Non sappiamo ancora come sarà il 2024 e che paese saremo. Le premesse non sono tra le più rosee. A cavallo del nuovo anno la scena mediatica è stata condivisa dalle preziose parole del presidente Mattarella e dalle vicende del pistolero smemorato, incauto o improvvisato – scegliete voi il termine che preferite -, il deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Pozzolo, che ha animato il cenone di fine anno del sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro. Mettere sullo stesso piano il discorso di Mattarella e il cowboy Pozzolo può sembrare una blasfemia istituzionale, e per certi versi lo è. Eppure, questi due episodi, così sideralmente lontani, ci indicano i due poli, uno infimo e l’altro sommo, verso i quali l’Italia può tendere o cadere. Posizionarsi vicini ai valori espressi dal capo dello Stato deve essere un nostro proposito.
Il governo Meloni, assieme agli alleati, dovrà gestire lo stallo del conflitto in Ucraina, l’escalation in Medio Oriente e un futuro di pace per la Palestina e Israele e la minaccia degli Huthi nel Mar Rosso. A giugno si terranno le elezioni europee, mentre negli Usa, a novembre, ci sarà la partita, molto più influente per gli equilibri mondiali, che deciderà il 60esimo inquilino della Casa Bianca. E ancora la scheggia impazzita dell’esuberante, per usare un eufemismo, Milei, neo presidente argentino, che ha affermato, a sorpresa, di voler stringere maggiormente i rapporti con Usa e Europa che non con i paesi del gruppo dei Brics. Compagine che ha visto un recente allargamento, con l’ingresso di Etiopia, Egitto, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, e che sta sfidando l’occidente per scrivere un nuovo ordine mondiale. E poi le crisi climatica e migratorie, che richiedono uno sforzo collettivo.
L’esecutivo Meloni dovrà poi decifrare e governare gli scenari europei che si apriranno dopo il no alla ratifica del Mes. L’emergenza lavoro, scomparsa dalla conferenza stampa di inizio anno della premier, come ha spiegato sul Diario del Lavoro Nunzia Penelope, non nella realtà, nonostante i buoni dati sull’occupazione, rammentati del resto anche da Mattarella. Nel 2023 si è consumato lo scontro sul salario minimo tra governo, opposizioni e sindacati, che si è chiuso con accuse reciproche, ma che non ha minimamente affrontato la piaga dei bassi salari e del lavoro povero. E poi le tante vertenze ancora aperte. I recenti e infruttuosi incontri sulla vicenda dell’ex Ilva. L’allarme lanciato da Fim, Fiom e Uilm è chiaro: l’acciaieria più grande d’Italia ha preso una china pericolosa, che ne potrebbe comportare la cessazione. Ma non c’è solo l’Ilva. Rimane aperto il tavolo sull’automotive e il confronto con Stellantis, c’è la Magneti Marelli, la Gkn di Firenze, e poi tutte le crisi che attraversano il commercio, il terziario e gli altri settori.
E oltre alle difficoltà del mondo del lavoro ci sono anche quelle sociali. L’inverno demografico, lo smarrimento dei giovani e soprattutto la violenza verso le donne, ormai pervasiva. La Treccani ha scelto femminicidio come vocabolo per il 2023. L’omicidio di Giulia Cecchettin ha messo in moto una forte e diffusa ondata emotiva e di partecipazione. Il 25 novembre, per la Giornata mondiale contro la violenza di genere, le piazze italiane sono state attraversate da un’imponente marea fucsia. La grande assente è stata la prima premier donna, Giorgia Meloni. La svilente narrazione della destra divide le donne tra quelle di serie A e quelle di serie B, solo perché la prime hanno messo al mondo almeno due figli e si meritano un riconoscimento, mentre le altre no. E poco importa se Meloni ha sempre rivendicato con orgoglio il suo essere donna e madre. Libero l’ha trasformata nell’uomo dell’anno.
E in tutto questo cosa fa la classe politica? Il principale partito di maggioranza non ha ancora deciso se essere tale o cedere alla tentazione di rimanere opposizione sguaiata, e al momento la seconda sembra ancora prevalere. Rancore, vittimismo e nemici immaginari, deriva politica pericolosa che distoglie dai problemi reali, come sottolineato da Mattarella, sono il pane quotidiano di questa destra. Si irritano se vengono accumunati al fascismo, pur avendo nel loro stemma una simbologia che lo richiama, e sono più a loro agio nelle vesti della Compagnia dell’anello, che attraversa le insidie della Terra di mezzo.
Giuseppe Conte invoca il giurì d’onore sul Mes, affermando che la sua ratifica avvenne quando il suo governo era nel pieno esercizio delle sue funzioni, salvo poi non votarla nel recente passaggio parlamentare, riportando in superficie il più becero populismo pentastellato. Una rottura difficilmente colmabile con il Pd e la sua segretaria Elly Schlein, troppo spesso impegnata in un’opposizione “cortese” e attenta a non scontentare tutte le voci del suo partito.
Insomma l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va.
Tommaso Nutarelli