzione lavorativa elevato, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.
In base agli elementi normativi sopra rappresentati e alla loro evoluzione nel tempo, la previsione della spesa pensionistica in rapporto al PIL è stata effettuata a partire da una ricostruzione preliminare della popolazione residente per classi di età al 1° gennaio 2022, applicata ai parametri demografici sottostanti allo scenario Eurostat 2019.
Il quadro tendenziale che ne scaturisce evidenzia che, negli anni dal 2019 al 2022, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL registra un significativo aumento, fino a raggiungere il 17 per cento nel 2020 (rispetto al 15,2 fatto segnare nel 2018), cui segue un rimbalzo nei due anni seguenti, alla fine dei quali tale rapporto è previsto tornare ad attestarsi su un livello pari al 15,7 per cento. L’aumento dell’incidenza della spesa in rapporto al prodotto rispetto al 2018 è spiegato sia dalla contrazione del PIL conseguente all’emergenza sanitaria sia dal maggior ricorso al pensionamento anticipato. Le misure introdotte dal decreto-legge n. 4 del 2019, favorendo una più rapida uscita dal mercato del lavoro, hanno infatti comportato un aumento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati.
Le previsioni per gli anni 2023-2025 scontano effetti derivanti dall’indicizzazione delle prestazioni significativamente più elevate rispetto a quelle considerati nella NADEF 2021, imputabili al notevole incremento del tasso di inflazione registrato già a partire dalla fine del 2021. Nel 2025, la spesa in rapporto al PIL è prevista attestarsi su valori pari a circa il 16,1 per cento.
Nel decennio seguente, la crescita del rapporto tra spesa per pensioni e PIL raggiunge il picco del 17,4 per cento del 2036, stabilizzandosi fino al 2040, decrescendo al 13,7 entro il 2060 e al 13,3 entro il 2070.
Con specifico riferimento allo scostamento per il quale si richiede l’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, si premette che il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica definito con la NADEF 2021 prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto dal –5,6 per cento del PIL nel 2022 al –3,9 per cento nel 2023 e al –3,3 per cento nel 2024. In termini strutturali, il saldo era stato previsto in –5,4 per cento del PIL nel 2022, –4,4 per cento nel 2023 e –3,8 per cento nel 2024.
Con la Relazione che accompagna il DEF 2022, sentita la Commissione europea, il Governo richiede l’autorizzazione a rivedere il percorso di avvicinamento all’OMT. Gli obiettivi programmatici nominali di indebitamento netto indicati nella NADEF sono confermati per gli anni dal 2022 al 2024 ed è fissato al –2,8 per cento il saldo nel 2025. In termini strutturali l’indebitamento netto programmatico delle amministrazioni pubbliche si attesterebbe al –5,9 per cento del PIL nel 2022, al –4,5 per cento nel 2023, al –4 per cento nel 2024 e al –3,6 per cento nel 2025.
Il rapporto debito/PIL – che nella NADEF era fissato, al lordo dei sostegni, al 149,4 per cento per il 2022, al 147,6 per cento nel 2023 e al 146,1 per cento nel 2024 – è fissato per il 2022 al 147 per cento e si riduce progressivamente negli anni successivi al 145,2 per cento nel 2023, al 143,4 per cento nel 2024 e al 141,4 nel 2025.
Con un provvedimento di prossima adozione, saranno introdotte misure per ristorare le amministrazioni centrali dello Stato delle risorse utilizzate a copertura dei precedenti interventi d’urgenza, disporre ulteriori interventi per contenere l’aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti, anche in favore degli Enti territoriali, assicurare la necessaria liquidità alle imprese e rafforzare le politiche di accoglienza nei confronti dei profughi ucraini, adeguare i fondi destinati alla realizzazione di investimenti pubblici alla dinamica imprevista dei costi dell’energia e delle materie prime, per continuare a sostenere la risposta del sistema sanitario e i settori maggiormente colpiti dalle attuali emergenze.
All’attuazione di questi interventi, sono destinati gli spazi finanziari per i quali si chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento, comprensivi della spesa per interessi passivi conseguente il maggior disavanzo autorizzato; dal 2026 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata interamente alla spesa per interessi passivi.
Il valore programmatico del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza e di cassa è corrispondentemente rideterminato, in considerazione degli effetti delle misure che saranno adottate con il prossimo decreto-legge.
La ripresa del percorso di convergenza verso l’OMT sarà perseguita secondo il profilo indicato nella Relazione e le modalità illustrate nel DEF 2022.
Per quanto riguarda l’indicazione dei provvedimenti collegati alla manovra di bilancio 2023-2025 rilevano, per le materie di interesse della Commissione: il disegno di legge per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; il disegno di legge di adeguamento delle pensioni di invalidità.
Può inoltre presentare profili di interesse il provvedimento recante delega al Governo per il coordinamento e il graduale aggiornamento della fascia anagrafica di riferimento delle politiche giovanili nonché misure per la promozione dell’autonomia e dell’emancipazione dei giovani.
Avendo terminato l’illustrazione del Documento di economia e finanza 2022, poiché nessuno intende intervenire, rinvia il seguito dell’esame alla seduta convocata nella giornata di domani.

La seduta termina alle 13.30.

redazione