Dopo un serrato confronto tra governo e sindacati, la scuola riparte con modalità diverse. Siamo in una fase ancora delicata che impone cautela, afferma Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola. Ci troviamo ancora a dover denunciare le stesse carenze, sulle quali da tempo chiediamo di intervenire, come aule piccole e mezzi di trasporto inadeguati, spiega la leader sindacale. La scuola, sostiene, non deve creare diseguaglianze. Le regioni, prosegue, si assumano le proprie responsabilità e motivino le loro scelte quando decidono di chiudere o aprire.
Gissi, nel giro di 48 ore sono mutate alcune condizioni per la riapertura delle scuole. Qual è lo scenario attuale?
C’è stato un cambiamento dopo la conferenza Stato-Regioni e la cabina di regia. Si andrà verso una presenza a scuola rimodulata sulla base della situazione epidemiologica delle singole regioni. Più precisamente, le attività in presenza dovranno essere garantire per almeno il 60% e fino al 100% degli alunni nelle zone gialle o arancioni, e in percentuale variabile dal 50% al 75% per alunni nelle regioni rosse. La dad non è una forma di insegnamento che ci piace, ma a volte le condizioni lo impongono.
I timori che avete espresso sono legati a problematiche ormai croniche per la scuola.
Le carenze del mondo della scuola sono le stesse che denunciamo da tempo e che andavano affrontate lo scorso aprile, quando il sindacato chiese di avviare una riflessione seria per il settembre successivo, e fummo guardati come se venissimo da un altro pianeta. Molte aule non sono adeguate per mantenere il distanziamento. Non c’è il personale sufficiente per lo sdoppiamento delle classi. In tutti questi mesi è mancato, inoltre, un sistema di tracciamento sufficiente.
Senza dimenticare il nodo dei trasporti.
Certamente. Da tempo ripetiamo che la scuola è una realtà trasversale alla vita di milioni di persone. È un qualcosa di vivo, e non di statico e chiuso. Una didattica in presenza al 100% e la capienza ridotta sui mezzi pubblici avrebbe di certo creato un’aporia difficilmente risolvibile. Siamo consapevoli del fatto che il trasporto su rotaia non possa essere modificato radicalmente, o che la mobilità urbana non possa essere destrutturata, ma ancora una volta siamo qui a raccontare i ritardi e quello che non si fatto ma era necessario realizzare.
Vi preoccupa il fatto che, accanto alle scuole, riprenderanno anche alcune attività commerciali?
Chiaramente se si riaprono gli spazi legati alla socialità, frequentati dai ragazzi, non sappiamo poi che cosa entra nelle classi. La scuola non è un ambiente impermeabile al mondo esterno.
Quindi meglio aprire le scuole e tenere chiuso tutto il resto?
Non vogliamo essere quelli che criticano le riaperture, ma dobbiamo essere consapevoli che la situazione epidemiologica non ci consente di abbassare la guardia. Egoisticamente possiamo dire che parte degli insegnanti è stata vaccinata, nonostante tutti gli stop and go relativi ad Astrazeneca. Tuttavia il personale docente che ha ricevuto la seconda dose è una fetta limitata, i numeri delle vaccinazioni non sono uniformi, ma cambiano di regione in regione, e soprattutto gli studenti non sono stati immunizzati, e purtroppo sappiamo come le varianti si diffondano rapidamente anche tra i più giovani. In questa fase così delicata è necessario che chi ha le competenze, come le regioni, per decretare chiusure o riaperture, si assuma la responsabilità delle proprie scelte, motivandole.
Teme che si vada in ordine sparso, come più volte è successo?
Sicuramente procedere in ordine sparso è una strategia che non aiuta, e che genera unicamente diseguaglianze e diversificazioni. Il coordinamento tra stato e regioni è imprescindibile. Nondimeno serve la giusta flessibilità per imboccare o la via della riapertura o della chiusura, a seconda della circolazione del virus. Ma, come dicevo, tutto questo deve essere accompagnato dalla responsabilità da parte di chi decide. Se i numeri impongono un nuovo lockdown in una determinata regione è giusto farlo, se la scuola è considerata un acceleratore del contagio si deve motivare l’interruzione della presenza. Situazioni come quelle della Puglia, dove il presidente Emiliano ha chiesto di non fermare le attività, nonostante numeri poco favorevoli, e ha lasciato le scuole aparte, facendo ricadere sulle famiglie la scelta di mandare o meno i figli, non sono tollerabili. Così facendo si crea disparità tra gli alunni che hanno alle spalle un background culturale solido, e chi no. La scuola non può essere aperta su richiesta, ma appartiene a tutti.
Come valuta il confronto con il ministro Bianchi? C’è stato un cambio di passo rispetto al precedente governo?
Il confronto con il ministro Bianchi è stato, fin dall’inizio, aperto e interessante. Ovviamente si tratta pur sempre di un governo tecnico che deve poi rispondere a una compagine politica. Ma l’aspetto più importante è stato l’aver introdotto la dimensione umana all’interno di un confronto istituzionale, cosa che non c’è mai stata con il precedente ministro. C’è stato sicuramente un cambio di passo.
Tommaso Nutarelli