A partire da questa notte è in corso, a Gela, una mobilitazione spontanea per le strade della città, in particolare lungo gli snodi viari Gela – Catania e Gela – Vittoria. In pratica le vie di accesso alla città sarà solo via mare.
La protesta, spiega il segretario della Cgil Ignazio Giudice, è sorta spontaneamente per richiamare l’attenzione del premier Matteo Renzi e “dirgli chiaramente che Gela aspetta risposte, né elemosine, né altro. Dai bambini, ai pensionati, nessuno vuole stare più con il fiato sospeso. Serve una legge speciale a favore dei disocupati, dei precari, dei nuovi poveri e dei commercianti in crisi. Servono salute e lavoro. Vogliamo risposte”. Sulla raffineria sicula, infatti, incombe l’ipotesi di chiusura imposta da Eni, laddove, da quasi due anni, si attende l’avvio degli investimenti annunciati per garantire lavoro e bonifiche.
“Basta parole vuote e basta silenzi inquietanti – continua il sindacalista – mai come oggi mi sento a vostra totale disposizione, nelle ore che verranno e nei minuti che, sin da adesso, ci separano da una scelta: la difesa della città! Dobbiamo lottare insieme affinché la città non chiuda, perché di questo si tratta”.
La protesta andrà avanti fino a quando non si riuscirà ad avere una data certa che consentirà alla “vertenza Gela” di approdare a Roma per avviare un tavolo di confronto con il governo nazionale.
Intanto domani sarà sciopero generale dei più di 40 mila lavoratori Eni-Saipem. Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil hanno infatti proclamato lo sciopero di 8 ore in tutti i siti e gli stabilimenti italiani del gruppo. “L’astensione dal lavoro – assicurano i sindacati in un comunicato – non avrà ripercussioni sulla sicurezza e la salvaguardia degli impianti, né tantomeno sul servizio ai cittadini. Dopo la parziale cessione delle quote azionarie di Saipem, il Gruppo Eni si appresta a cambiare pelle – accusano i segretari generali di Filctem, Femca, Uiltec, Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani – per divenire un gruppo che opera esclusivamente all’estero, concentrando investimenti e attività solo in ricerca ed estrazione di gas e petrolio, operando di fatto come broker oil, perdendo di fatto quelle caratteristiche di azienda di ‘sistema’ che ha garantito e garantisce l’insieme del ciclo produttivo, dall’estrazione al consumo: inaccettabile!”.
“Quanto al Governo, il ministro Guidi ha colto le sollecitazioni del sindacato ed ha ribadito l’interesse al mantenimento dell’italianità delle produzioni di Versalis, ritenute strategiche, ed ha assicurato di mantenere aperto il tavolo ministeriale per seguire congiuntamente la trattativa: “una posizione comunque debole – concludono Miceli, Colombini e Pirani – e tutta ripiegata ad attendere gli esiti di un eventuale accordo, senza porre condizioni che assicurino vere garanzie per il futuro di una parte strategica di industria in mani italiane”.
“L’Italia rischia un pesante arretramento per effetto delle decisioni che Eni sarebbe in procinto di prendere su Versalis: una sua cessione, a maggior ragione se a soggetti non qualificati, avrebbe un effetto deleterio su tutto il sistema della chimica italiana, con conseguenze gravi sotto il profilo occupazionale, sociale, economico”, ha rincarato il segretario nazionale dell’Ugl Chimici, Luigi Ulgiati, nel corso dell’audizione dei sindacati presso la Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, alla quale ha partecipato anche il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti.
“E’ fondamentale – ha evidenziato – che Eni e Versalis mantengano la propria presenza nel settore chimico, investendo e producendo in Italia. Di ciò deve farsi garante il Governo, azionista di controllo di Eni, che non può trincerarsi dietro l’autonomia di un management che è l’Esecutivo stesso ad indicare. L’Ugl Chimici conferma dunque lo sciopero indetto a livello nazionale per domani, 20 gennaio”.
“Ogni ipotesi di dismissione da parte di Eni – ha spiegato – avrebbe l’effetto di amplificare le criticità di sistema che espongono il settore alla concorrenza aggressiva e, sovente, sleale dei Paesi asiatici”. Soprattutto “l’uscita di Eni a favore di soggetti finanziari privi di adeguato know how, metterebbe fortemente in crisi un comparto produttivo con un valore della produzione di 52 miliardi di euro, con quasi 110mila addetti diretti e altri 350mila collegati ed indiretti. Versalis – ha aggiunto -, da sola pesa in termini di produzione quanto e più delle altre nove società che occupano le prime dieci posizioni nella classifica Paese; è seconda, sempre fra le prime dieci, nel rapporto fra produzione in Italia e vendite nel mondo; è prima nel rapporto fra personale in Italia e nel resto del mondo. Ha nel suo portafogli 250 brevetti industriali e cinque centri di ricerca”.