Italia nel gruppo di coda dei paesi Ocse sull’occupazione giovanile. Nella penisola si registra infatti il secondo livello più basso di occupati nella fascia 25-29 anni, appena sopra il 50 % a fronte di una media Ocse che si posizione sopra il 70 per cento. Peggio fa solo la Grecia.
Inoltre, in Italia si registra il quarto livello più elevato di giovani catalogati come Neet, ovvero che non lavorano, non studiano e non seguono programmi di formazione: sopra il 25 % in Italia sulla fascia 16-29 anni, con livelli più elevati che si registrano solo in Spagna, Grecia e Turchia.
E secondo i dati contenuti nel apporto annuale dell’Ocse sui livelli di preparazione dei giovani (Oecd Skills Outlook 2015), in Italia si registra la più bassa percentuale assoluta tra coloro che nella fascia 16-29 anni combinano studio e lavoro, appena il 10 % circa. Peraltro va rilevato che secondo lo studio in Italia è praticamente a zero il ricorso all’apprendistato.
In generale secondo l’ente parigino nel 2013 39 milioni di giovani di età compresa tra i 16-29 anni nei Paesi membri non avevano un’attività lavorativa né erano inseriti in un percorso di studi o di formazione (sempre in riferimento ai Neet), si tratta di 5 milioni di giovani in più rispetto al periodo che ha preceduto la crisi economica del 2008. E le stime per il 2014 indicano pochi miglioramenti.
Altro dato ancora più preoccupante: circa metà dell’insieme dei giovani Neet – circa 20 milioni – non sono inseriti nel sistema scolastico e formativo e non cercano lavoro. Si corre quindi il rischio che essi possano essere “dimenticati” nell`ambito delle opportunità offerte dai sistemi formativi, sociali e del mercato del lavoro del loro Paese.
Queste cifre rappresentano anche uno spreco finanziario poiché le competenze acquisite nei percorsi educativi non sono utilizzate a fini produttivi e costituiscono anche un potenziale carico per i loro Paesi, causato da: minori entrate fiscali, costi maggiori per prestazioni sociali, un possibile clima d`instabilità sociale dovuto al fatto che una parte della popolazione è disoccupata e demoralizzata. I giovani, avverte l’Ocse nello studio, devono essere una ricchezza per l’economia e non un potenziale onere.