“La riduzione di due punti del cuneo contributivo che avevamo ottenuto dal governo Draghi, solo quella, costava 4,5 miliardi di euro. Non so oggi, con tre miliardi, cosa il governo Meloni voglia fare”. Maurizio Landini boccia cosi’ il Def varato ieri dal governo. Ovviamente, premette il leader Cgil, per un giudizio più mirato si dovrà attendere il testo completo, ma nel frattempo, osserva, già è chiara l’impostazione del metodo: “non siamo stati neppure coinvolti per discuterne, quindi su questo versante il governo continua a mantenere un approccio verso le organizzazioni sindacali e verso il mondo del lavoro che non è utile nemmeno per il governo e per il Paese”.
Per quanto concerne il taglio del cuneo, continua Landini, “la nostra richiesta era di una riduzione di 5 punti che porterebbe ad un aumento reale medio dei salari di 100 euro. Ma direi che queste scarse risorse non servano a risolvere l’emergenza salariale. E poi parliamo comunque di sei mesi”.
Sulla crescita, che il Def prevede leggermente superiore a quella di altri paesi, Landini ricorda che l’Italia ha comunque livelli di inflazione più alti di tutta Europa: “un’inflazione così può essere utile per ridurre il debito pubblico, ma sicuramente riduce anche i salari ed il potere d’acquisto”.
“Noi-prosegue il segretario- abbiamo chiesto che dentro al Def si individuino le risorse anche per rinnovare i contratti di tutti i lavoratori del pubblico che ci siano le risorse per la sanità che è al collasso” ha aggiunto “e perché si vada verso una vera riforma fiscale che significa ridurre drasticamente il peso sul lavoro dipendente ed estendere la tassazione sulla rendita finanziaria immobiliare e sulle grandi ricchezze. Chiediamo alle imprese di rinnovare i contratti nazionali e di superare la precarietà, andando a una ridistribuzione della ricchezza. Se queste cose avvengono siamo pronti a fare la nostra parte – ha concluso Landini – se non avvengono, per quanto ci riguarda maggio non è che l’inizio di una mobilitazione e noi non escludiamo nessuna iniziativa di nessun genere tra gli strumenti che il sindacato ha a disposizione nel rispetto della democrazia”.