Il rilancio dell’Ilva potrà avvenire grazie ai fondi che la famiglia Riva aveva sottratto all’azienda stessa. E che fondi: centesimo più, centesimo meno, stiamo parlando di circa 2 miliardi di euro. La cifra, nei dettagli, è stata illustrata oggi al senato dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, che sta seguendo uno dei filoni di inchiesta sull’Ilva. Convocato in audizione dalla commissione Industria, Greco ha fatto il punto sulle indagini e sui sequestri. Con una avvertenza: se non verrà modificato adeguatamente, il nuovo decreto per l’Ilva approvato dal governo per il commissariamento straordinario renderà impossibile il trasferimento all’Ilva dei capitali sequestrati: ” non capisco perchè si scrivano le leggi in questo modo -ha osservato- forse c’è un problema di gestione del potere”.
Ma partiamo dai numeri del “tesoro”: al momento i capitali sequestrati ai Riva che potrebbero essere subito usati per l’Ilva se fatti rientrare in Italia sono 1,2 miliardi, depositati su un conto della banca svizzera Ubs e di fatto “congelati” grazie alla nuova legge italiana sull’autoriciclaggio.
Cifra che però potrebbe arrivare fino a 2 mld grazie ad “alcune tracce investigative” in corso della procura di Milano. Parlando dei filoni di indagine, Greco ha spiegato che “il primo ha come riferimento la questione dello scudo fiscale operato da un trust di cui Emilio Riva era beneficiario. Si tratta di 1,2 mld circa di cui 1 mld circa sono rimasti in Svizzera a Zurigo ma sono sostanzialmente italiani e sono stati sequestrati su incarico al Fondo unico Giustizia. Altri 200 mln sono già in Italia, in gestione a Banca Aletti, e sono già nella disponibilità concreta del Fondo unico giustizia”.
Inoltre, il magistrato ha spiegato che sono “congelati all’estero altri 700 mln che fanno capo ad Adriano Riva che hanno la stessa origine del 1,2 mld già sequestrato. La futura amministrazione straordinaria, se riusciamo a portare questi soldi in Italia, potrà quindi godere di una base di partenza che in altre parti del mondo si sognano”.
Ma non è finita qui: un’altra indagine riguarda quella per frodi fiscali tramite derivati con Deutsche Bank e su cui pende un dibattimento e un processo penale a Milano. Poi c’è il filone che ha portato alla condanna di alcuni tra cui Fabio Riva, latitante a Londra, per truffa a danni dello Stato per utilizzazione impropria dei fondi erogati da Simest. Oltre alla condanna a sei anni in media degli imputati, c’è stata la confisca di 100 mln che sono denaro contante e immobili presi in Italia e potrebbero essere chiesti dal commissario straordinario, e sono sempre a disposizione”.
E tuttavia, pende ancora il rischio che questi soldi restino inutilizzabili se non verrà cambiato il decreto del governo: ricostruendo la vicenda normativa legata alla possibilità di far rientrare i capitali sequestrati ai Riva, Greco ha infatti spiegato che l’accavallarsi di norme sull’Ilva ha creato una confusione giuridica che rende tutto più complicato. Di qui, la richiesta all’esecutivo di modificare il decreto approvato la vigilia di Natale.
Il magistrato ha sottolineato come il risanamento dell’Ilva di Taranto sarà un’occasione “per tutto il sud” e per questo occorrono “tempi rapidi” ma, anche, un’attenzione particolare sugli appalti. Infine, una stoccata in vista delle prossime nomine dei commissari straordinari: “per l’amministrazione straordinaria dell’Ilva serve gente preparata e capace, non si può permettere che si trasformi in un ennesimo poltronificio – ha scandito Greco- Auspico l’applicazione dei criteri pieni della norma Marzano, scegliendo tra gli amministratori che hanno già avuto esperienza in gestioni di questo genere. Siamo stanchi che le gestioni di queste crisi diventino poltronifici: ci vuole gente preparata e capace e che stia a tempo pieno a lavorare e che non prenda questo come un altro dei 50 incarichi”.