Polarizzazione della contrattazione su determinati aspetti, alcuni più strutturali come il trattamento economico e altri legati al preciso momento storico come le norme su organizzazione del lavoro e su salute e sicurezza: è quanto emerge dal terzo rapporto sulla contrattazione di secondo livello di Cgil e fondazione Di Vittorio (FDV), che raccoglie e analizza un campione di accordi nel triennio 2019-2021.
L’indagine distingue tre fasi: pre-pandemica, sostanzialmente coincidente con la contrattazione del 2019; emergenziale a partire da marzo 2020; di ripartenza sviluppata soprattutto nel 2021. Sono stati presi in esame 2.168 documenti tra accordi di livello aziendale, territoriale e di altra natura. Sono state evidenziate marcate differenze tra le tendenze rilevate per il 2020 e quelle del 2019 e 2021, molto più simili tra loro. In particolare, nel 2021 il Covid ha continuato a imporre i propri effetti anche se tra segnali di riattivazione della contrattazione ordinaria ed esperienze di transizione.
Nel 2020 è stato registrato, in maniera del tutto prevedibile, un forte aumento della contrattazione sui temi relativi a salute e sicurezza, organizzazione del lavoro e relazioni sindacali e un crollo di quella relativa al trattamento economico in generale e sulla retribuzione variabile in particolare. Oltre la metà dei testi riguarda grandi gruppi aziendali, con protocolli di secondo livello che si applicano su tutto il territorio nazionale. Per il resto, la maggioranza degli accordi è stata siglata nelle regioni del Nord, con una prevalenza del Nord-Ovest, confermando le tendenze riscontrate già nei precedenti rapporti.
Dal punto di vista dei settori, quello più presente a livello aggregato è il manifatturiero (41,5%), in cui incidono molto il meccanico e il chimico; seguito dal terziario (27,2%) trainato da credito e assicurazioni e da commercio e turismo.
I contratti territoriali analizzati sono 146 (8,3% del totale), suddivisi tra regionali e provinciali. Questi accordi, che hanno sempre un riferimento geografico, sono concentrati prevalentemente nelle regioni del Nord-Est, dove spicca in particolare l`apporto dell`Emilia Romagna. Rispetto ai settori, questi accordi riguardano soprattutto l`agricoltura (52%), seguita a distanza dal commercio e turismo (20%) e dall`edilizia (15,5%). I temi più trattati sono, nell`ordine, quelli legati all`inquadramento, alla bilateralità, al trattamento economico e alle prestazioni di lavoro.
Per quanto riguarda le aziende gli accordi analizzati interessano in tutto 862 soggetti datoriali, tra imprese proprie, istituzioni pubbliche e altri enti di varia natura.
Considerando i settori economici, si registra una prevalenza di quello meccanico, seguito da commercio e turismo e dalle aziende di servizi. Gli accordi aziendali sono in tutto 1.839 divisi tra gruppi (37%), aziende (55%) e unità produttive (8%). Nonostante molti degli accordi aziendali siano integrativi o rinnovi ci sono altri consistenti gruppi di documenti che si distinguono per alcune peculiarità tematiche. In particolare, vanno evidenziati due tipologie di accordi inediti rispetto al passato: quelli che riguardano il ricorso al fondo nuove competenze e quelli specificamente stipulati per dare una risposta immediata all`emergenza sanitaria a partire da marzo 2020. A questi si aggiungono un certo numero di proroghe-accordi ponte firmati nel 2020.
L`area tematica più ricorrente è quella delle relazioni e diritti sindacali, entro la quale è particolarmente diffuso il richiamo all`esame congiunto, con un quarto circa degli accordi che prevede il monitoraggio bilaterale sui temi contrattati (soprattutto su organizzazione del lavoro, crisi aziendali e salute e sicurezza), con un 12% di testi che prevedono commissioni e osservatori paritetici, e un incremento particolare di quelli su salute e sicurezza, istituiti durante l`emergenza. Meno frequenti sono, invece, gli accordi relativi alle rappresentanze aziendali (6%).
Il secondo tema più negoziato è quello dell`organizzazione del lavoro, nel quale rientrano con un peso di gran lunga maggiore che in passato, lo smart working e il cambiamento organizzativo.
Nel caso del lavoro agile si è passati dal 7% del secondo rapporto all`attuale 16,5%. Una crescita che si è registrata in tutti i comparti economici, anche in quelli che in precedenza avevano raramente sviluppato esperienze di lavoro agile. Il cambiamento organizzativo, invece, si lega principalmente a tutte le riorganizzazioni legate alla gestione dell`epidemia, ma anche alle fasi successive, in cui molti accordi hanno previsto processi di rinnovamento più strutturali e duraturi e, a cui si collega, anche l`incidenza della voce nuove tecnologie e digitalizzazione. Gli aspetti riconducibili alle prestazioni di lavoro, invece, sono meno diffuse e riguardano circa il 12% degli accordi.
Il trattamento economico si colloca al terzo posto, nonostante abbia registrato un netto ridimensionamento a causa della scarsa incidenza di questo tema durante tutto il 2020. Riguarda in particolare la contrattazione sul premio di risultato, che compare in oltre il 18% degli accordi, cui si associa in circa la metà dei casi la possibilità di una sua conversione in forme di welfare aziendale. L`importo medio del premio rilevato (inteso come valore massimo raggiungibile) è pari a 1.572 euro, in leggero aumento rispetto alle due rilevazioni precedenti (1.428 euro per il triennio 2017-2019 e 1.409 euro per 2015- 2017).
E.G.