Nelle imprese di grandi dimensioni dell’industria e dei servizi tra il 2005 e il 2010 si è registrata una diminuzione complessiva dell’occupazione del 2,9%. È quanto fa sapere l’Istat.
Il tasso di turnover annuo (definito come somma dei tassi annui di entrata e uscita) passa da 270,0 movimenti per mille dipendenti nel 2005 a 236,2 nel 2010.
Nei sei anni esaminati sia i tassi di entrata che quelli di uscita seguono l’andamento del ciclo economico, registrando prima un incremento e poi una contrazione.
Nel dettaglio, il tasso annuo d’ingresso sale da 134,0 entrati per 1.000 dipendenti nel 2005 a 150,3 nel 2007, per poi scendere a 104,6 nel 2009, anno di forte contrazione dei livelli di attività, e risalire lievemente (113,6) nel 2010. Sulla stessa linea il tasso annuo di uscita, che aumenta da 136,0 cessazioni per 1.000 dipendenti nel 2005 a 148,8 nel 2007 per poi ridursi nettamente nel 2009 (124,8), ed evidenziare un’ulteriore, lieve diminuzione (122,6) nel 2010.
L’istituto poi sottolinea che quasi un lavoratore su due esce dalle grandi imprese per la scadenza dei termini contrattuali. La seconda causa di uscita è data dalle cessazioni spontanee, la cui incidenza tende a diminuire; seguono le uscite incentivate, con una quota del 12,1% a fine periodo, in forte crescita negli ultimi anni. Mentre licenziamenti pesano per il 7,5% delle uscite nel 2010, con una tendenza alla crescita nel periodo considerato.
Le assunzioni con contratti a tempo determinato rappresentano in media circa il 71,5% degli ingressi. In particolare, la quota oscilla tra un valore minimo del 69,9% nel 2005 e un massimo del 73,0% nel 2006. (FRN)