Sa che il compito che lo attende è gravoso, ma non mostra timori. E’ abituato da una lunga militanza sindacale a combattere ed è deciso ad affrontare senza indugi i problemi. Il primo è il rinnovo del contratto nazionale. Ma soprattutto Roberto Benaglia, il nuovo segretario generale della Fim, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl, crede che solo con il confronto tra imprese e sindacati, e senza troppi rimpianti per il passato, sia possibile mantenere la concorrenzialità delle imprese e garantire il lavoro. Ma anche decidere come spendere le risorse che l’Europa ci ha messo disposizione. Importante è riuscire a evitare una pandemia sociale in autunno di cui certo non abbiamo bisogno.
Roberto Benaglia con che animo affronta questo impegno gravoso che si è accollato, guidare i metalmeccanici della Cisl dopo Marco Bentivogli?
Che si tratti di un incarico sicuramente impegnativo non ci sono dubbi. Mai come in questi tempi lo è stato. Lo spirito è quello del sindacalista pragmatico di sempre che cerca di calarsi in una realtà nella quale c’è bisogno di più sindacato, perché nella pandemia le relazioni industriali sono state centrali per garantire sicurezza, regolare lo smart working, assicurare la flessibilità, e proprio per questo sento di dovermi rimboccare le maniche ed essere al fianco dei lavoratori, per rassicurarli in un momento di grande sbandamento.
La cosa più difficile?
Capire che il mondo sta cambiando. Il mio primo pensiero è ai troppi metalmeccanici in cassa integrazione, o che rischiano il posto di lavoro, o, peggio, lo hanno già perso, ma poi c’è tutto il tema dell’innovazione. Il lavoro continua a cambiare e quindi oltre a stare al fianco dei lavoratori occorre continuare a monitorare i cambiamenti e valutare come le relazioni industriali possono seguire questo cambiamento.
Il prossimo impegno è il rinnovo del contratto nazionale. Le trattative non sono praticamente cominciate.
E’ questo certamente l’impegno sindacale più corposo e gravoso. Io mi sono inserito in una corsa appena avviata, ma ci stiamo impegnando perché non bisogna perdere tempo. Superata la difficoltà legate al confinamento è evidente che non ci sono più alibi per perdere tempo. Il contratto è scaduto da più di sei mesi, abbiamo bisogno che la trattativa decolli ed entri nel merito. Quindi se le relazioni sindacali in questi mesi sono state centrate sul tentativo di tenere assieme le esigenze di imprese e lavoratori in azienda, adesso bisogna che questo tentativo si sposti sul piano nazionale.
Le aziende sottolineano le difficoltà in cui si dibattono.
Nessuno le mette in dubbio, ma anche in questo scenario si deve contrattare. La trattativa deve decollare. Da settembre il confronto deve entrare nel merito.
Ha già preso contatto con i suoi partner di Fiom e Uilm?
Quando dieci giorni fa, e sembra lontanissimo, sono stato eletto ho subito mandato a loro un saluto e un segnale per incontrarci e affrontare questa stagione straordinaria che ha visto come protagoniste le confederazioni, ma che sta impegnando fortemente anche le categorie. Abbiamo avuto un primo incontro veloce per conoscerci, avremo modo di lavorare assieme, perché serve un sindacato coeso e questa sarà la mia proposta per interpretare in modo nuovo le questioni del lavoro, senza le ricette del passato.
Oltre alla vertenza del contratto nazionale incombono le difficili realtà di tante aziende in crisi, la prima delle quali è certamente l’Ilva.
Ci sono tante vertenze calde, tutte molto complesse, decisive per assicurare al paese un futuro profilo manifatturiero di qualità, a partire dall’Ilva. Certo l’Italia non può rinunciare alla sua sovranità, a essere una grande leader in un settore come l’acciaio. Detto questo, affrontiamo queste vertenze per avere delle risposte.
Cosa chiedete alle multinazionali con cui dovete trattare?
Di calarsi nella realtà. Non è tempo di ritirare gli investimenti, gettare la spugna e ridurre la presenza nel nostro paese. Certamente ci sono dei problemi di compatibilità, ma con un negoziato possiamo trovare le giuste soluzioni. Su Ilva in particolare stupisce che questa vertenza proceda senza un confronto aperto con il sindacato. Leggo di ragionamenti tra governo e azienda sulle prospettive, ci piacerebbe che di queste cose si parlasse anche con noi. Del futuro del lavoro, di come garantire la stabilità occupazionale. Speriamo che anche su Ilva il confronto riparta.
Benaglia a suo avviso il sindacato è in crisi?
Il sindacato non è in crisi e la contrattazione non va in cassa integrazione. Abbiamo bisogno di imprese e lavoro, che le relazioni industriali sorreggano l’apparato produttivo e la qualità del lavoro. Le aziende non possono perdere competenze. Il tema non è solo bloccare i licenziamenti, ma mantenere le competenze dentro l’azienda per il momento in cui arriverà la ripartenza, magari ricorrendo agli ammortizzatori sociali per non lasciare a casa la gente, ma riqualificando tanti lavoratori che ne hanno bisogno. Su tutti questi temi il sindacato c’è, anche con una visione innovativa. E’ una difficile transizione, ma il sindacato non è in crisi, sta cercando di uscire dalla pandemia guardando alle cose nuove. Certo, è faticoso. Quello che preoccupa è l’autunno perché se tra qualche mese non si riparte sarà tutto più difficile. Anche per noi.
Ritiene opportuno un nuovo grande negoziato triangolare tra sindacati, imprese e Governo anche solo per aiutare la scelta degli utilizzi delle ingenti risorse che l’Europa ci ha messo a disposizione?
Queste risorse straordinarie rappresentano certamente una grande opportunità. Il vero rischio è avere tante risorse e poche idee di modernizzazione. Per decidere come utilizzarle, certo non con interventi a pioggia ma nel modo più utile. Per rilanciare l’economia e tutelare l’occupazione c’è sicuramente bisogno di confronto. Non so se debba avere una forma triangolare, mi interessano poco le immagini del passato. Penso che Cgil, Cisl e Uil abbiano buone idee in proposito e mi piacerebbe che fossero le parti sociali in una prima battuta a confrontarsi tra di loro sull’uso di queste risorse e poi, una volta prese delle decisioni, le portassero al governo per discutere assieme cosa fare. Sarebbe un modo di procedere molto più innovativo, interessante.
Confindustria sembra poco interessata a un nuovo confronto bilaterale, afferma che di accordi se ne sono fatti tanti, fino al Patto della fabbrica di due anni fa, ma sono poi rimasti sulla carta.
La stagione del patto della fabbrica è stata importante, ma adesso abbiamo di fronte altri temi, non lo schema della contrattazione ma il salvataggio dell’economia, del settore manifatturiero, che è il secondo in Europa. Dobbiamo mettere imprese e lavoratori in grado di attivarsi per la ripresa e non per una pandemia sociale che rischiamo di avere in autunno. Mi sembra questo un argomento importante, per cui il gioco vale la candela. Bisogna affidarci a un confronto su questi temi. Non è facile modernizzare, non bastano gli incentivi, gli ammortizzatori sociali, i bonus. Bisogna aumentare la produttività, attivare gli investimenti, qualificare il lavoro. Fare questo è la chiave del successo, su cui altri Paesi corrono e noi dobbiamo correre più di loro. però abbiamo di fronte un altro tema, che non è la contrattazione, ma il salvataggio dell’economia,
Massimo Mascini