Quattro regioni del Mezzogiorno – Calabria, Campania, Sicilia e Puglia – continueranno a beneficare dei fondi strutturali europei per le regioni più povere anche in un Europa allargata da 15 a 25 Paesi. In una Unione a 27 invece – ossia estesa da subito anche a Bulgaria e Romania – solo la Calabria continua ad apparire sulla carta dei fondi strutturali per il Sud, mentre Campania, Sicilia e Puglia – con un totale di 15 milioni di abitanti – vengono depennate.
Quanto a Sardegna e Basilicata, già in corsa per la promozione, non appaiono più tra le economie più deboli dell’Ue.
Sono queste le conclusioni a cui giunge la Commissione europea in un rapporto sulla coesione economica e sociale che sarà approvato mercoledì a Bruxelles. Il documento fotografa, sulla base delle normativa attualmente in vigore per i fondi strutturali europei, i riflessi dell’allargamento a dieci nuovi Paesi già in corsa per aderire all’Ue nel 2004. Si tratta di Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Estonia, Malta e Cipro. Bulgaria e Romania, invece, secondo le conclusioni del vertice europeo di Laeken, non sarebbero pronte ad essere membri effettivi dell’Unione prima dell’inizio del futuro programma di fondi strutturali che partirà dal 2007.
A bocce ferme, quindi, l’allargamento dell’Ue – a 25 invece che a 27 – avrebbe un impatto diversificato per i finanziamenti strutturali alle regioni in ritardo economico (obiettivo 1).
Verrebbero infatti depennate dalla carta dell’obiettivo 1 oltre alle tre regioni italiane, anche quattro regioni spagnole, due greche, una tedesca e una britannica.
I nuovi dati sembrano quindi confermare le conclusioni emerse nel maggio 2001 al grande forum europeo sulla coesione: cioè che nell’Ue la politica regionale serve e continuerà a servire anche dopo l’adesione. Rimangono però da definire nuove regole e condizioni per attuarla.
L’Italia, che da sempre chiede una forte impegno regionale, in particolare per le aree del Mezzogiorno, ha già fatto sapere che, per definire le future aree in ritardo economico, considera insufficiente il ricorso al solo Prodotto interno lordo (Pil).
Per mettere in luce tutti i problemi di una regione, sostiene Roma, al Pil vanno affiancati altri criteri come quello della disoccupazione. Basti pensare infatti, che solo per la disoccupazione di lungo periodo esistono già nell’Ue a Quindici disparità profonde: la proporzione va dal 19% della Danimarca a oltre il 60% dell’Italia.
L’allargamento dell’Ue da 25 a 27 non avrebbe invece nessun impatto sulla graduatoria delle regioni italiane più ricche in Europa, in quanto posizionate su posizioni alte: sono, per importanza, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Emilia Romagna, Valle D’Aosta, Veneto, Piemonte, Lazio e Toscana.
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