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Emergenza energetica, il ruolo del sindacato e quello delle aziende elettriche

redazione
Marzo16/ 2022

È ripartita la caccia al colpevole, costume “moderno” di una società, la nostra, che troppo è portata a dimenticare per salvarsi la coscienza. Ci eravamo scordati che l’85% delle materie energetiche usate dagli italiani provengono da paesi geopoliticamente instabili e lontani dal nostro e che si possono comprare soltanto dove esse si trovano. Ce lo eravamo dimenticati, nonostante crisi energetiche ricorrenti avessero fatto di tutto per tenercelo in evidenza. È quanto afferma la Flaei, il sindacato dei lavoratori delle imprese elettriche della Cisl.

Lo abbiamo ignorato quando abbiamo detto no al nucleare, ma anche quando un’opposizione al carbone ha confinato il nostro Paese in fondo alla graduatoria dei fruitori. La dura realtà, prosegue il sindacato nella sua analisi, è tornata a galla e adesso, sull’onda dell’emergenza Ucraina, si è costretti a tornare alle fonti tradizionali frettolosamente abbandonate.

I sognatori asseriscono di risolvere i problemi con le fonti rinnovabili disponibili da pochi decenni. Noi siamo d’accordo (l’Italia con la Germania primeggiano in Europa), a condizione che gli impianti tradizionali già in esercizio, che assicurano agli italiani e alle loro attività produttive la copertura della domanda quotidiana, vengano spenti solo dopo che le fonti rinnovabili sostitutive siano attive, garantite e funzionanti nelle 24 ore.

Le misure di riforma messe in campo a partire dal decreto Bersani hanno trasformato il sistema elettrico del Paese in un “agone finanziario” talora speculativo. Ci si è occupati, con scarse fortune, di andamenti di borsa, di mercatismo, pur asserendo di mantenere sotto controllo pubblico le aziende più importanti. Ora, che le centrali elettriche a carbone debbono obbligatoriamente ripartire, sostiene la Flaei, manca il personale e mancano le competenze necessarie alla conduzione degli impianti, non meno di 200/300 Lavoratori. Manca quel personale che è in grado di “guidare la macchina” con preparazione acquisibile dopo lungo addestramento. Eppure, lo sanno tutti: l’incidenza di costo dei Lavoratori elettrici è insignificante, come ha sempre ricordato il Sindacato, e garantire le competenze non avrebbe aggravato le casse delle imprese, tanto nella produzione elettrica come nella rete di distribuzione/trasmissione.

“Dobbiamo efficientare il sistema” hanno insistito nel tempo le aziende, quelle aziende che studi internazionali dimostrano essere già tra le più efficienti al mondo: un agire, quello delle imprese, da negozio di scarpe. Un po’ come un padre che razionasse il cibo ai figli per il solo gusto di farlo o magari per finanziarsi una vacanza fuori porta.

Il sindacato ha sempre sostenuto che prima di massimizzare i guadagni, le imprese elettriche avrebbero dovuto badare al servizio. Più del Sindacato però avrebbe dovuto pretenderlo la presenza pubblica nei Consigli di Amministrazione.

E così, di fronte al “dramma”, si distrae l’attenzione immaginando di risolvere i problemi creati dall’assenza del gas Russo con i pannelli fotovoltaici, anzi di riuscire a farlo in “tre anni” decuplicando il volume di installazioni riscontrato negli ultimi tempi. E intanto? E a quale rete elettrica si collegherebbero le nuove produzioni rinnovabili disperse sul territorio? A quella stessa rete inadeguata, monopolio di quanti predicano la salvezza attraverso il fotovoltaico?

Anzi c’è chi, ignorando le condizioni di inadeguatezza della rete, garantisce di non rallentare la transizione a partire dai tempi programmati per l’automotive.

Bene, con quale rete elettrica e con quale energia rinnovabile potranno alimentarsi le colonnine di ricarica? Serve onestà verso gli italiani: questo piano è incompatibile con i tempi assegnati. Intanto, in alcune aree della distribuzione elettrica, i Lavoratori sono ridotti allo stremo e non riescono a coprire la domanda di servizio.

Il nostro, ci teniamo a precisarlo, non è un processo al passato, perché non servirebbe. È la constatazione di chi, motivatamente, reputa inaccettabile continuare con questo metodo, di chi, come noi, ritiene che quanto accaduto non debba più capitare. Noi siamo pronti, anzi rivendichiamo di partecipare ai destini delle nostre imprese, perché significa partecipare ai destini del nostro Paese.

E tutti possono riconoscerlo: le ricette del Sindacato avevano visto più lungo delle terapie delle Imprese. In Giappone chi sbaglia chiede scusa, noi non pretendiamo questo, noi vorremmo che da domani cambiasse la rotta.

Per farlo, da un lato, occorre alzare il livello delle relazioni industriali andando verso forme di Partecipazione dei Lavoratori più avanzate e dall’altro adeguare gli organici con immediatezza, per evitare che in troppe realtà i Lavoratori siano costretti a correre come se non ci fosse un domani. Questo non è normale, non è eticamente accettabile, perché le aziende elettriche non sono un negozio di scarpe.

tn

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