La manovra economica per il 2020 “sebbene contenga alcuni interventi positivi, è nel complesso insufficiente rispetto alle esigenze del Paese e rischia di non incidere in modo efficace sulla situazione di sostanziale stagnazione dell’economia”. Lo ha affermato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, in occasione di un’audizione sulla manovra nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, sottolineando che gli aspetti problematici “sono più di uno”. In particolare, ha avvertito, “sugli investimenti pubblici non registriamo segnali di svolta” e “non viene impostata una strategia di riforme strutturali in grado di innalzare il potenziale di crescita dell’economia”.
“Prima ancora delle singole criticità – ha spiegato – la manovra non traccia un disegno di politica economica capace di invertire la tendenza negativa delle aspettative degli imprenditori e dei potenziali investitori, nazionali ed esteri. Anzi, in alcuni casi, produce un effetto opposto”. Secondo Panucci “senza migliori aspettative, è difficile immaginare un’accelerazione degli investimenti privati e, senza quest’ultima, qualsiasi ripresa sarebbe comunque effimera”.
Quindi, secondo gli industriali, “manca un intervento organico in tema di finanza per la crescita, che passi anzitutto per il rafforzamento delle misure introdotte negli ultimi anni con la finalità di promuovere l’accesso delle imprese al credito bancario o a fonti finanziarie alternative. La manovra – ha concluso – potrebbe essere l’occasione, invece, per potenziare strumenti esistenti, favorire l’afflusso di risorse verso le medie e piccole imprese da parte degli investitori istituzionali di lungo periodo e superare alcune criticità registrate di recente”.
Infatti, ha proseguito il Dg degli industriali Panucci, “al di là di alcune importanti misure di sostegno alle imprese (es., Industria 4.0; incentivi ristrutturazioni ed efficienza energetica; credito d’imposta Sud) e della disattivazione delle clausole di salvaguardia, manca una visione di politica economica coerente con gli obiettivi auspicati dal mondo produttivo”.
Il Panucci ha poi elencato gli aspetti problematici che “sono più d’uno”. In primo luogo, ha affermato, “invece di intervenire in modo più rilevante sulla spesa corrente, essa prevede un significativo recupero di risorse, per quasi 2,9 miliardi, attraverso un aumento della tassazione sulle imprese, accentuando così le distorsioni nel prelievo che già esistono. A queste risorse vanno aggiunte quelle previste dal decreto fiscale, per circa 2 miliardi, in chiave antievasione, che sottraggono ulteriore liquidità alle imprese. Ciò conferma – ha avvertito – la tendenza ad alimentare un sistema di imposizione che scoraggia gli investimenti perché accresce i costi delle imprese, riducendone i margini, e rischia di frenare i consumi, perché le maggiori imposte si trasferiranno, anche solo parzialmente, sul prezzo dei beni, agendo in modo analogo a un aumento dell’Iva, che è ciò che si intendeva evitare”.
TN