C’è stato un po’ di tutto nel 2013. L’incrudirsi della crisi, il precipitare dell’occupazione, l’acuirsi del disagio sociale e l’allentarsi sempre più marcato dalla coesione sociale, ma è stato anche l’anno in cui sono apparsi primi, timidi segnali di ripresa.
Dopo cinque anni di crisi profonda, durante i quali è caduto almeno un terzo della capacità produttiva del paese, qualcosa ha cominciato a girare nel verso giusto. Indicazioni appena accennate, ma abbastanza consistenti da far sperare l’inversione di tendenza. L’occupazione però ha pagato un prezzo altissimo. Le aziende hanno cercato di resistere, poi hanno ceduto. Tra l’estate del 2012 e quella del 2013 è stata una vera emorragia, sono scomparsi 500 mila posti di lavoro. E anche il 2014 sarà un altro anno maledetto per l’occupazione, specie per quella dei giovani, che pure hanno superato la soglia del 40% di disoccupazione.
Il 2013 è stato soprattutto l’anno della politica con le elezioni e l’incertezza che queste hanno determinato, ma è stato anche l’anno della ripresa del dialogo tra le parti sociali. Che sono riuscite a raggiungere un importante accordo sulla rappresentanza e la contrattazione. Che ha fatto entrare un po’ di buon senso nelle relazioni industriali, spazzando via il Far West che per tanti anni le ha caratterizzate.
Quaranta tra giornalisti e docenti universitari, economisti, sociologi e giuslavoristi, raccontano e commentano questo nuovo anno di difficoltà e di attesa.
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