Raffaella Vitulano
”La recrudescenza delle idee razziste e xenofobe, gli attacchi ai nostri valori che abbiamo di recente constatato in molti paesi europei, ci chiedono non solo maggiore vigilanza ma ci obbligano a batterci per chiedere più Europa, un’Europa che s’impegni per la piena occupazione, la democrazia, l’uguaglianza, la giustizia sociale” spiega da Bruxelles il segretario generale della Ces, Emilio Gabaglio. ”La partecipazione in massa dei lavoratori europei alle manifestazioni e alle azioni organizzate dalla Ces a più riprese – aggiunge – prova che il mondo del lavoro condivide largamente la piattaforma sindacale europea. Se il mondo politico ignora questo segnale forte ed unitario del movimento sindacale, si assume il rischio di trovarsi di fronte ad una frammentazione sociale che può dar luogo a fenomeni nefasti come quelli prodottisi oggi in Francia”.
Quest’anno, numeri senza precedenti di lavoratori sono scesi in tutte le strade del mondo. Lottano contro i tentativi dei governo di tagliare di nuovo i loro diritti. Fanno sentire le loro voci quando cattive gestioni aziendali minacciano i mezzi di sussistenza. Chiedono che le forze di globalizzazione siano approfondite e controllate. ”Quando l’elezione nello Zimbabwe è risultata corrotta, la sola azione di protesta nel paese è stato il richiamo di uno sciopero nazionale indetto dai sindacati. Quando l’economia argentina – denuncia la Icftu nel suo manifesto per il primo maggio – è andata in fumo, i lavoratori hanno avuto la forza di insistere sul cambiamento. Quando il primo ministro italiano Berlusconi ha cominciato a smantellare i diritti duramente conquistati dai lavoratori italiani, milioni di persone hanno risposto all’appello sindacale di scendere in piazza. In Giappone, migliaia di iscritti sindacali hanno fatto sentire la loro voce durante un’azione di protesta massiccia contro l’insicurezza sociale e le riforme antisindacali del governo. Quando le riforme del governo Indiano hanno minacciato di devastare le vite dei lavoratori e delle loro famiglie, circa dieci milioni di iscritti al sindacato si sono uniti in un giorno di protesta in tutto il paese”. Di fronte a misure sbagliate, insomma, le voci dei lavoratori sono più forti di qualunque altra. ”Quando i lavoratori coreani hanno tenuto testa ad attacchi repressivi del governo, i loro dirigenti sindacali sono stati incarcerati per lunghi anni. Quando i sindacati nigeriani hanno proclamato uno sciopero generale quest’anno, il loro dirigente è stato arrestato. Quando i sindacati indipendenti in Cina hanno protestato i licenziamenti, i loro dirigenti sono stati messi dietro le sbarre. E in Colombia, la semplice attività sindacale può essere fatale, come dimostrano le dozzine di dirigenti uccisi ogni anno” ricorda la Icftu nella celebrazione del 1° maggio. I dirigenti, ed i lavoratori che rappresentano, conoscono i rischi che affrontano. Ma essere arrestati o soffrire è qualche volta il solo modo che può aiutare a richiamare l’attenzione del mondo contro le ingiustizie e le repressioni.