Il posto fisso in Italia è un miraggio per quasi 7 milioni di persone. Secondo il rapporto annuale 2014 dell’Istat, infatti, il part time è l’unica forma di lavoro che cresce ininterrottamente in questi anni di crisi, anche se nel 50% dei casi (sono in totale 4 milioni nel 2014) non è una scelta volontaria ma di necessità. I giovani under 24 restano sempre i più penalizzati e aumenta la fuga dei cervelli con il 12,9% dei ricercatori che va all’estero.
Una buona notizia però c’è nella fotografia annuale scattata dall’Istat: dopo due anni di contrazione, nel 2014, l’occupazione torna a crescere, in aumento di 88mila unità. Ma la dinamica è stata differenziata favorendo i più anziani, gli stranieri e le donne con un divario territoriale che premia solo il Centro-Nord. In particolare, secondo i dati del rapporto annuale dell’istituto, l’occupazione è aumentata dell’8,9% nella fascia di età 55-64 anni anche per il rallentamento delle uscite verso la pensione, mentre tra i giovani under 24 è scesa del 4,7%. In crescita anche tra gli stranieri con 111mila unità in più e tra le donne con un aumento dello 0,6%. Oltre 800mila posti di lavoro persi è, invece, il costo dei sei anni di crisi tra il 2008 e il 2014 e sono soprattutto gli uomini a pagare il prezzo più alto.
Secondo i dati del rapporto nei sei anni di riferimento l’occupazione maschile si è ridotta di 875mila unità mentre quella femminile è aumentata di 64mila unità pari allo 0,7% anche se il tasso di occupazione femminile resta molto basso al 46,8%, 12,8 punti in meno rispetto alla media europea. La crisi ha accentuato inoltre i divari territoriali. La ripresa dell’occupazione nel 2014 con 88mila unità riguarda esclusivamente il centro-nord mentre il Mezzogiorno accusa un calo di occupati di mezzo milione dall’inizio della crisi con un tasso di occupazione che scende al 41,8% rispetto al 55,7% nazionale.