Secondo un nuovo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), sui circa 232 milioni di migranti internazionali, 150,3 milioni sono lavoratori. Il rapporto Ilo global estimates on migrants workers dimostra che i lavoratori migranti rappresentano il 72,7 % dei 206,6 milioni di migranti in età lavorativa (a partire dai 15 anni di età). La maggioranza dei lavoratori migranti sono uomini — 83,7 milioni, mentre le donne lavoratrici migranti sono 66,6 milioni.
Il direttore generale dell’ILO, Guy Ryder, ha commentato il rapporto affermando: “Questa analisi è un contributo significativo dell’ILO a sostegno dei suoi Stati membri nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda i targets dell’Obiettivo 8 sulla protezione di tutti i lavoratori, inclusi i lavoratori migranti, e l’Obiettivo 10 sull’attuazione di politiche migratorie ben gestite. I responsabili delle decisioni politiche disporranno ormai di dati sui quali basare le loro politiche”.
La migrazione per lavoro è un fenomeno che riguarda tutte le regioni del mondo. Tuttavia quasi la metà dei lavoratori migranti (48,5%) si concentra in due grandi regioni: l’America del Nord, e l’Europa (Nord, Sud e Ovest). I paesi Arabi contano la maggior presenza di lavoratori migranti rispetto al totale dei lavoratori, con una quota pari al 35,6%. Lo studio esamina anche la distribuzione della forza lavoro dei migranti secondo i principali settori economici. La stragrande maggioranza dei lavoratori migranti si trova nel settore dei servizi, con 106,8 milioni di lavoratori (71,1 % del totale dei lavoratori migranti); seguono l’industria — inclusa quella manifatturiera e delle costruzioni —, con 26,7 milioni (17,8 %), e l’agricoltura, con 16,7 milioni (11,1 %). Sull’insieme dei lavoratori migranti, il 7,7 % sono lavoratori domestici, cioè lavorano nel settore in cui si registra la più alta disparità di genere.
Il lavoro domestico, infatti, è uno dei settori economici meno regolamentati che richiama una particolare attenzione da parte dell’ILO. La concentrazione di lavoratrici migranti e la scarsa visibilità dei lavoratori in questo settore spesso producono diverse forme di discriminazione.
Sui circa 67,1 milioni di lavoratori domestici nel mondo, 11,5 milioni (17,2 %) sono migranti internazionali, laddove le donne rappresentano circa il 73,4 % (circa 8,5 milioni). Con l’invecchiamento delle società e le altre evoluzioni demografiche e socio-economiche, è probabile che i lavoratori domestici continueranno a migrare in gran numero per rispondere ai bisogni in termini di servizi di cura alla persona e assistenza alle famiglie.
“Per molte ragioni, le migrazioni sono una questione centrale nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. I migranti hanno bisogno di lavorare, ma è altrettanto accertato che nei prossimi anni, molti paesi di destinazione avranno bisogno di nuovi lavoratori. Il mondo avrà bisogno di più dati di migliore qualità e di indicatori per poter seguire questi flussi. Il presente rapporto stabilisce un precedente nella ricerca di dati solidi a livello mondiale atti a guidare i responsabili delle decisioni politiche”, conclude Rafael Diez de Medina, direttore del dipartimento ILO sulle statistiche.
“Alla luce dei profondi mutamenti demografici che caratterizzano il contesto italiano ed europeo è opportuno attribuire una giusta attenzione alla valorizzazione dei lavoratori migranti e delle loro competenze”, sottolinea Gianni Rosas, direttore dell’ufficio ILO per l’Italia e San Marino. “La piena integrazione nei paesi di destinazione può essere sostenuta in primo luogo attraverso misure volte ad assicurare un lavoro dignitoso ai migranti, al fine di valorizzare il contributo e le competenze che questi lavoratori possono apportare allo sviluppo economico e sociale dei paesi di accoglienza. L’Agenda dell’ILO per una migrazione equa offre degli spunti ai governi e alle parti sociali per adottare politiche di gestione delle migrazioni eque e basate sia sui bisogni dei mercati del lavoro che sul rispetto dei diritti, dei quali i lavoratori migranti devono poter godere come qualsiasi altro lavoratore”, conclude Rosas.