Sempre in primo piano la riforma del mercato del lavoro e al centro del dibattito le modifiche all’articolo 18. Nel fine settimana il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, in un intervista rilasciata a Il Sole 24 ore ha aperto a una “robusta manutenzione dell’articolo 18” dicendo di essere pronto a discutere sulla disciplina dei licenziamenti per motivi economici, ma non sulla sua “abolizione che indebolirebbe le tutele dagli abusi e dalle discriminazioni”. Per il segretario della Cisl ci sono dei problemi “come le lungaggini dei processi” su cui si può intervenire “con norme forti che riducano drasticamente i tempi”. Bonnani ha poi risposto al presidente del Consiglio, Mario Monti, che nei giorni scorsi aveva dichiarato che l’articolo 18, per come viene applicato in Italia, frena gli investimenti di capitali, che non aveva “mai sentito nessuno” dire una cosa simile. Gli investitori piuttosto, dice, “si lamentano per i tempi infiniti della giustizia, per il livello di tassazione, il costo dell’energia esorbitante, le infrastrutture insufficienti, la corruzione, la burocrazia”.
Sui giornali di oggi la proposta della Cisl è spiegata meglio dal numero due del sindacato di via Po’, Giorgio Santini: “estendere anche ai licenziamenti individuali le fattispecie previste dalla legge 223, che regola quelli collettivi in caso di stato di crisi”. Oggi, ha detto il sindacalista, si utilizza l’articolo 18 “anche per i casi di crisi economica. Ma quella norma punta a evitare l’arbitrato, cioè serve per altri scopi. Insomma, se ne fa un uso improprio”. A suo avviso però anche questa strada potrebbe portare a lungaggini molto costose. Spesso, infatti, si ricorre in tribunale per contestare la scelta del lavoratore espulso. Per la Cisl si dovrebbe imporre una verifica tra le parti sulla scelta dei lavoratori da licenziare, che accorci così i tempi di un eventuale giudizio. Inoltre, dice, Santini, è necessario accorciare i tempi della giustizia.
Una proposta simile a quella avanzata dalla Cisl arriva anche del segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, anche se il sindacalista non parla di “manutenzioni”. A suo avviso l’articolo 18 “va bene così com’è. Nel 1970 fu scritto dai migliori giuristi in circolazione. Ma se in quel testo c’è una lacuna, se il mondo nel frattempo è cambiato e occorre sancire un principio, sono disposto a dire sì a una legge che dica esplicitamente – fatte salve le ragioni discriminatorie – quando il licenziamento è consentito per motivi economici”. “Se le ragioni economiche per la fine del rapporto di lavoro ci sono – spiega Angeletti -, e nell’articolo 18 sono scritte in un modo che risultano troppo complicate per essere affermate, allora scriviamole queste benedette ragioni”. E ancora ha aggiunto il sindacaista: “Ho riflettuto a lungo su come trovare una soluzione razionale. E questa è una soluzione razionale, che allontana i timori di chi non vuole dare alle imprese il potere di fare abusi nei confronti dei lavoratori. Sono convinto che la Cgil sarà disponibile a discuterne”. Ma su questa ipotesi la Uil non è disposta a rompere con la Cgil se questa dicesse di no: “Su temi come questi – ha detto – non possiamo andare allo strappo con loro”.
Anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha ribadito ieri in tv di voler andare avanti nella modifica delle norme sul licenziamento. “Quello che può toccare l’articolo 18 è il tema della flessibilità in uscita”. A suo giudizio non è “probabilmente giusto legare un lavoratore all’impresa in tutte le circostanze”. Per il ministro è importante mettere in moto un meccanismo di mobilità che permetta al lavoratore che ha perso il lavoro di trovarne un altro, per questo bisogna arginare la flessibilità “cattiva”, quella degli abusi e della precarietà impedendo che costi meno: “La flessibilità deve valere ma la devi pagare di più”. Fornero ha chiarito che quello che rimarrà è il divieto di licenziamenti per motivi discriminatori, “nessuno mai potrà farlo”, ha detto, chiarendo che sul tavolo di trattativa c’è la possibilità di licenziare solo per motivi economici. Ha poi spiegato, riferendosi alle parole di venerdì del premier che aveva definito il posto fisso “noioso”, che da parte del governo non c’è alcuna intenzione di demonizzare il posto fisso che “rimane un’importante aspirazione per tutti”.
Molto preoccupata per l’andamento del dibattito sulle modifiche all’articolo 18 è la leader della Cgil Susanna Camusso, per la quale “una manutenzione dell’articolo 18 intesa come diminuzione della sua efficacia non è giusta e nemmeno necessaria”. La cosa che più preoccupa il sindacato di Corso d’Italia è “l’idea che da un confronto sul mercato del lavoro e sul tema fondamentale del dualismo del mercato del lavoro e della precarietà si è passati a una discussione su come indebolire le tutele dei lavoratori”.