100 euro nella busta paga di un quinto livello. 70 per inseguire l’inflazione nei prossimi tre anni, gli altri 30 per distribuire la maggiore produttività del settore. Più il welfare contrattuale che interviene nella previdenza e nella sanità integrative. Un fondo di solidarietà per attenuare i disagi in caso di ristrutturazioni. E tanta, tanta formazione a tutti i livelli. Sono questi i contenuti principali del nuovo contratto delle telecomunicazioni, che dedica particolare attenzione alla partecipazione, strutturata in un preciso codice comportamentale. Un contratto che rispetta le regole stabilite negli accordi interconfederali di questi anni, ma che soprattutto guarda al futuro, impetuoso in un settore così fortemente segnato dalla tecnologia. Un contratto, soprattutto, che spazza via le tentazioni mai sopite di trovare una scorciatoia nella prova di forza, indicando il dialogo come la retta via delle relazioni industriali. Laura Di Raimondo, la direttrice generale di Asstel, l’associazione delle imprese del settore, è fiera del risultato.
Laura di Raimondo, soddisfatta del nuovo contratto?
Sì, molto. Abbiamo lavorato duramente per raggiungere questo traguardo e devo dire che siamo riusciti ad arrivare a un risultato di tutto rispetto. Abbiamo rinnovato il contratto e lo abbiamo fatto tenendo conto degli impegni che tutti noi, imprese e sindacato, avevamo preso con il Testo unico del 2014 e con l’accordo interconfederale del 2018, noto come il Patto della fabbrica. Abbiamo dimostrato che il contratto nazionale di lavoro è uno strumento utile per accompagnare le aziende e i lavoratori nell’impegno quotidiano di affrontare le sfide del lavoro. Per questo uno dei punti di forza dell’Accordo è la valorizzazione della contrattazione aziendale, perché è proprio all’interno delle aziende che vivono i contratti. Abbiamo, inoltre, voluto offrire importanti indicazioni di politica industriale.
Quindi avete dimostrato che le relazioni industriali sono uno strumento utile per affrontare i problemi interni della produzione?
Era il nostro obiettivo e ci siamo riusciti. Non è stato facile, abbiamo lavorato per mesi, prima della pandemia, per dover sospendere durante il lockdown. A luglio abbiamo ripreso con l’obiettivo di chiudere entro novembre. Siamo riusciti a rispettare i tempi, anche dovendo gestire le ultime fasi del negoziato attraverso le piattaforme digitale: una vera novità e un bel segnale di innovazione.
Qual è la chiave interpretativa di maggior rilievo di questo nuovo contratto?
Ce ne sono tantissime. Tutto il contratto è stato rinnovato: 40 articoli su 57 sono stati interessati da modifiche. Ma per me la cosa più rilevante è stato aver ribadito e rafforzato lo scambio tra efficacia, produttività e retribuzioni. Il contratto deve essere utile a tutti e con questo scambio ci si riesce.
Anche per il salario avete innovato profondamente?
L’aumento c’è e non è di poco conto. Solo la parte retributiva diretta porta 100 euro nella busta paga del 5° livello. E, come indicava il Patto della fabbrica, abbiamo distinto il Tem – trattamento economico minimo – dal Tec – il trattamento economico complessivo.
Cosa prevedono?
Il Tem recupera l’inflazione sui minimi esclusivamente sulla base dell’indice Ipca depurato dagli aumenti dei prodotti energetici importati, cosa che facciamo dal 2009.
E il Tec?
Il Tec valorizza tutte le voci contrattuali, tra questi il welfare, la previdenza, la sanità e la contrattazione di secondo livello. Inoltre, prevede anche una quota retributiva che abbiamo qualificato come “Elemento Retributivo di Settore”, strettamente correlato alla produttività di settore.
Quindi c’è una crescita del salario legato all’inflazione e che guarda anche all’andamento della produttività?
