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Home - Approfondimenti - Analisi - I medici e il nuovo governo: le aspettative e la dura realtà

I medici e il nuovo governo: le aspettative e la dura realtà

di Roberto Polillo
1 Ottobre 2018
in Analisi
I medici e il nuovo governo: le aspettative e la dura realtà

La luna di miele tra gli italiani e il governo giallo-verde non sembra volgere al termine.

Ora,  anche la associazioni datoriali,  in primis  Confindustria, confermano, attraverso  le  autorevoli parole del Presidente Boccia,  la piena fiducia al Governo,  iscrivendosi idealmente al partito del Ministro Salvini.

Neppure le incredibili e poco dignitose giravolte del Ministro Tria suscitano le proteste degli italiani e a gridare allo scandalo e all’incoerenza sono solo i partiti  di opposizione, in primis il PD, dimentichi di quando anche Renzi faceva lo stesso non dando seguito alle sue dimissioni dalla politica nel caso di bocciatura, poi avvenuta, del referendum costituzionale.

Il paese è ormai anestetizzato e vive nell’illusione che ben presto la crescita del PIL all’1.5%  e all’1,7 nel prossimo anno (come auspicato dallo stesso Ministro Tria in una intervista al Sole 24 ore) lo porterà fuori dell’emergenza rendendo stabile quanto il governo attuerà con la prossima legge di bilancio.

Reddito di cittadinanza, pensioni di cittadinanza, riduzione delle tasse e abolizione della Fornero: sono i sogni nel cassetto che ben presto diventeranno realtà facendo crescere la scala della felicità pubblica che il grande filosofo utilitarista Bentham metteva al centro della sua elaborazione.

Tra i plaudenti senza se e se ma del governo possono essere annoverati di sicuro anche i medici con personale sanitario a seguito.

Questa è l’impressione che si ha girando per l’Italia e parlando nei diversi congressi a medici delle più diverse estrazioni geografiche.

Anche qui standing ovation per Matteo Salvini, seguito a debita distanza da Di Maio, e odio per tutti coloro che hanno distrutto la sanità a partire dal Ministro Bindi, responsabile dell’introduzione del regime di esclusività e della limitazione nella libera professione.

A nulla serve dire loro che con il CCNL del 2000, applicativo degli istituti della Legge Bindi, gli aumenti salariali oscillarono tra il 50 e il 30% a tutto vantaggio delle qualifiche più basse.  A nulla serve ricordare loro che  il responsabile del taglio delle unghie della partecipazione dei sindacati alle scelte delle aziende sanitarie era stato Brunetta, da sempre alleato di Salvini.

Nulla di questo passa e i nemici rimangono sempre Rosy Bindi, Massimo D’Alema con la sua barca Starkel 60 e ora, ironia della sorte, Matteo Renzi che sull’odio verso i primi due aveva costruito la sua fulgida carriera.

I medici dunque tifano per il governo e si aspettano che dopo 10 anni di fermo biologico nel rinnovo del contratto, si apra anche per loro una nuova stagione di libertà e adeguamenti economici.

Eppure le cose in filigrana lasciano vedere un orizzonte molto meno promettente.

I contratti restano bloccati perché nuovi nodi sono nel frattempo venuti al pettine con cambio di ministro. E quello che aveva fatto la ex Ministra Madia non sta più bene alla attuale Ministra Buongiorno che  non accetta la concertazione delle parti per quanto riguarda la contrattazione sugli incarichi dei Dirigenti dello Stato.  Con tutto quello che questo comporta per ricaduta sugli altri comparti tra cui quello della Sanità che partono solo dopo che il primo ha trovato soluzione

Le risorse poi sono del tutto inadeguate per fare tutto quello che servirebbe.

Il prossimo anno (2019) il Fondo Sanitario Nazionale aumenterà di circa 1 miliardo, ma il Coordinatore della Commissione salute delle regioni  Antonio Saitta ha spiegato che solo per contratti, sblocco turnover e primi interventi per gli investimenti in edilizia sanitaria (tra infrastrutture e nuove tecnologie) di miliardi ne servirebbe  2,5 mld e ancora di più se si volesse superare il regime di superticket.

L’attuale  ministra Giulia Grillo si è  naturalmente subito sperticata nel negare difficoltà asserendo che la triplice punta al comando del paese (Conte, Di Maio e Tria) la hanno rassicurata che tagli alla sanità non ci saranno.

Peccato che qui non si tratti di tagli ma di incrementare quel miliardo che il detestato Gentiloni aveva comunque messo sul piatto della sanità. E allora se già il Governo in carica  sta impegnando soldi che non ha per onorare le promesse ai diseredati del sud e alle partite IVA del Nord  dove troverà quelli necessari per soddisfare le pur legittime aspettative dei medici?

Poche speranze dunque  che i medici ottengano quel che finora non hanno concesso loro i precedenti governi e non per nulla le OOSS di categoria hanno preannunciato una prossima tornata di scioperi.

La partita dunque si complica e rischia di trascinarsi a lungo perché le premesse non sono buone  e forse i medici ben presto si accorgeranno che avere riposto tanta fiducia nel  novello Alberto  da Giussano non è stato un buon investimento.  La coperta delle coperture rimane corta e a tirare troppo la tela l’unico rischio è quella di strapparla.

E chissà se le prossime new entry  nella lista dei più detestati non saranno proprio Salvini, Di Maio e, a una certa distanza,  la ministra Grillo che, come tutti hanno già capito dalla vicenda dei vaccini, ha un potere decisionale talmente basso da impedirle di gareggiare per i primi posti.

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