I sindacati bocciano l’accordo siglato a Milano tra l’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva di Taranto e Arcelor Mittal. In un comunicato unitario firmato dai leader di Cgil, Cisl e Uil (Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo) e dai segretari generali di Fim, Fiom e Uilm (Marco Bentivogli, Francesca Re David e Rocco Palombella) si sottolinea che “il negoziato avvenuto da novembre 2019 non ha visto alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali” e che “alla luce dei contenuti appresi, riteniamo assolutamente non chiara la strategia del Governo in merito al risanamento ambientale, alle prospettive industriali e occupazionali del gruppo”.
Nella nota unitaria i sindacati aggiungono che “a questa incertezza si somma una totale incognita sulla volontà dei soggetti investitori, a partire da Arcelor Mittal, riguardo il loro impegno finanziario nella nuova compagine societaria che costituirà la nuova AM Investco. Nei fatti il preaccordo prevede una fase di stallo da qui alla fine del 2020 per quanto riguarda le prospettive e l`esecuzione del piano industriale”.
Secondo Cgil, Cisl e Uil “tutto questo arriva dopo due anni di ulteriore incertezza, particolarmente rischiosa per una realtà industriale che necessita invece di una gestione attenta e determinata. A ciò si somma una congiuntura sfavorevole del mercato dell`acciaio. Nello specifico ci sembra di totale indeterminazione il periodo di tempo senza una governance chiara; il ruolo delle banche e dell`investitore pubblico; il mix produttivo tra ciclo integrale e forni elettrici; il ruolo conseguente delle due società; la possibilità con questo piano di occupare i 10.700 lavoratori più i 1.800 in amministrazione straordinaria e i lavoratori delle aziende di appalto, che l`accordo del 6 settembre 2018 assicurava”.
Inoltre, il preaccordo “prevede un aumento dei lavoratori in cassa integrazione e il vincolo dell`accordo sindacale entro il 30 maggio senza una nostra preventiva condivisione del piano e degli strumenti adottati – concludono – l`assetto complessivo del piano rischia di essere insostenibile alla luce della sua scarsa verticalizzazione produttiva (tubi, laminati, lamiere, treni nastri) i cui investimenti sono molto inferiori al piano da noi sottoscritto e la positiva previsione di ripartenza dell`Afo5 ha tempistiche del suo rifacimento troppo dilatate nel tempo.
L`accordo del 6 settembre 2018 non prevedeva esuberi né l`utilizzo della cassa integrazione. Garantiva la presenza di un grande produttore di acciaio a eseguire il piano stabilito.
Quell`accordo resta la migliore garanzia di tutta l`occupazione, del risanamento ambientale e del rilancio produttivo”.
TN