Siamo in linea con l’andamento dei parametri inflattivi. Credo che sia giusto valorizzare anche gli scambi contrattuali quando questi diventano un valore aggiunto per aziende e lavoratori, portando effetti benefici reali sulla produttività. L’esempio più significativo nel nostro rinnovo è dato dalla completa rivisitazione del sistema di classificazione del personale con l’introduzione di ben 26 nuovi profili professionali legati all’evoluzione digitale del lavoro. Questi profili saranno fondamentali sia per accompagnare i giovani nelle nostre aziende sia per guidare i processi di reskilling per i lavoratori in forza.
Avete anche istituito un Fondo bilaterale di solidarietà di settore.
Anche questa è una delle novità di questo contratto e ne siamo molto orgogliosi. E’ finanziato con risorse delle aziende, per due terzi, e dei lavoratori, per un terzo. Servirà a finanziare una serie di interventi di riorganizzazione delle aziende e a guidare la trasformazione dei prossimi anni: sia quando queste vorranno mettere mano all’organizzazione del lavoro, sia quando decideranno di avviare nuovi corsi di formazione professionale dei lavoratori.
Sulla formazione avete lavorato molto.
Non era possibile altrimenti. Perché la filiera delle telecomunicazioni, forse più di altri, è in continua trasformazione e i lavoratori devono essere sempre all’altezza dei compiti che vengono loro assegnati. Il futuro delle imprese e dei lavoratori dipende in buona parte proprio dalla capacità di formare continuamente i lavoratori. E’ fondamentale per loro investire sull’occupabilità dei lavoratori. Solo così le aziende saranno in grado di rispondere velocemente ai cambiamenti, spesso repentini, che caratterizzano il settore.
Il Patto della fabbrica aveva delle indicazioni molto importanti e innovative per quanto si riferisce alla partecipazione. Ne avete tenuto conto?
E’ uno dei punti fondamentali del nuovo contratto. Il livello di informazione e quello decisionale sono stati rivisti in profondità prevedendo momenti di dialogo molto importanti. Abbiamo anche introdotto per la prima volta una clausola di esigibilità degli accordi, in applicazione dell’Accordo interconfederale del 2014, in via sperimentale, che riguarderà solo l’esercizio dei diritti sindacali. Ma abbiamo già preso l’impegno di estenderla a tutto il Ccnl. Questo consentirà ogni volta che si dovesse verificare un problema di trovare una sede per risolverlo, restando nel perimetro del nostro modello relazionale.
E si affrontano così i problemi?
Crediamo di sì. Per questo sono state individuate più fasi di questo confronto: la prima in sede aziendale o territoriale, la seconda in sede nazionale. Ma, in ultima istanza, qualora il problema dovesse ancora persistere, la decisione finale spetterà a un Comitato di esperti, a carattere bilaterale e presieduto da una personalità scelta assieme alle parti. Questo organismo avrà il compito di riunirsi in tempi molto ristretti e arrivare a una decisione unanime. E non è escluso che, in presenza di comportamenti negativi di una parte, questa sia sottoposta a sanzioni.
Solo formali o anche materiali?
No, materiali, con un pagamento che può arrivare a 400 euro da destinare ad attività benefiche verso le nostre persone.
Un’ultima cosa. Lei ha detto che con questo contratto avete dato anche indicazioni di politica industriale. In che senso?
Abbiamo dato indicazioni per quanto riguarda il Customer Care (CRM-BPO). Ma abbiamo affrontato anche la gestione del lavoro, in riferimento agli orari di lavoro e più in generale all’organizzazione del lavoro, offrendo ancora più spazio alla contrattazione aziendale. A tal proposito abbiamo messo, ad esempio, a fattor comune l’esperienza vissuta in questi mesi con lo Smart Working, rispetto alla quale abbiamo sottoscritto uno specifico accordo il 30 luglio scorso e che entrerà a far parte integrante del Ccnl. Con questo rinnovo, che arriva a 20 anni dal primo contratto di settore, abbiamo provato ad affrontare la sfida di dare alle imprese e ai lavoratori uno strumento che sia capace di accompagnare la nostra filiera negli anni a venire.
Massimo Mascini