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Berlusconi, per il sindacato fu un interlocutore corretto

Sergio Cofferati
Giugno12/ 2023

Silvio Berlusconi fu, per il sindacato, un interlocutore corretto. Ha sempre avuto posizioni in materia economica, sociale e del lavoro davvero molto distanti dalle nostre, e dalla Cgil in particolare, ma non rifiutò mai il confronto: fu sempre disponibile ad ascoltarci, anche quando l’esito della trattativa sarebbe stato negativo per il suo governo. Due vertenze ricordo in particolare: quella del 1994 sulle pensioni e quella del 2001 sull’articolo 18.

Nel 1994 Berlusconi era appena arrivato a Palazzo Chigi, sull’onda di un successo elettorale travolgente, mentre io ero da poco diventato segretario generale della Cgil. Il suo governo, tra i primi atti, emanò un decreto che modificava pesantemente il sistema previdenziale. Noi ovviamente lo contestammo, unitariamente con Cisl e Uil. Si aprì una trattativa tra sindacati e governo, ma lo scontro fu molto duro e si concluse con la proclamazione dello sciopero generale per dicembre 1994. Organizzammo una manifestazione che si sarebbe svolta su tre piazze romane: al Circo Massimo, dove io stesso tenni il comizio, a Piazza San Giovanni, con Sergio D’Antoni, e a piazza del Popolo con Pietro Larizza. In quei giorni c’era stata l’alluvione in Piemonte, e anche a Roma aveva piovuto moltissimo; ci si chiese se fosse il caso di andare avanti o meno, ma alla fine non avemmo dubbi: le manifestazioni si tennero, e furono un successo da oltre un milione di presenze.

Il governo, a quel punto, capì che non avrebbe retto l’impatto, e il decreto sulle pensioni venne ritirato. Ma non fu sufficiente: quella riforma toccava nel profondo una parte molto vasta del lavoro dipendente, in particolare gli operai che da poco avevano dato il loro voto alla Lega. Per questo, Umberto Bossi decise di togliere il suo appoggio alla maggioranza e di conseguenza il primo governo Berlusconi cadde, per lasciare il posto al governo di Lamberto Dini, suo ministro dell’economia. Con Dini, poi, firmammo nel 1995 l’accordo per una riforma previdenziale che introduceva novità assai importanti, tra cui il passaggio dal sistema retributivo al contributivo.

Nel 2001 Berlusconi vinse nuovamente le elezioni, e non appena tornato a Palazzo Chigi ancora una volta cercò di introdurre una misura che noi contestammo: su sollecitazione della Confindustria, presentò al Parlamento una modifica dello Statuto dei lavoratori che prevedeva l’abolizione dell’articolo 18. La nostra reazione come Cgil fu durissima (meno quella delle altre confederazioni che, pur non esplicitamente, lasciavano intuire una qualche disponibilità). Si arrivò cosi alla seconda grande manifestazione contro il Governo Berlusconi, questa volta organizzata dalla sola Cgil, e ancora una volta al Circo Massimo. Un Circo Massimo molto “esteso”, considerando che la massa incredibile di persone che accorsero a Roma, circa tre milioni, riempì anche tutte le strade, le piazze, gli spazi attorno. Anche la misura sull’articolo 18 venne così ritirata, il governo rinunciò a stravolgere lo Statuto del 1970.

Tuttavia, malgrado gli scontri, ci tengo a ripetere che Berlusconi i rapporti col sindacato non li ha mai messi in discussione: con noi si confrontava, si scontrava, dando vita a conflitti anche assai aspri, ma il nostro ruolo non lo ha mai messo in discussione. Le due vertenze che ho ricordato, pensioni e articolo 18, lo hanno portato ad avere due risultati molto negativi per il suo governo, sia nel 1994 che nel 2001; ma nonostante ciò mai rifiutò un confronto con Cgil, Cisl e Uil. Era un interlocutore corretto, che oltretutto cercava sempre di sdrammatizzare anche nei momenti più aspri.

Come politico, e come uomo, la sua scomparsa lascia ora una eredità che non sarà facile da gestire. Personalmente, non posso che offrire le mie più sincere condoglianze alla sua famiglia, ai suoi cari, al suo partito.

Sergio Cofferati

Sergio Cofferati

Sindacalista e politico