Si chiama Sergio Mattarella lo psicologo -lo psicoterapeuta, il coach, chiamatelo come volete -che può curare gli italiani. Perché stiamo uscendo dalla pandemia, certo; ma dalla depressione, dallo sconforto, dal timore del futuro: da quelli è più difficile uscire. L’idea di essere un paese fermo, senza grandi speranze, senza aspettative e senza sogni, malgrado la pioggia di miliardi del PNRR, è dura da scalzare. Un male oscuro, per citare un romanzo famoso, che ci tiene inchiodati a terra, ci toglie le forze, proprio quando avremmo bisogno di tutta l’energia per ripartire. E però, mentre siamo lì a crogiolarci sul divano in una serata quasi estiva, offrendo il fianco alle crisi di panico, o di depressione, pensando ai cervelli in fuga, ai precari, alla mancanza di lavoro, alla politica sempre più incomprensibile, alle polemiche sempre più assurde che si accendono sui sui social, a tutti i giganteschi problemi che l’Italia si trascina da decenni, e chissà mai quando e se saprà risolverli, ecco che arriva lui. Il presidente. E fa un discorso che, da solo, è già una cura.
L’occasione è il 75esimo anniversario della repubblica italiana. Il nostro 2 giugno, Festa nazionale, Frecce tricolori che solcano il cielo di Roma – anche un po’ nuvolo, stamattina. Lo scorso anno, in questa data, si pensava di esserne usciti, che la pandemia fosse alle spalle. E invece. Quest’anno siamo cauti, teniamo le speranze nel cassetto, l’entusiasmo al guinzaglio, e quanto al futuro boh, certo oggi non ci appare come “una palla di cannone accesa che ci sta quasi raggiungendo”, al massimo una palla che ci darà il colpo di grazia. Mattarella però sembra che ci legga dentro. Ci accarezza fin dall’inizio, citando (proprio) Francesco De Gregori ci ricorda che ”la storia siamo noi, e nessuno si senta escluso”. Dice: “qualche volta sembra che il paese sia fermo, imbrigliato dalle pigrizie; qualche volta affiora la tentazione di chiudersi nel presente, trascurando il futuro. Ma non è così: “il paese non è fermo”, ha già una volta ricostruito partendo dalle macerie, e lo farà di nuovo perché “oggi è il tempo di costruire il futuro”. E dunque via, coraggio, su dal quel divano.
Tutto appare difficile e impossibile? ma no, abbiamo visto di peggio. Mattarella ce lo dimostra tracciando un bilancio di “cosa abbiamo fatto” dal quel 2 giugno 1946 a oggi. Il bilancio di un paese ”che era stato trascinato in guerra, ridotto in povertà, senza risorse, con tanti italiani che pativano la fame”. Cita fatti, persone, eventi, uno per uno, e ci spiega perché vale ancora la pena di essere orgogliosi dell’Italia. Ci sono state le macerie delle guerra e del fascismo, è vero: ma poi ci sono state la democrazia, la costituzione, la ricostruzione che ci catapultò tra le grandi economie del mondo. Ci sono stati gli anni di piombo, ma poi “il terrorismo è stato sconfitto” e lo Stato “ha prevalso con gli strumenti del diritto”, con la rettitudine di Guido Rossa, con le piazze piene di persone, sindacati, partiti, tutti uniti contro la paura e la violenza. Ci sono state le grandi sciagure naturali, dall’alluvione del Polesine ai terremoti, ma poi ci sono state le grandi prove di solidarietà degli scampati verso i colpiti, ci sono stati gli angeli del fango di Firenze: “dal Vajont al Belice al Friuli all’Irpinia, all’Emilia, all’Italia centrale, ogni volta abbiamo visto quanto sia forte il legame di solidarietà e fraternità che unisce i nostri territori, il nostro popolo”. C’è stata la guerra, ma poi c’è stata l’Europa, il nostro punto di orientamento, il nostro migliore ancoraggio alla pace. A ogni evento avverso l’Italia ha risposto nel modo giusto.
Ricorda, Mattarella, una per una anche le grandi riforme che hanno cambiato il profilo del paese: la riforma agraria, i piani casa con l’edilizia popolare, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la realizzazione a tempi di record di grandi opere infrastrutturali, la riforma tributaria, gli interventi per il Mezzogiorno. E poi ancora: lo statuto dei lavoratori, la riforma della scuola e l’innalzamento dell’obbligo scolastico, il nuovo diritto di famiglia, il Servizio sanitario nazionale. (Aggiungo, di mia penna: il divorzio, l’aborto, le unioni civili, leggi non meno importanti). Cita persone, quasi tutte donne: Lina Merlin, “pioniera della dignità femminile”. Nilde Jotti. Samantha Cristoforetti. Liliana Segre. Tina Anselmi. Luana D’Orazio. Ognuna ci ricorda un passo avanti che abbiamo compiuto, o ci costringe a mobilitarci per compierne un altro.
Non tutto ovviamente è perfetto. Il presidente sa bene che non viviamo nel migliore dei mondi possibili. Ci sono ancora diseguaglianze, ingiustizie, farraginosità, pigrizie, illegalità, rendite di posizione. Ci sono le donne e i giovani, che dovrebbero essere punti di forza della vita e della crescita di questo paese e invece ne sono vittime, ne restano esclusi. C’è il lavoro che manca, e quello sottopagato, e quello per il quale si muore. Ma, appunto, nulla è impossibile: “la Repubblica possiede valori e risorse per affrontare queste sfide a viso aperto”, e l’Italia ha “potenzialità straordinarie”, ha cultura, creatività, competenze, solidarietà. Se oggi tracciamo una storia degli ultimi 75 anni, quella che vediamo, dice, è ”una storia di successo”. Una storia che “siamo noi, e che nessuno mai si senta escluso”. Oggi dobbiamo solo ricordarcelo, e continuare a replicarlo, quel successo. Insomma, abbiamo ”le carte in regola per farcela”, parola di Mattarella, il migliore coach dell’Italia, e di tutti gli italiani.
(E si, ne usciremo, anche stavolta. E grazie, presidente)
Nunzia Penelope